Il TAR Lombardia ribadisce che la monetizzazione dei parcheggi è una facoltà discrezionale del Comune, subordinata all’interesse pubblico. Un caso esemplare tra regole urbanistiche e diritti associativi.
Nel mondo dell’edilizia, spesso un intervento apparentemente semplice come il cambio di destinazione d’uso di un immobile può scontrarsi con norme urbanistiche complesse e vincolanti. È il caso di una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, che ha riaffermato con decisione un principio fondamentale per chi costruisce, ristruttura o trasforma edifici: la monetizzazione dei parcheggi non è un diritto automatico, ma una facoltà discrezionale dell’amministrazione comunale.
Il caso riguardava una richiesta di trasformazione di un’unità immobiliare da ufficio a centro sociale. Il Comune, dopo un iter amministrativo articolato e due ricorsi al TAR, ha ribadito il proprio diniego, sostenendo che l’interesse pubblico alla dotazione reale di parcheggi nella zona interessata prevaleva sulla possibilità di accettare il pagamento di un corrispettivo sostitutivo.
Cosa significa davvero “monetizzare” i parcheggi? Quando è legittimo che il Comune lo neghi? E cosa devono sapere privati, costruttori o enti del Terzo Settore prima di avviare un intervento edilizio in zone urbanizzate?
Sommario
L’associazione ricorrente, impegnata in attività culturali e sociali, aveva acquistato un immobile situato all’interno di una zona a prevalente destinazione produttiva e commerciale. L’obiettivo era chiaro: trasformare i locali, originariamente accatastati come uffici, in un centro di aggregazione e incontro aperto alla cittadinanza. Per farlo, era necessario un permesso di costruire per cambio di destinazione d’uso.
Nel 2021 viene presentata la relativa istanza. Tuttavia, già nel 2022, il Comune rigetta la richiesta: l’intervento proposto richiedeva 9 parcheggi pertinenziali, non disponibili in loco. L’associazione propone allora la monetizzazione, ovvero il pagamento al Comune di una somma destinata a compensare l’assenza fisica dei posti auto.
Dopo una prima impugnazione, il TAR accoglie parzialmente il ricorso, censurando la mancanza di motivazione nel rigetto e ordinando di riaprire il procedimento. Ma l’amministrazione comunale, anche in seconda battuta, conferma il diniego alla monetizzazione, ritenendo che nessuna delle aree vicine fosse idonea alla realizzazione dei parcheggi mancanti.
Da qui il secondo ricorso e la sentenza definitiva, che ha dato piena ragione al Comune.
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Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 1435/2025, il Tribunale Amministrativo ha fissato un principio fondamentale in materia edilizia: il Comune non è obbligato ad accettare la monetizzazione dei parcheggi mancanti. Si tratta infatti di una possibilità eccezionale, subordinata a valutazioni discrezionali legate all’interesse pubblico e alla corretta pianificazione del territorio.
Il TAR richiama una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato: la monetizzazione dei parcheggi può essere ammessa solo se l’amministrazione non ravvisa un interesse pubblico alla realizzazione fisica degli spazi a standard. In altre parole, pagare per non costruire i parcheggi non è una scorciatoia sempre percorribile: il Comune deve poter valutare se quella rinuncia compromette l’accessibilità, la vivibilità e l’ordine urbanistico della zona.
Nel caso esaminato, il Comune ha motivato il proprio diniego spiegando che le aree disponibili nelle vicinanze non erano idonee sotto il profilo geologico, urbanistico o ambientale. Una di esse, ad esempio, era destinata a parco pubblico, un’altra risultava troppo vicina a una roggia, altre ancora ricadevano in ambiti soggetti a vincoli ecologici.
Per il TAR, queste motivazioni sono sufficienti e legittime: la scelta se consentire o meno la monetizzazione rientra nella sfera di discrezionalità tecnica dell’ente locale, e non può essere sindacata dal giudice amministrativo salvo evidenti errori o illogicità, che in questo caso non sono emersi.
Advertisement - PubblicitàQuesta sentenza non è un caso isolato, ma una conferma autorevole di un orientamento ormai consolidato: la monetizzazione non può essere considerata una soluzione automatica o garantita quando mancano i requisiti minimi di dotazione urbanistica.
Per tecnici, progettisti, costruttori, ma anche per associazioni o enti del Terzo Settore che acquistano immobili per finalità sociali o culturali, ciò comporta una maggiore attenzione in fase di pianificazione. Prima di investire in un cambio di destinazione d’uso, è fondamentale verificare non solo la disponibilità fisica di spazi per i parcheggi, ma anche la volontà dell’amministrazione di accettare la loro eventuale monetizzazione.
In molti strumenti urbanistici, come nel caso di Erba, la monetizzazione è espressamente subordinata alla verifica dell’idoneità delle aree alternative nel raggio massimo di 150 metri. Ma anche se una norma lo prevede, l’amministrazione può legittimamente dire no, se ritiene che non vi siano le condizioni minime per garantire l’interesse pubblico.
Infine, è importante ricordare che la monetizzazione, per essere ammessa, richiede un’istruttoria completa, motivazioni tecniche solide e spesso anche l’approvazione formale della Giunta Comunale. Non è dunque una scelta puramente tecnica o amministrativa, ma anche politica, nella misura in cui incide sull’assetto del territorio.
Advertisement - PubblicitàNel corso del procedimento, l’associazione ricorrente ha cercato di far valere una norma sopravvenuta: il nuovo articolo 23-ter del DPR 380/2001, introdotto dal cosiddetto “Decreto Salva Casa”. Questa disposizione prevede che il mutamento di destinazione d’uso è sempre consentito, anche in deroga al piano urbanistico, e senza obbligo di reperire aree per attrezzature pubbliche o di uso pubblico.
Un’argomentazione potenzialmente dirompente, se non fosse per un dettaglio cruciale: la norma non si applicava ancora al momento dell’adozione del provvedimento comunale. Il diniego impugnato era stato emesso il 20 giugno 2024, quando la versione in vigore del decreto legge limitava ancora la deroga ai soli cambi di destinazione d’uso “senza opere”.
Il cambio d’uso richiesto, invece, prevedeva modifiche edilizie, sia pure di modesta entità. Solo successivamente, con la legge di conversione n. 105/2024, la norma ha assunto portata più generale, eliminando il riferimento alle “opere”. Ma – come chiarito dallo stesso TAR – una norma successiva non può incidere su un provvedimento già adottato, salvo che il legislatore non lo preveda espressamente.
Quindi, anche alla luce del “Decreto Salva Casa”, l’obbligo di dotare l’immobile dei parcheggi previsti – o quantomeno di verificare la possibilità di realizzarli – restava pienamente in vigore al momento dei fatti.
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