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DURC irregolare: basta per essere esclusi da una gara pubblica?

Il Consiglio di Stato chiarisce che, negli appalti pubblici, la responsabilità del DURC spetta all’affittuario del ramo d’azienda, anche se i requisiti derivano da un’impresa in crisi.

DURC irregolare: basta per essere esclusi da una gara pubblica? DURC irregolare: basta per essere esclusi da una gara pubblica?
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Quando si parla di appalti pubblici, uno dei documenti più temuti – e fraintesi – dalle imprese è senza dubbio il DURC, il Documento Unico di Regolarità Contributiva. Un attestato che certifica che l’azienda è in regola con il versamento di contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi. In teoria tutto semplice: se vuoi lavorare con la pubblica amministrazione, devi essere in regola con INPS, INAIL e Casse Edili. Ma cosa succede se a partecipare a una gara non è direttamente l’impresa titolare dei requisiti, bensì un’altra che ha “preso in affitto” un ramo dell’azienda? Di chi è la responsabilità della regolarità contributiva?

Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha fatto chiarezza su un caso che ha messo in discussione proprio questo punto. Un’impresa aveva vinto una gara grazie a un contratto di affitto di ramo d’azienda, ma l’azienda cedente risultava in crisi e priva di un DURC regolare. Chi doveva garantire il rispetto delle regole?

È possibile che un’impresa in liquidazione possa “prestare” i requisiti a un’altra? E in quel caso, chi risponde del DURC? La risposta della giustizia amministrativa potrebbe cambiare il modo in cui molte aziende partecipano alle gare pubbliche.

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Il caso concreto: un appalto contestato e il nodo del DURC

Tutto ha avuto origine da una gara pubblica lanciata per l’affidamento dei servizi di pulizia, disinfestazione e derattizzazione nei siti monumentali di Villa Adriana e Villa d’Este. Si trattava di un appalto del valore superiore a 600 mila euro, da assegnarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo le regole del nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 36/2023).

Alla procedura hanno partecipato diversi operatori economici, ma a sollevare la questione è stato il secondo classificato. Il consorzio in questione ha presentato ricorso al TAR, poi proseguito fino al Consiglio di Stato, contestando l’aggiudicazione in favore di un altro consorzio. Il motivo del contendere? Il fatto che quest’ultimo avesse partecipato alla gara non direttamente con i propri requisiti tecnici e professionali, ma avvalendosi di quelli provenienti da un ramo d’azienda affittato da un’altra società.

Fin qui nulla di anomalo: la normativa consente l’affitto di ramo d’azienda come strumento per partecipare alle gare pubbliche, trasferendo anche le relative certificazioni e qualificazioni. Tuttavia, l’azienda affittante era in grave difficoltà finanziaria, soggetta a procedura di liquidazione giudiziale, e – secondo quanto affermato dal ricorrente – priva di un DURC regolare. In altre parole, l’impresa che forniva i requisiti era sospettata di non essere in regola con i versamenti previdenziali e contributivi.

Questo ha generato una domanda fondamentale: è legittimo che un’impresa in crisi e non in regola con il DURC “prestasse” i propri requisiti a un’altra? E se sì, di chi è la responsabilità della regolarità contributiva: dell’azienda cedente o di quella che partecipa alla gara?

Leggi anche: Rilascio DURC: possibile in presenza di irregolarità?

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La questione del DURC: chi deve garantirne la regolarità?

Con la sentenza n. 3418 del 2025, il Consiglio di Stato ha sgombrato il campo da ogni ambiguità: la responsabilità della regolarità contributiva è in capo all’impresa affittuaria, cioè a chi partecipa effettivamente alla gara. Anche se i requisiti per accedere alla procedura derivano da un contratto di affitto di ramo d’azienda, non è il locatore a dover dimostrare di essere in regola con i versamenti contributivi, ma l’affittuario che ha assunto il controllo operativo del ramo ceduto.

Il principio richiamato dalla Corte è quello del “ubi commoda, ibi incommoda”: chi beneficia dei vantaggi – in questo caso i requisiti tecnici e professionali – deve anche assumersi gli oneri, tra cui il rispetto degli obblighi contributivi. In altri termini, se un’impresa prende in affitto un ramo d’azienda per partecipare a un appalto, ne eredita anche gli obblighi verso i lavoratori e le casse previdenziali, a partire dal momento in cui il contratto diventa efficace.

Un altro passaggio fondamentale della sentenza riguarda il fatto che, anche se l’impresa cedente si trova in liquidazione giudiziale, ciò non invalida automaticamente il contratto di affitto, né impedisce all’impresa affittuaria di utilizzare i requisiti trasferiti. Secondo quanto stabilito dall’art. 184 del Codice della Crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019), l’apertura della procedura concorsuale non scioglie automaticamente il contratto di affitto, salvo recesso del curatore, che però in questo caso non è intervenuto.

In sostanza, la Corte ha stabilito che il DURC dell’azienda cedente non è rilevante: ciò che conta è che l’impresa affittuaria sia in regola con il pagamento dei contributi per i lavoratori di cui ha assunto la gestione, e che lo dimostri all’atto della partecipazione alla gara.

Leggi anche: DURC: via libera alla sanatoria in caso di irregolarità

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L’evoluzione normativa: cosa dice oggi il Codice Appalti

Il chiarimento offerto dal Consiglio di Stato non arriva nel vuoto normativo: si inserisce nel quadro rinnovato del D.Lgs. 36/2023, il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che ha riscritto molte delle regole in materia di requisiti generali per la partecipazione alle gare. In particolare, l’articolo 94 elenca le cause di esclusione legate alla mancanza di regolarità contributiva, ma con una novità sostanziale: non basta la crisi dell’impresa cedente per escludere un operatore, se chi partecipa alla gara dimostra di essere in regola al momento della procedura.

Leggi anche: Nuovo codice appalti (dlgs 36/2023): le novità

Il legislatore ha infatti voluto superare una visione troppo rigida, aprendo alla possibilità che anche imprese in difficoltà possano contribuire, indirettamente, all’affidamento di appalti, purché il soggetto esecutore finale sia affidabile. In questo contesto, l’articolo 184 del Codice della Crisi assume un ruolo fondamentale: stabilisce che il contratto di affitto d’azienda non si estingue automaticamente in caso di liquidazione della cedente.

Inoltre, il Codice Civile (art. 2112 e 2558) rafforza il principio secondo cui i lavoratori “trasferiti” nell’ambito del ramo d’azienda continuano il proprio rapporto con il nuovo datore, cioè l’affittuario. Quest’ultimo è dunque pienamente responsabile del pagamento dei contributi, del rilascio del DURC e del rispetto di tutti gli obblighi connessi all’impiego.

Questo quadro normativo conferma che il DURC deve essere valutato esclusivamente in relazione all’azienda che partecipa alla gara, anche se i requisiti provengono da un altro soggetto. La posizione del locatore resta rilevante solo se vi sono prove di interferenze o anomalie sostanziali, ma non basta una procedura concorsuale a far scattare automaticamente l’esclusione.



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TAGS: affitto ramo azienda, appalti pubblici, codice appalti 2023, consiglio di stato, durc, gare pubbliche, impresa affidataria, liquidazione giudiziale, regolarità contributiva, responsabilità DURC

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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