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Condono edilizio negato: il Consiglio di Stato conferma i limiti della sanatoria

Il Consiglio di Stato ha confermato il diniego di un condono edilizio, ribadendo che un immobile acquisito dal Comune non può essere sanato e che l’onere della prova spetta al richiedente.

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Il tema del condono edilizio è da sempre al centro di dibattiti e controversie. Molti cittadini tentano di regolarizzare edifici costruiti senza autorizzazione, sperando in una sanatoria che eviti demolizioni e sanzioni. Tuttavia, la normativa impone limiti stringenti, e le recenti sentenze della giustizia amministrativa ne confermano l’applicazione rigorosa.

Un caso esemplare è stato oggetto di giudizio presso il Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso di un cittadino contro il Comune di Casalnuovo di Napoli. Il ricorrente aveva richiesto il condono edilizio per un immobile che, però, era già stato oggetto di un’ordinanza di demolizione e successivamente acquisito al patrimonio comunale.

La sentenza sottolinea come, in situazioni simili, la richiesta di sanatoria non possa essere accolta.

Ma quali sono i criteri fondamentali per ottenere il condono? Quando un’amministrazione può rifiutarlo? E cosa devono sapere i cittadini prima di presentare un’istanza di sanatoria?

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Il caso esaminato: la battaglia legale per il condono edilizio

Il caso ha origine da una lunga vicenda amministrativa legata a un immobile costruito abusivamente nel territorio del Comune di Casalnuovo di Napoli. L’edificio in questione era stato oggetto di un’ordinanza di demolizione già negli anni ‘90, alla quale il proprietario non aveva ottemperato. Successivamente, l’amministrazione comunale aveva disposto l’acquisizione dell’immobile al patrimonio pubblico, un provvedimento che, in base alla normativa vigente, avrebbe dovuto rendere definitiva la perdita del bene da parte del privato.

Nel 2004, il proprietario ha tentato di ottenere la sanatoria dell’immobile presentando una richiesta di condono edilizio in base alla normativa prevista dalla legge n. 326/2003. L’amministrazione comunale, tuttavia, ha rigettato l’istanza, sostenendo che l’edificio non soddisfaceva i requisiti necessari per la regolarizzazione, in particolare perché:

  • L’immobile era già stato acquisito dal Comune, e quindi il richiedente non ne deteneva più la proprietà.
  • Non era stata dimostrata l’ultimazione dei lavori entro il 31 marzo 2003, termine ultimo stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere abusive.
  • Non si poteva applicare il silenzio-assenso, in quanto il diniego del Comune era stato espresso con un provvedimento chiaro e motivato.

Leggi anche: Abuso edilizio: il Comune può acquisire l’immobile gratuitamente e demolirlo

Dopo il rigetto della richiesta di sanatoria, il proprietario ha avviato una lunga battaglia legale, presentando prima un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e successivamente rivolgendosi al TAR Campania. Anche il Tribunale Amministrativo ha confermato la decisione del Comune, evidenziando come l’acquisizione dell’immobile e la mancata ultimazione dell’opera nei tempi stabiliti fossero ostacoli insormontabili per il condono.

Non soddisfatto, il proprietario ha impugnato la sentenza del TAR presso il Consiglio di Stato, sostenendo che il Comune avesse errato nella valutazione del caso e che il diniego della sanatoria fosse illegittimo per diverse ragioni.

Tra le sue principali argomentazioni vi erano:

  • La sospensione dei provvedimenti sanzionatori per effetto della richiesta di sanatoria.
  • L’ingiusta esclusione del suo immobile dal condono, nonostante casi simili fossero stati approvati in passato.
  • L’errata interpretazione delle norme sul completamento dell’immobile, ritenendo che la struttura fosse già identificabile e quindi condonabile.

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La decisione del Consiglio di Stato: un’interpretazione del condono edilizio

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1502/2025, ha respinto l’appello confermando la piena legittimità del diniego di condono edilizio opposto dal Comune di Casalnuovo di Napoli. La decisione si è basata su più motivazioni, tutte fondate sulla normativa vigente e sulla giurisprudenza consolidata in materia di sanatoria edilizia.

Uno degli elementi centrali della sentenza è stato il riconoscimento della definitiva acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale. Il Collegio ha ribadito che, a seguito del provvedimento di acquisizione, il privato perde ogni titolo per richiedere la sanatoria, come stabilito dall’art. 31 della Legge n. 47/1985.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha confermato che la presentazione di una domanda di condono non ha l’effetto di rendere inefficaci i provvedimenti sanzionatori precedenti, ma può al massimo sospendere temporaneamente l’esecuzione dell’ordine di demolizione (Cons. Stato, Sez. VI, n. 6233 del 2018; n. 1909 del 2013).

Approfondisci: Opere abusive: le istanze di condono possono bloccare una demolizione?

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Silenzio assenso e l’onere della prova di ultimazione lavori

Un altro punto chiave della sentenza è stato il rigetto dell’argomentazione dell’appellante secondo cui il silenzio-assenso avrebbe dovuto determinare l’approvazione automatica della sanatoria. Il Consiglio di Stato ha chiarito che il silenzio-assenso in materia edilizia non si applica automaticamente, ma solo se la richiesta di condono soddisfa tutti i requisiti previsti dalla legge.

Nel caso di specie, il Comune aveva adottato un provvedimento di diniego motivato, escludendo così la formazione del silenzio-assenso (Cons. Stato, Sez. VI, n. 691 del 2024).

Leggi anche: Silenzio-assenso e silenzio-rigetto in edilizia: come funziona

Inoltre, il Collegio ha confermato che l’onere della prova dell’ultimazione dell’opera abusiva entro il termine del 31 marzo 2003 spettava al richiedente.

Per dimostrare questo requisito, la giurisprudenza richiede che l’immobile sia stato completato almeno nella sua struttura essenziale, comprensiva di muratura portante, intelaiatura in cemento armato e tamponature (Cons. Stato, Sez. VI, n. 1826 del 2023; Cons. giust. amm. Sicilia, n. 287 del 2024). Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto insufficiente la documentazione fornita dall’appellante, confermando così la validità della valutazione effettuata dal TAR Campania.

Infine, la sentenza ha respinto anche l’argomento relativo alla disparità di trattamento. Il Consiglio di Stato ha ribadito che, anche se il Comune avesse erroneamente concesso la sanatoria in situazioni simili, ciò non costituirebbe un motivo valido per legittimare un nuovo condono in violazione delle norme. La discrezionalità amministrativa deve sempre essere esercitata nel rispetto delle leggi vigenti, e un errore dell’amministrazione non può essere invocato per ottenere un diritto inesistente (Cons. Stato, Sez. VI, n. 2136 del 2023; Sez. II, n. 7104 del 2020).

Con questa decisione, il Consiglio di Stato ha riaffermato i principi di legalità e certezza del diritto in materia di condono edilizio, sottolineando che la sanatoria non può essere concessa in modo indiscriminato, ma solo quando sussistano tutte le condizioni previste dalla legge.



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Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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