Il Building Information Modeling (BIM) è diventato, negli ultimi anni, uno strumento imprescindibile per chi opera nel settore dell’edilizia, della progettazione architettonica e degli appalti pubblici. Non si tratta più di una semplice innovazione tecnologica, ma di un vero e proprio obbligo normativo in determinati ambiti, sancito da leggi e decreti specifici. In Italia, l’utilizzo del BIM è regolamentato da un quadro giuridico in continua evoluzione, che ha come obiettivo quello di aumentare l’efficienza, la trasparenza e la qualità delle opere pubbliche.

Dal Decreto Baratono alla normativa UNI 11337, passando per le scadenze previste per l’adozione progressiva del BIM nelle gare pubbliche, è fondamentale per tecnici, imprese e stazioni appaltanti conoscere con precisione cosa prevede la legge, quali sono gli obblighi, e cosa si rischia in caso di inadempienze.

Hai mai verificato se il tuo studio è già in regola con l’obbligo del BIM? Conosci le date chiave imposte dal legislatore? E soprattutto: sai quali strumenti servono per non farsi trovare impreparati?

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Il quadro normativo del BIM in Italia

L’introduzione del BIM nel panorama normativo italiano è avvenuta in modo graduale, ma deciso. Il punto di svolta si è avuto con il Decreto Ministeriale n. 560 del 1° dicembre 2017, noto anche come Decreto Baratono, che ha stabilito un piano di introduzione progressiva dell’obbligatorietà del BIM negli appalti pubblici.

Secondo il decreto, l’obbligo di utilizzo di metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture è scattato in base a delle soglie economiche progressive. Ecco le principali tappe:

  • Dal 1° gennaio 2019: obbligo per lavori complessi con importo superiore a 100 milioni di euro.
  • Dal 1° gennaio 2020: estensione a opere sopra i 50 milioni.
  • Dal 1° gennaio 2021: soglia abbassata a 15 milioni.
  • Dal 1° gennaio 2022: obbligo per opere superiori a 5,2 milioni.
  • Dal 1° gennaio 2023: obbligo esteso a tutte le opere di importo superiore a 1 milione di euro.
  • Dal 1° gennaio 2025: obbligo generalizzato per tutte le nuove opere pubbliche, indipendentemente dall’importo.

Questo percorso di implementazione è stato ulteriormente consolidato dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), entrato in vigore il 1° luglio 2023, che ha ribadito l’importanza della digitalizzazione dei processi negli appalti pubblici, includendo esplicitamente l’uso del BIM, dei CDE (Common Data Environment) e delle piattaforme di approvvigionamento digitale.

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Un’altra leva fondamentale è rappresentata dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che prevede finanziamenti mirati per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, promuovendo l’adozione del BIM come strumento strategico per aumentare trasparenza, efficienza e controllo sugli investimenti pubblici.

A livello tecnico, la normativa italiana fa riferimento in primis alla norma UNI 11337, che definisce ruoli, processi e requisiti della modellazione informativa, ma si sta sempre più affermando anche la norma UNI EN ISO 19650, uno standard internazionale che regolamenta la gestione delle informazioni nei progetti BIM e che molte stazioni appaltanti stanno iniziando ad applicare in parallelo o in alternativa.

Infine, concetti come l’ACDat (ambiente di condivisione dati), i LOD (livelli di sviluppo del modello) e i livelli di maturità digitale sono ormai parte integrante delle procedure progettuali digitali, e la loro conoscenza è imprescindibile per operare in conformità con la legge.

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Obblighi per progettisti, imprese e stazioni appaltanti

L’introduzione del BIM nel sistema degli appalti pubblici comporta una serie di obblighi normativi specifici per ciascun soggetto coinvolto nella filiera edilizia. Il Decreto Ministeriale 560/2017 non si limita a fissare delle scadenze, ma impone alle stazioni appaltanti e agli operatori economici (progettisti, imprese, consulenti) di adottare precise misure organizzative e tecniche per garantire una corretta implementazione della metodologia BIM.

Per le stazioni appaltanti, i principali obblighi sono:

  • Adozione di un piano di formazione interna per il personale coinvolto nei processi digitali.
  • Predisposizione di un piano di acquisizione hardware e software adeguato alla gestione di modelli informativi.
  • Riorganizzazione interna dei processi aziendali, al fine di integrarli con i flussi digitali previsti dal BIM.
  • Designazione di figure chiave come il BIM Manager, responsabile della gestione dei flussi informativi all’interno della stazione appaltante.
  • Redazione del Capitolato Informativo (CI), un documento fondamentale che definisce requisiti, standard, obiettivi informativi, modalità di consegna dei modelli e sistema di gestione dei dati.

