Del decoro architettonico non è possibile fornire un’espressa definizione giuridica, ovverosia riportare un articolo di legge che sia in grado di stabilire una volta per tutte cosa si vuole intendere con questi termini.
Il codice civile, a dire il vero, menziona ogni tanto il decoro architettonico: ne è un esempio l’articolo sulle innovazioni condominiali (1120 cod. civ.) secondo cui è fatto espresso divieto di realizzare lavori in grado di alterare l’estetica dell’edificio.
Anche l’art. 1138 parla di decoro architettonico nei condomini, ma la stessa disposizione rimanda al regolamento condominiale (che, ricordiamo, è obbligatorio quando il numero dei condomini è superiore a 10) la possibilità di definire la tutela dei principali aspetti che connotano l’estetica di un palazzo.
Se vogliamo capire cosa si vuole dire quando si parla di decoro architettonico dobbiamo prendere spunto da alcune sentenze della Corte di Cassazione all’interno del quale i giudici ermellini hanno tentato di dare una loro interpretazione ponendo fine all’annosa questione.
Sommario
Quando si parla di decoro la prima cosa che viene in mente è l’elemento estetico di un certo oggetto o di una costruzione. Se abbinato poi all’aggettivo ”architettonico” il decoro assume un significato ulteriore prendendo come riferimento quella che è la struttura dell’immobile nel suo insieme e non ogni singolo elemento di cui è composta.
La Cassazione, con una nota sentenza del 2007 (la n. 851) espressamente aveva affermato che il decoro architettonico non è altro che l’estetica, ovverosia l’insieme delle linee e delle strutture che caratterizzano lo stabile (cioè il condominio stesso) e gli conferiscono una determinata ed armonica fisionomia. Nel complesso l’edificio acquisterà una propria identità tale da poter essere riconosciuto dall’esterno.
Un’eventuale innovazione (quindi un lavoro di ristrutturazione, una sopraelevazione, la realizzazione di verande, tende da esterno, cornicioni, ma anche l’intonaco dell’edificio) deve essere eseguita in maniera tale da non alterare il decoro architettonico dell’immobile (art. 1120 ultimo comma cod. civ.).
Posto che l’estetica prende a riferimento linee e strutture che caratterizzano lo stabile, la Cassazione, un anno dopo, ha ulteriormente valorizzato questa definizione riconoscendo il decoro architettonico non solo in quei palazzi storici che siamo soliti vedere nelle nostre città o diventati famosi perché progettati da illustri architetti.
Il decoro architettonico è riconosciuto anche qualora il fabbricato non presenti particolari caratteristiche estetiche avendo più che altro una fisionomia semplice e armonica (Cass. sent. n. 8830/2008). Non importa quindi che il palazzo sia esternamente bello o brutto, di lusso o semplice, in stile moderno o antico. Quello che i giudici della Suprema Corte vogliono lasciar intendere è che il decoro architettonico è la fisionomia stessa dell’edificio, quello che noi vediamo di un palazzo.
E addirittura il decoro architettonico diventa un bene comune che deve essere tutelato anche rispetto a quelle modifiche che si voglio apportare.
Advertisement - PubblicitàDetto nei termini sanciti dalla Cassazione il decoro architettonico sembra essere esclusivamente un elemento che caratterizza un palazzo dall’esterno. Quindi verrebbe in mente lo stile dell’immobile, il colore dell’intonaco, le decorazioni, alcune pertinenze (cornicioni, tetti, balconi, finestre, ecc…) e tutto quello che può essere osservato al di fuori dello stesso condominio, magari camminando per strada.
Eppure un qualsiasi immobile ha anche una propria struttura interna, un design che caratterizza l’androne, l’ingresso, le scale, il cortile, i marmi adoperati come rivestimento nei pianerottoli ma anche le vetrate che fungono da punto luce. Il decoro architettonico dovrebbe includere quindi tutto quello che riguarda l’architettura interna del palazzo, diventando oggetto di tutela addirittura il muro posto ai lati di una scalinata.
Ad avallare questa tesi, ovverosia che il decoro architettonico include pure l’estetica interna di un immobile condominiale, è l’assenza di espresse disposizioni che escludono dalla definizione tutto ciò che non riguarda l’esterno dell’edificio. Se il codice civile non si esprime a riguardo (abbiamo detto che alcuni articoli parlano di decoro architettonico come bene da tutelare con il regolamento condominiale anche in caso di innovazioni), neanche i giudici della Cassazione si sono pronunciati contro.
Nelle definizioni di cui sopra non si fa menzione esclusivamente della fisionomia esterna presumendo che il decoro sia riconducibile anche alla fisionomia interna.
Advertisement - PubblicitàNon tutti i lavori eseguiti dai singoli condomini o deliberati dall’assemblea condominiale ledono il decoro architettonico: un condizionatore posto sul balcone, una tenda parasole o una tettoia che trasforma il terrazzo in una veranda non sempre deturpano l’estetica di un condominio.
Sicuramente ogni caso è a sé stante e in caso di giudizio dinnanzi al giudice civile costui valuterà caso per caso se l’intervento eseguito su alcune parti del condominio alterino effettivamente il decoro architettonico.
Sicuramente per gli interventi di una certa importanza (si pensi alla ristrutturazione esterna del palazzo, magari cambiando colori o rivestendo i muri con i marmi) devono essere deliberati all’unanimità, ovverosia con il consenso favorevole di tutti coloro che hanno diritto di esprimere un voto sulle decisioni adottate dall’assemblea condominiale.
Ciò significa che, qualora non si fosse d’accordo sugli interventi architettonici da eseguire sull’edificio è sempre possibile esprimere parere contrario in maniera tale da non raggiungere l’unanimità. Il divieto di apportare innovazioni tali da alterare il decoro architettonico di un palazzo (art. 1120 ultimo comma cod. civ.) non è assoluto e permette a tutti i condomini di superarlo previo accordo unanime di ciascuno.
Ma cosa succede se, ad esempio, il vicino di casa esegue un lavoro che, effettivamente, imbruttisce l’estetica del palazzo? Come agire affinché si preservi la fisionomia intera del condominio in cui si abita? A questo proposito è possibile proporre un’azione per la rimozione del manufatto sulla cosa comune, assurgendo come giustificazione il fatto che il decoro architettonico è un bene che appartiene a tutti i condomini.
Nonostante molti lavori vengono eseguiti all’interno delle proprietà (un balcone appartiene al proprietario che ne ha acquisito il relativo diritto) il codice civile espressamente vieta l’esecuzione di opere su parti private tali da pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio (art. 1122 cod. civ.). Una volta intentata l’azione sarà il giudice a valutare se, nel concreto, l’opera del vicino deturpa l’estetica dell’intero condominio.
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