Crescita degli affitti in tutta Italia, con punte nelle grandi città. Bonus insufficienti e misure frammentate aggravano la crisi abitativa. Servono soluzioni strutturali come edilizia pubblica e regole sugli affitti brevi.

Negli ultimi mesi il mercato degli affitti in Italia ha registrato un’impennata preoccupante dei canoni di locazione, spingendo famiglie, studenti e giovani lavoratori verso soluzioni abitative sempre più precarie. A confermare la tendenza è l’Agenzia delle Entrate, che segnala aumenti generalizzati in quasi tutte le principali città italiane, con punte particolarmente marcate nel Nord-Ovest.
La crisi abitativa si fa sentire in modo trasversale: mentre cresce la domanda, l’offerta resta ferma o addirittura si contrae, anche a causa della pressione degli affitti brevi turistici e della scarsa disponibilità di nuove costruzioni destinate alla locazione.
Il governo ha cercato di intervenire con una serie di bonus e incentivi mirati, ma sono davvero sufficienti a tamponare una situazione che appare strutturale più che congiunturale? Quali sono le città più colpite? E che cosa possiamo aspettarci per il 2026?
Sommario
Il mercato delle locazioni in Italia sta attraversando una fase di forte tensione, con aumenti che in alcuni casi hanno raggiunto livelli record. Secondo le più recenti elaborazioni dell’Agenzia delle Entrate – basate sui contratti registrati – nel 2024 i canoni medi di affitto sono cresciuti in modo generalizzato in tutto il Paese, con una particolare accelerazione nelle aree metropolitane del Nord.
È proprio il Nord-Ovest a guidare la corsa al rialzo: Milano segna un +9,8% rispetto all’anno precedente, con canoni medi che nelle zone centrali superano ampiamente i 1.300 euro al mese per un bilocale. Torino segue con un +7,1%, mentre Genova registra un +6,4%, complici i cambiamenti del mercato post-pandemia e l’aumento della domanda da parte di studenti e lavoratori fuori sede.
Anche nel Centro Italia la situazione è tesa: a Roma l’aumento medio è del 4,2%, ma in quartieri come Prati, Trastevere o San Giovanni si arriva facilmente a superare i 1.100-1.200 euro mensili per un appartamento medio. A Firenze, molto penalizzata dal fenomeno degli affitti brevi, l’incremento ha raggiunto il 6,5%, con zone centrali ormai fuori portata per molti residenti.
Nel Sud, seppur con valori assoluti più bassi, la crescita è comunque marcata: Napoli segna un +3,8%, Bari un +3,5%, e Palermo si attesta attorno al +3,2%. Anche in queste città, il fenomeno degli affitti brevi (spesso non regolamentati) e la mancanza di edilizia residenziale pubblica o convenzionata stanno contribuendo a rendere sempre più difficile trovare una casa a prezzi accessibili.
A rendere ancora più critico il quadro è lo squilibrio strutturale tra domanda e offerta. Da un lato, cresce la domanda di locazioni stabili da parte di studenti, giovani lavoratori e famiglie che non riescono ad accedere al mercato della compravendita; dall’altro, l’offerta si sta progressivamente restringendo, in parte dirottata verso le piattaforme di affitti turistici, in parte frenata dall’assenza di politiche pubbliche per incentivare l’affitto a lungo termine.
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Advertisement - PubblicitàLa crisi degli affitti non colpisce in modo uniforme: alcune città italiane si stanno trasformando in vere e proprie “zone rosse” per chi cerca casa in affitto. In testa alla classifica troviamo Milano, dove il prezzo medio per un bilocale in zona semi-centrale ha ormai superato i 1.300 euro al mese, con picchi che arrivano anche a 1.800 euro per immobili di qualità in zone centrali come Brera, Porta Venezia o Navigli. Il capoluogo lombardo continua a essere una calamita per lavoratori altamente specializzati, studenti universitari e professionisti, ma proprio questa attrattività spinge sempre più in alto i prezzi.