Il Capitolato Informativo, in particolare, rappresenta il documento guida per tutto il ciclo di vita del progetto e stabilisce le regole del gioco per tutti gli operatori coinvolti. Esso deve essere chiaro, completo e coerente con la normativa tecnica vigente (UNI 11337 e UNI EN ISO 19650).

Dal lato dei progettisti (architetti, ingegneri, studi professionali), l’obbligo principale consiste nella capacità di produrre e gestire modelli informativi conformi ai requisiti definiti nel Capitolato Informativo. Questo significa possedere competenze aggiornate sulla modellazione 3D, sull’utilizzo di software BIM interoperabili, nonché sull’organizzazione dei dati secondo livelli di sviluppo (LOD) e codifiche standardizzate. Sempre più spesso, viene richiesta anche la certificazione delle competenze BIM, come previsto dalla UNI 11337-7.

Le imprese esecutrici sono tenute a:

  • Integrare il modello BIM nella fase esecutiva e costruttiva.
  • Collaborare attivamente con progettisti e stazioni appaltanti attraverso piattaforme condivise (CDE).
  • Garantire il coordinamento tecnico tramite attività di clash detection, gestione delle interferenze e aggiornamento dinamico dei modelli.

Tutti i soggetti coinvolti, inoltre, devono operare secondo i principi dell’ambiente di condivisione dei dati (ACDat), uno spazio digitale organizzato e tracciabile dove vengono raccolte, condivise e archiviate tutte le informazioni progettuali e operative.

Il mancato rispetto degli obblighi previsti può avere conseguenze rilevanti: l’esclusione da procedure di gara, la revoca di incarichi, la responsabilità contrattuale in caso di errori o difetti derivanti da una cattiva gestione informativa.

In questo scenario, diventa essenziale non solo dotarsi degli strumenti adeguati, ma anche ridefinire l’organizzazione del lavoro, adottare nuove competenze e garantire un approccio collaborativo e multidisciplinare alla progettazione e alla realizzazione dell’opera.

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Strumenti e software BIM: quali scegliere per essere conformi

Per essere in regola con le normative BIM italiane non basta semplicemente adottare un software di modellazione: è necessario che lo strumento sia interoperabile, aggiornato agli standard internazionali (in primis IFC – Industry Foundation Classes) e compatibile con i flussi di lavoro previsti dalla norma UNI 11337.

I software più diffusi sul mercato – e spesso adottati anche nei progetti pubblici – includono:

  • Autodesk Revit: tra i più utilizzati per architettura, ingegneria e MEP (impianti).
  • Graphisoft Archicad: noto per la progettazione architettonica e l’export in IFC.
  • Bentley OpenBuildings e Tekla Structures: strumenti avanzati per infrastrutture e opere complesse.
  • Allplan, Edificius, Vectorworks, e molti altri.

Oltre alla modellazione, il rispetto della normativa richiede anche l’utilizzo di:

  • Common Data Environment (CDE): ambienti digitali per la condivisione e gestione dei dati, come ACDat (ambiente di condivisione dati), obbligatorio secondo UNI 11337.
  • Software di clash detection come Navisworks o Solibri Model Checker, utili per evitare errori in fase di coordinamento.
  • Strumenti per la redazione del Capitolato Informativo (CI) e per la gestione delle commesse digitali.

Un aspetto cruciale da non trascurare è la certificazione delle competenze, soprattutto per chi riveste ruoli come BIM Coordinator o BIM Manager. Diverse piattaforme riconosciute a livello europeo (es. ICMQ, Certiquality, Accredia) offrono percorsi di certificazione conformi alla UNI 11337-7.

In sintesi, scegliere il giusto ecosistema BIM non è solo una questione di prestazioni tecniche, ma di conformità alle normative vigenti, interoperabilità e affidabilità dei flussi informativi.

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Formazione e certificazioni bim: cosa serve davvero?

La diffusione del BIM nel settore pubblico e privato sta rendendo sempre più necessaria una formazione specifica e certificata per tutte le figure coinvolte nei processi digitali della progettazione e costruzione. Il semplice utilizzo di un software di modellazione non è sufficiente: per essere realmente competitivi (e conformi alle normative), è fondamentale acquisire competenze strutturate e, in molti casi, ottenere una certificazione professionale riconosciuta.

In Italia, il riferimento normativo per la formazione e la qualificazione delle figure BIM è la UNI 11337-7, che identifica quattro profili professionali:

  • BIM Specialist: esecutore operativo dei modelli informativi.
  • BIM Coordinator: coordinatore della modellazione tra le diverse discipline.
  • BIM Manager: responsabile della strategia BIM aziendale e del processo complessivo.
  • CDE Manager: gestore dell’ambiente di condivisione dei dati (Common Data Environment).

