Con la recente Ordinanza n. 21721 del 20 luglio 2023, la Corte di Cassazione spiega che è possibile per i contribuenti usufruire del Bonus Prima Casa per acquistare più di un immobile.
Con la recente Ordinanza n. 21721 del 20 luglio 2023, la Corte di Cassazione spiega che è possibile per i contribuenti usufruire del Bonus Prima Casa per acquistare più di un immobile.
Per poter beneficiare dell’agevolazione in relazione a più unità immobiliari, tuttavia, è sempre necessario il rispetto di tutti i requisiti richiesti per l’accesso, tra cui quello che impone che la casa da acquistare non sia “di lusso”.
Esiste tra l’altro un ulteriore criterio da soddisfare per i soggetti che intendono fruire del Bonus Prima Casa per acquistare più di un immobile, ovvero l’impegno, in sede di firma del rogito, a procedere entro 3 anni con l’unificazione delle singole unità acquistate.
Approfondiamo di seguito.
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Sommario
Il caso presentato nell’Ordinanza riguarda in particolare una contribuente che ha provveduto ad acquistare un’abitazione sviluppata su due livelli, applicando in sede d’acquisto le agevolazioni di cui al Bonus Prima Casa.
Tempo dopo, l’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale (con anche la relativa sanzione), in seguito alla disposizione di revoca delle agevolazioni, per via del fatto che l’immobile acquistato è risultato avere una superficie utile complessiva maggiore rispetto ai limiti indicati dalla normativa.
L’agevolazione per l’acquisto della prima casa prevede infatti che gli immobili con superficie superiore a 240 mq debbano essere considerati “di lusso”, e pertanto sono sempre esclusi dal diritto al beneficio.
In questo caso, in particolare, per i due immobili posti su due livelli differenti era emerso che la superficie utile complessiva fosse pari a 289,77 mq, tenendo in considerazione il fatto che le unità risultano essere accorpate in un solo mappale catastale e che sono inoltre unite da un collegamento strutturale interno.
In seguito alla disposizione di revoca dalle agevolazioni, la contribuente ha proposto ricorso sulla base di due argomentazioni:
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Advertisement - PubblicitàIl primo motivo di ricorso proposto dalla donna è stato ritenuto infondato dai giudici di Cassazione, e la ragione è molto semplice.
La Corte spiega infatti che il Bonus Prima Casa ammette anche la possibilità di acquistare più unità immobiliari contemporaneamente, a patto però che:
A questo proposito, si fa presente: “[…] è irrilevante che gli immobili (due o più) acquistati […] siano collocati su unico livello o su distinti livelli, essendo sufficiente che la relazione materiale di contiguità, adiacenza o sovrapposizione consenta […] il loro accorpamento in un’unica abitazione che non abbia complessive caratteristiche “di lusso” […].”
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Advertisement - PubblicitàSulla base del fatto che si riteneva poi di non dover considerare il locale adibito a terrazza nel calcolo della superficie utile complessiva, in quanto si sosteneva l’assenza del requisito di “propria utilizzabilità”, si è chiarito quanto segue.
La Corte afferma innanzitutto che mediante controlli più approfonditi è risultato che il locale di cui si parla non sia effettivamente qualificabile come “terrazza”, non solo perché dotato di caratteristiche e destinazione del tutto differenti, ma anche perché effettivamente tali locali risultano accatastati come “veranda e lavatoio”.
Ciò posto, si fa presente che ai fini del calcolo della superficie utile (obbligatorio per constatare che l’immobile non risulti essere “di lusso”), il concetto di “utilità” non va confuso con quello di “abitabilità”.
Si spiega infatti che:
“[…] il calcolo della superficie utile di un immobile […] va compiuto a prescindere dalla circostanza che parte degli ambienti non sia conforme alle prescrizioni urbanistiche sotto il profilo dell’abitabilità, in quanto quel che unicamente rileva ai fini del computo della superficie utile è l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana […].”
I locali adibiti a terrazza quindi, o in questo caso a veranda e lavatoio, sebbene non si possano considerare locali “abitabili”, sono comunque da includere nel calcolo della superficie complessiva dell’immobile in quanto si tratta di ambienti “utili” allo svolgimento di attività della vita quotidiana.
Ciò posto, è emerso che i due immobili acquistati dalla contribuente sono così costituiti:
Considerando quindi le due unità come un unico immobile unificato, ai fini dell’accesso al Bonus Prima Casa, la superficie utile complessiva dell’intero immobile è risultata essere pari, in realtà, a 304,50 mq.
Tenendo conto dunque del limite previsto dalla normativa (pari a 240 mq massimo) per la qualificazione degli immobili non di lusso, in questo caso tale limite viene superato abbondantemente e pertanto l’immobile dovrà essere considerato “di lusso” a tutti gli effetti.
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Advertisement - PubblicitàSi deve tener conto, tra l’altro, che anche a prescindere dal soddisfacimento dei requisiti imposti dal Bonus Prima Casa, è possibile ritenere senza dubbio che la contribuente avesse tutte le intenzioni di realizzare un unico immobile mediante la fusione dei due appartamenti citati.
Si rileva infatti che la contribuente avesse provveduto non solo alla richiesta di unificazione catastale, ma anche alla realizzazione di un ascensore interno che potesse collegare strutturalmente i due piani distinti.
Da ciò è possibile ritenere che:
“La scelta di aver unificato gli interni, anche catastalmente, non può che essere giustificata da una unione funzionale dei due piani, che si rende anche chiara dalla descrizione della destinazione dei locali contenuta nel documento redatto ai fini catastali dalla parte venditrice […].”
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Anche il secondo motivo di ricorso – in cui la contribuente lamentava la mancata pronuncia sull’assenza del collegamento e/o comunicazione tra i due diversi appartamenti – si deve giudicare dunque inammissibile.
In primo luogo, per via del fatto che si può senza dubbio constatare l’intenzione di unificare i due appartamenti. In secondo luogo, per via del fatto che la normativa prevede che spetti unicamente al giudice valutare quali elementi e prove possano o meno essere utili al fine di dimostrare la veridicità dei fatti esposti.
In quest’ottica, il giudice ha anche la facoltà di assegnare maggiore importanza ad un mezzo di prova piuttosto che ad un altro, nonché la facoltà di escludere del tutto, anche implicitamente, la rilevanza di una prova.
Si legge in conclusione che:
“[…] il silenzio del giudice di merito sulla sollecitazione della parte interessata alla nomina di un consulente tecnico d’ufficio non è censurabile dinanzi al giudice di legittimità per omessa pronunzia […], essendo implicita nella complessiva delibazione delle risultanze processuali la insindacabile valutazione della relativa superfluità […].”
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