Subito dopo troviamo Roma, dove il centro storico è diventato quasi inaccessibile per i residenti. Affittare un appartamento di 70 mq può costare dai 1.200 ai 1.500 euro, a seconda del quartiere. Zone come Trastevere, Prati, Monteverde e Testaccio restano tra le più richieste e, di conseguenza, più costose.
Firenze è un altro esempio emblematico. Il boom del turismo ha trasformato il centro cittadino in una distesa di case vacanza, con la conseguenza di ridurre drasticamente l’offerta per i residenti. I prezzi medi per un bilocale in centro oscillano tra i 1.000 e i 1.400 euro, spingendo sempre più persone verso la periferia o addirittura fuori città.
Tra le città universitarie, Bologna e Padova si stanno avvicinando rapidamente alle soglie dei grandi centri: affittare una stanza singola può costare anche 500-600 euro al mese, rendendo difficile per studenti fuori sede trovare soluzioni sostenibili. Anche città come Trento, Trieste e Bergamo mostrano trend in crescita, complice la carenza di immobili disponibili.
Al Sud, seppur i valori siano più contenuti, la pressione rimane alta in rapporto ai redditi medi. A Napoli, ad esempio, per una casa in zona Vomero o Posillipo si possono spendere oltre 1.000 euro, mentre a Bari e Catania si sfiorano i 900 euro in zone centrali. In molte città del Mezzogiorno, il problema è aggravato dalla mancanza di offerta pubblica e dalla scarsa trasparenza del mercato.
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Advertisement - PubblicitàSe il 2024 ha segnato un punto di svolta per l’esplosione dei canoni di locazione, il 2025 si sta confermando un anno di consolidamento dei rincari. Ma secondo molti analisti del settore, il peggio potrebbe ancora arrivare. Le previsioni per il 2026 parlano infatti di un ulteriore aumento dei prezzi degli affitti, spinto da dinamiche strutturali che non sembrano destinate a risolversi nel breve periodo.
Secondo un recente report dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), i canoni medi potrebbero crescere di un ulteriore 3-5% a livello nazionale, con picchi superiori nelle grandi città universitarie e metropolitane. Milano, Roma e Firenze sono ancora una volta al centro delle stime più critiche, ma anche città di dimensioni intermedie come Parma, Verona, Lecce o Bolzano potrebbero registrare aumenti significativi a causa dell’aumento della domanda di locazione stabile.
A influenzare questa tendenza concorrono diversi fattori:
In assenza di un piano nazionale per l’edilizia sociale e per il rilancio del settore locativo pubblico, il mercato rischia di continuare a crescere “a vuoto”, senza corrispondenza con la capacità reddituale delle famiglie italiane.
Advertisement - PubblicitàDi fronte alla crescente pressione del mercato delle locazioni, il Governo ha messo in campo una serie di misure di sostegno economico per aiutare le categorie più fragili, in particolare giovani lavoratori, studenti fuori sede e famiglie costrette a trasferirsi per lavoro. L’obiettivo, dichiarato, è duplice: contenere l’impatto del caro-affitti e favorire la mobilità abitativa, in un momento storico in cui la casa rischia di diventare un lusso per molti.
Tra gli strumenti più rilevanti figura il bonus affitti per i giovani under 31, già in vigore da tempo ma potenziato nell’ultima legge di Bilancio. Questo incentivo consente una detrazione fiscale del 20% sul canone di locazione, fino a un massimo di 2.000 euro annui, per i giovani con reddito complessivo inferiore a 15.493 euro. Il bonus è applicabile per immobili destinati ad abitazione principale e situati a non meno di 100 km dal domicilio familiare.
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A questa misura si è affiancato un nuovo incentivo fino a 10.000 euro destinato a lavoratori dipendenti o autonomi che si trasferiscono per motivi di lavoro in una città diversa da quella di residenza. Il contributo, erogato una tantum, copre parzialmente le spese per il trasloco, il deposito cauzionale e i primi mesi di affitto. La misura, pensata per incentivare la mobilità professionale, è rivolta soprattutto ai giovani tra i 25 e i 40 anni.
