Un’impresa dichiara un’attestazione SOA non più valida e viene sanzionata. Il TAR Lazio conferma la decisione ANAC: interdizione di 30 giorni e multa da 1.000 euro.
Una dichiarazione apparentemente innocua sulla validità di un’attestazione SOA è costata cara a un’impresa operante nel settore delle manutenzioni metalliche. La società, infatti, è stata sanzionata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione con una multa e un periodo di interdizione di 30 giorni dalla partecipazione alle gare pubbliche, per aver indicato il possesso di una certificazione in realtà scaduta.
Il provvedimento è stato confermato dal TAR Lazio, che ha riconosciuto la correttezza dell’operato dell’ANAC, ritenendo la dichiarazione idonea a influenzare la procedura di gara anche se resa senza dolo, ma con colpa grave.
In un settore, quello degli appalti pubblici, dove la correttezza delle dichiarazioni è cruciale, questa sentenza accende i riflettori su un tema delicatissimo: fino a che punto un errore materiale può essere considerato una falsa dichiarazione? Come possono tutelarsi le imprese per non incorrere in sanzioni così pesanti?
Sommario
Tutto nasce da una gara d’appalto per lavori di carpenteria metallica e attività da fabbro, suddivisi in più lotti, alcuni dei quali di importo inferiore ai 150.000 euro. La società partecipante aveva dichiarato di possedere una certificazione SOA, obbligatoria per importi superiori a tale soglia, specificando però che tale certificazione era “in attesa di rinnovo”.
Nella modulistica predisposta dalla stazione appaltante non era possibile segnalare ulteriori dettagli, e l’impresa riteneva sufficiente l’indicazione fornita, contando sul fatto che l’importo dei lavori potesse rimanere sotto la soglia di obbligatorietà.
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Dopo l’aggiudicazione e la firma del contratto, la stazione appaltante ha però avviato un procedimento di risoluzione per mancanza di requisiti, evidenziando che la certificazione era scaduta già alla data di partecipazione alla gara. Di conseguenza ha segnalato la vicenda all’ANAC, la quale ha ritenuto la dichiarazione falsa ai sensi dell’articolo 80 del Codice dei Contratti, in quanto capace di influenzare in modo rilevante la procedura selettiva.
L’impresa si è difesa sostenendo di aver agito in buona fede, evidenziando le difficoltà interpretative e la situazione emergenziale legata al Covid-19, che aveva rallentato le procedure di rinnovo delle attestazioni SOA. Nonostante queste argomentazioni, ANAC ha inflitto una sanzione pecuniaria di 1.000 euro, oltre a una interdizione temporanea di 30 giorni dalla partecipazione a gare e subappalti, provvedimento poi confermato dal TAR Lazio in sede di giudizio.
Advertisement - PubblicitàIl cuore del contenzioso ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 80 del Codice dei Contratti Pubblici, che disciplina le ipotesi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara. In particolare, il comma 5, lettera c-bis, prevede che siano escluse le imprese che rendano dichiarazioni false o fuorvianti in grado di condizionare le decisioni delle stazioni appaltanti sull’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione.
Nel caso specifico, la società sosteneva che non vi fosse alcuna falsa dichiarazione, in quanto aveva comunque comunicato l’esatto numero dell’attestazione SOA e la dicitura “in attesa di rinnovo”, ritenendola una precisazione trasparente. Inoltre contestava il fatto che la stazione appaltante avesse risolto il contratto sulla base di un diverso articolo di legge (l’art. 108 del Codice Appalti), senza richiamare formalmente l’articolo 80 sulle dichiarazioni mendaci.
Il TAR, tuttavia, ha chiarito che il procedimento sanzionatorio dell’ANAC è autonomo rispetto a quello della stazione appaltante: l’Autorità può infatti qualificare in modo indipendente i fatti segnalati e valutare la rilevanza delle dichiarazioni rese in sede di gara. In questo caso, la mancata validità dell’attestazione SOA è stata ritenuta un elemento oggettivo idoneo a integrare la fattispecie di falsa dichiarazione, nonostante la motivazione originaria della stazione appaltante facesse riferimento a norme differenti.
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Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 9128/2025, il TAR Lazio ha confermato in pieno la linea seguita dall’ANAC, respingendo integralmente il ricorso presentato dalla società sanzionata. I giudici amministrativi hanno chiarito che la dichiarazione relativa alla certificazione SOA, indicata come “in attesa di rinnovo”, non potesse essere considerata veritiera né sufficiente a garantire la trasparenza necessaria in una procedura di gara pubblica.
Secondo il tribunale, la circostanza che la certificazione fosse già scaduta al momento della presentazione della domanda di partecipazione rappresentava un “dato di realtà”, rispetto al quale la società avrebbe dovuto effettuare una dichiarazione completa e inequivocabile. Anche l’aggiunta della nota “in attesa di rinnovo” non è stata ritenuta sufficiente per evitare l’accusa di falsa dichiarazione, proprio perché la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di valutare correttamente i requisiti senza alcun margine di ambiguità.
Il TAR ha ribadito inoltre che la falsa dichiarazione può essere sanzionata anche in caso di colpa grave, cioè per la mancanza di diligenza professionale che ci si aspetta da un operatore esperto nel settore degli appalti pubblici. La società, a detta dei giudici, avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alla modulistica, fornendo informazioni precise ed evitando qualunque fraintendimento.
Alla luce di questi principi, la sentenza ha confermato la legittimità della sanzione imposta dall’ANAC, ritenendo congrua sia la misura interdittiva di 30 giorni che la sanzione pecuniaria di 1.000 euro, in proporzione alla gravità della violazione e al suo potenziale impatto sulla regolarità della gara.
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