Nel vibrante scenario immobiliare delle metropoli italiane, emerge un trend sorprendente: l’affitto breve, per periodi non superiori ai 30 giorni, sta superando il tradizionale affitto lungo di 4 anni più 4, anche alla luce della cedolare secca al 26% (prevista dal disegno della legge di bilancio).
Questo è quanto emerso dallo studio fatto dal ‘Sole 24 Ore del Lunedì‘. Un’eccezione notevole è rappresentata da Torino, ma la regola sembra avere fondamenta solide nelle altre grandi città.
Sommario
Prendiamo come esempio la città eterna, Roma, dove l’incanto storico si fonde con la dinamica richiesta di alloggi temporanei. Un proprietario di un bilocale dal valore di 350.000 euro può percepire, mediante un contratto di affitto tradizionale 4+4, un canone annuo di 19.800 euro.
Se optasse per la cedolare secca al 21%, questo si tradurrebbe in un reddito netto di 13.976 euro, corrispondente ad un rendimento del 4%.
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Invece, orientandosi verso l’affitto breve, l’ingresso annuale potrebbe raggiungere i 51.363 euro con una tariffa media giornaliera di 176 euro e un tasso di occupazione dell’80%.
Dopo la deduzione dei costi operativi e delle imposte, incluso il regime della cedolare secca, il reddito netto salirebbe a 26.630 euro, che rappresenta un rendimento del 7,6%. Anche con l’aumento previsto al 26% della cedolare secca nel 2024, per coloro che locano almeno due immobili, il rendimento netto resterebbe comunque attrattivo, posizionandosi al 6,9%.
Advertisement - PubblicitàMilano, la capitale economica del paese, offre una diversa prospettiva. Qui il proprietario di un immobile è posto di fronte a una scelta: ricavi annui netti di 15.548 euro da un affitto lungo, o 15.908 euro da un affitto breve, con una tariffa giornaliera di 150 euro e il 66% di tasso di occupazione.
Ciò si traduce in un rendimento netto del 4,3% e 4,4% rispettivamente.
Con l’introduzione della cedolare al 26% su almeno due unità in affitto breve, il rendimento netto scenderebbe al 3,9%, ribaltando la preferenza verso l’affitto tradizionale.
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Advertisement - PubblicitàA Napoli, invece, si assiste a un margine più ampio di redditività per l’affitto breve, che va dal 5,5% al 4,8%, in netto contrasto con il 4,2% offerto da un affitto lungo. Questo indica che, nonostante la pressione fiscale crescente, l’affitto breve rimane una scelta vantaggiosa per i proprietari.
Advertisement - PubblicitàL’analisi si complica quando osserviamo Torino, l’unica tra le grandi città analizzate dove l’affitto lungo prevale. Con una cedolare secca al 21%, il contratto 4+4 si conferma la scelta più remunerativa. Questo ci suggerisce che ogni mercato immobiliare urbano ha le sue peculiarità, che devono essere valutate attentamente dai proprietari di immobili.
Dietro a questi dati vi sono dinamiche complesse, che spaziano dalla domanda di alloggi temporanei alla disponibilità di immobili. L’affitto breve offre flessibilità e potenziali guadagni maggiori, ma richiede anche più gestione e attenzione ai dettagli operativi.
Inoltre, le politiche fiscali e le regolamentazioni locali giocano un ruolo cruciale nella scelta tra affitto breve e lungo.
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Advertisement - PubblicitàIn conclusione, la scelta tra affitto breve e affitto lungo non è solo una questione di rendimenti numerici, ma una decisione strategica che deve considerare vari fattori, come le tendenze del mercato, le esigenze personali e la tolleranza al rischio.
La simulazione offerta dal ‘Sole 24 Ore del Lunedì’ ci offre uno spaccato informativo, ma è solo l’inizio di un’analisi ben più approfondita che ogni investitore dovrebbe condurre.
Il futuro del mercato degli affitti nelle grandi città italiane è un tessuto dinamico, in cui le scelte odierne possono determinare la resilienza e la redditività di domani. Navigare con perizia in questo scenario richiede conoscenza, flessibilità e una visione lungimirante, qualità imprescindibili per il successo nell’investimento immobiliare.
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