In alcune regioni, inoltre, sono stati attivati fondi locali integrativi per il sostegno alla locazione, spesso destinati alle famiglie a basso reddito e gestiti direttamente dai Comuni. Tuttavia, questi fondi hanno copertura limitata e tempistiche spesso lente, con una forte disomogeneità territoriale nell’accesso e nell’entità dei contributi.
Advertisement - PubblicitàNonostante l’impegno del Governo e degli enti locali nell’introdurre bonus e sostegni economici, le misure attualmente in vigore non sembrano in grado di arginare realmente l’aumento dei canoni di locazione. In molti casi, infatti, i benefici previsti sono limitati nel tempo, soggetti a vincoli stringenti e spesso insufficienti a compensare il peso crescente degli affitti sul bilancio familiare.
Un primo limite riguarda la platea ristretta di beneficiari: ad esempio, il bonus affitto giovani si rivolge solo a chi ha un reddito basso e si trasferisce almeno a 100 km da casa. Ma questa condizione esclude moltissimi giovani che lavorano nella stessa provincia di residenza ma che, comunque, vivono da soli e affrontano canoni insostenibili. Inoltre, la detrazione fiscale arriva solo l’anno successivo, mentre il problema della liquidità si presenta nell’immediato.
Il contributo per i lavoratori che si trasferiscono, pur interessante sulla carta, è ancora poco conosciuto e scarsamente accessibile: la burocrazia legata alla richiesta, la mancanza di una piattaforma unica nazionale e l’assenza di campagne informative ne hanno limitato fortemente l’efficacia. E anche in questo caso, l’agevolazione arriva una tantum, lasciando scoperte le spese continue nel tempo.
Un’altra criticità rilevante è la frammentazione degli interventi a livello locale: ogni Regione o Comune adotta criteri e modalità diverse, generando forti disuguaglianze territoriali. In alcune città sono attivi fondi di sostegno affitto molto generosi (es. Bologna, Firenze), in altre invece i fondi sono esauriti in poche settimane o nemmeno attivati.
Infine, manca una strategia strutturale per aumentare l’offerta di alloggi a canone calmierato, investendo su edilizia pubblica, housing sociale o incentivando i proprietari privati ad affittare a prezzi accessibili. Senza una visione di lungo termine, gli incentivi rischiano di diventare solo palliativi, incapaci di correggere i meccanismi distorti di un mercato che tende sempre più a escludere.
Advertisement - PubblicitàL’attuale impennata dei prezzi degli affitti in Italia è il risultato di anni di politiche abitative frammentarie e poco lungimiranti. Per uscire da questa crisi non bastano bonus temporanei o contributi una tantum: serve una riforma strutturale, che metta al centro il diritto all’abitare come elemento fondamentale di equità sociale e sviluppo economico.
Una delle proposte più ricorrenti tra gli esperti è quella di rilanciare l’edilizia residenziale pubblica e sociale, oggi quasi del tutto ferma. In Italia solo il 4% del patrimonio immobiliare è costituito da case popolari, contro una media europea che sfiora il 15%. Un piano pluriennale di investimenti pubblici – magari anche con fondi europei – permetterebbe di aumentare l’offerta di alloggi a canoni calmierati, riducendo la pressione sul mercato privato.
Accanto a questo, molti osservatori chiedono una regolamentazione più stringente degli affitti brevi turistici, soprattutto nelle città d’arte e nei centri storici. Piattaforme come Airbnb hanno contribuito a far lievitare i prezzi, sottraendo migliaia di appartamenti all’uso residenziale. Alcuni Comuni, come Firenze e Bologna, hanno già introdotto limiti, ma serve una normativa nazionale più chiara e uniforme.
Anche incentivare i proprietari privati ad affittare a lungo termine – magari con sgravi fiscali, garanzie pubbliche contro la morosità o agevolazioni per la ristrutturazione – potrebbe riportare sul mercato immobili oggi sfitti o destinati ad altri usi.
Infine, è indispensabile rafforzare il ruolo degli enti locali, dando loro risorse e strumenti per monitorare il mercato, intervenire in caso di emergenza e costruire piani casa coerenti con le esigenze del territorio. Perché il diritto alla casa non può essere lasciato alle sole regole del mercato.
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