Una recente sentenza del TAR Sicilia chiarisce che per ottenere il condono edilizio è necessario dimostrare con prove certe la data delle opere. Irrilevanti le irregolarità formali della notifica.
Quando si parla di condono edilizio, molti pensano che basti una semplice domanda per regolarizzare una costruzione abusiva. Ma la realtà è ben diversa. Una recente sentenza del TAR Sicilia (Sezione Quinta), n. 1645/2025, pubblicata il 16 luglio 2025, ha confermato che ottenere la sanatoria non è affatto scontato, soprattutto se non si riesce a dimostrare in modo chiaro quando sono state realizzate le opere.
La vicenda riguarda una cittadina di Carini (PA), proprietaria di un immobile con fabbricato e piscina. Nel 2004 aveva presentato tre domande di condono per sanare un ampliamento e la costruzione della piscina, ma il Comune ha respinto le richieste sostenendo che i lavori fossero stati eseguiti dopo la data limite del 31 marzo 2003, prevista dalla legge 326/2003. A quel punto è arrivata anche l’ordinanza di demolizione. La proprietaria ha fatto ricorso, sostenendo tra le altre cose che la notifica del diniego non fosse valida e che le opere fossero in realtà anteriori.
Ma il TAR ha deciso diversamente: niente condono, demolizione confermata.
Come si è arrivati a questa conclusione? Cosa dice la legge sul condono e cosa occorre davvero dimostrare per ottenerlo?
Ecco tutti i dettagli della sentenza e cosa significa per chi oggi si trova in una situazione simile.
Advertisement - PubblicitàIl cuore della vicenda giudiziaria ruota attorno alla legittimità del diniego di condono per alcune opere edilizie realizzate senza titolo abilitativo. La proprietaria di un immobile aveva effettuato un ampliamento del fabbricato preesistente, consistente in una porzione di circa 83 metri quadrati, e costruito anche una piscina pertinenziale.
Per regolarizzare questi interventi, nel 2004 ha presentato tre separate istanze di condono edilizio ai sensi della legge 326/2003, che ha riaperto i termini previsti originariamente dalla legge 47/1985, consentendo la sanatoria delle opere abusive realizzate entro il 31 marzo 2003.
Tuttavia, secondo il Comune di Carini, le opere risultavano eseguite dopo tale termine, come emergerebbe da riprese aeree del 2004 e da immagini satellitari di Google Earth. Per questo motivo, l’amministrazione ha prima avviato il procedimento di diniego delle domande, notificando il preavviso alla ricorrente (art. 10-bis L. 241/1990), e poi, nel febbraio 2020, ha emesso un provvedimento formale di rigetto.
Nonostante la notifica fosse avvenuta all’indirizzo risultante dai registri anagrafici, la ricorrente ha sostenuto di non esserne venuta a conoscenza poiché aveva cambiato domicilio, e ha pertanto contestato la validità della procedura notificatoria, oltre alla fondatezza nel merito del diniego.
A distanza di un anno, nel marzo 2021, è giunta l’ordinanza di demolizione delle opere abusive. Ed è proprio contro quest’ultimo provvedimento – e contro il diniego che lo ha preceduto – che la proprietaria ha proposto ricorso al TAR, corredato da una perizia tecnica giurata, con la quale tentava di dimostrare che le opere fossero in realtà anteriori alla data limite del 31 marzo 2003.
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Advertisement - PubblicitàNel suo ricorso al TAR, la proprietaria dell’immobile ha sollevato tre principali censure:
Il TAR Sicilia ha rigettato tutte le censure. Per quanto riguarda la notifica, i giudici hanno richiamato un principio ormai consolidato: l’eventuale vizio della notifica non incide sulla validità dell’atto amministrativo, ma solo sulla decorrenza del termine per impugnare. Nel momento in cui la ricorrente ha effettivamente impugnato l’atto, ha comunque esercitato il proprio diritto di difesa, sanando ogni irregolarità procedurale.
Quanto al secondo motivo, il TAR ha ribadito che spetta al privato dimostrare in modo certo e documentato la data di realizzazione delle opere per ottenere il condono. La prova indiziaria prodotta (una foto aerea successiva al 31 marzo 2003) non è stata ritenuta sufficiente, né univoca. Anzi, le immagini fornite dal Comune dimostravano, secondo il Collegio, l’inesistenza delle opere alla data rilevante. La stessa perizia tecnica ammetteva che la piscina era stata realizzata dopo il 31 marzo 2003, escludendo così ogni possibilità di sanatoria.
Infine, venendo meno i presupposti per il condono, l’ordinanza di demolizione è stata giudicata legittima, purché limitata esclusivamente alle opere oggetto delle domande di sanatoria e non estesa al fabbricato preesistente, regolarmente censito e costruito in epoca anteriore al 1942.
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