Ogni profilo prevede competenze diverse e può essere certificato da organismi accreditati, come:

  • ICMQ
  • Certiquality
  • Bureau Veritas
  • Kiwa Cermet
  • TÜV Italia

La certificazione avviene generalmente tramite un esame scritto e orale, oltre alla valutazione del curriculum e dell’esperienza professionale, e ha una validità pluriennale soggetta a rinnovo.

Per le imprese, dotarsi di personale certificato BIM può rappresentare un vantaggio competitivo concreto: molte stazioni appaltanti iniziano a richiedere esplicitamente queste figure nei bandi di gara, soprattutto nei progetti complessi o sopra determinate soglie economiche. Inoltre, un team formato e competente consente di ridurre gli errori progettuali, migliorare la comunicazione interna e aumentare l’efficienza nella gestione dei lavori.

In questo scenario, la formazione continua diventa un investimento strategico. Sono sempre più numerosi i corsi professionalizzanti erogati da università, enti di categoria, ordini professionali e software house, sia in presenza che in modalità e-learning, che permettono a professionisti e imprese di aggiornarsi in modo flessibile ma certificato.

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Sanzioni, criticità e prospettive future del BIM in Italia

L’adozione del BIM in Italia, seppur avviata con decisione, non è priva di ostacoli e criticità. In primo luogo, la diffusione disomogenea tra le amministrazioni pubbliche crea un divario notevole tra chi è già operativo e chi è ancora in fase di transizione. Molti enti, specie quelli locali, non dispongono delle risorse economiche e umane per affrontare la digitalizzazione completa richiesta dal BIM.

Dal punto di vista delle sanzioni, la normativa non prevede multe amministrative dirette, ma il mancato adeguamento può comunque comportare conseguenze gravi:

  • Esclusione dalle gare pubbliche in cui il BIM è obbligatorio.
  • Annullamento degli appalti in caso di irregolarità nella gestione informativa.
  • Rischi legali e contenziosi, se le responsabilità di modellazione e coordinamento non sono correttamente definite.

Per le imprese e i professionisti, il rischio principale è quello di perdere competitività sul mercato: non essere pronti all’obbligo BIM significa non poter partecipare a una fetta crescente di bandi, sia in ambito pubblico che privato.

Tuttavia, il futuro è chiaro: il BIM sarà sempre più centrale, anche grazie all’integrazione con altre tecnologie come l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata, l’IoT e i digital twin. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023) ha confermato questa direzione, promuovendo l’uso di strumenti digitali per garantire maggiore trasparenza, tracciabilità e sostenibilità nelle opere pubbliche.

Il consiglio per tutti i professionisti del settore? Non aspettare l’obbligo: iniziare subito a formarsi, certificarsi e sperimentare l’uso del BIM è oggi l’unico modo per restare davvero competitivi e in regola.

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Come partecipare a gare pubbliche bim: consigli pratici

Con l’entrata in vigore dell’obbligo BIM per molte categorie di appalti pubblici, le imprese e i progettisti che intendono partecipare a gare devono dimostrare non solo la propria capacità tecnica tradizionale, ma anche quella di gestire un progetto in ambiente digitale secondo quanto richiesto dal Capitolato Informativo.

Il primo passo è leggere attentamente il Capitolato Informativo (CI) predisposto dalla stazione appaltante. Questo documento definisce:

  • gli obiettivi informativi del progetto (ad esempio: modellazione per computo, per gestione cantiere, per manutenzione);
  • i formati dei file richiesti (come IFC, DWG, RVT, ecc.);
  • i modelli da consegnare e il relativo livello di sviluppo (LOD);
  • le figure BIM richieste, eventualmente con certificazione;
  • i tempi e le modalità di aggiornamento dei modelli;
  • le specifiche tecniche sull’uso dell’ambiente di condivisione dei dati (CDE).

Una delle sezioni più delicate della gara è la redazione del BIM Execution Plan (BEP), ovvero il piano operativo di gestione del progetto BIM. Questo documento viene spesso richiesto già in fase di offerta tecnica, oppure subito dopo l’aggiudicazione. Il BEP deve illustrare:

  • l’organizzazione del team BIM (inclusi ruoli e responsabilità);
  • gli strumenti e i software che verranno utilizzati;
  • la gestione dei flussi informativi;
  • i protocolli di revisione, controllo qualità e validazione dei modelli.

In fase di gara, può fare la differenza la capacità di dimostrare l’esperienza pregressa in progetti gestiti in BIM. Allegare referenze documentate, modelli esemplificativi o casi studio può aumentare il punteggio tecnico. In alcuni casi è richiesta anche la dimostrazione di ambienti CDE già operativi, o di processi già consolidati.

Un altro aspetto spesso sottovalutato è la compatibilità tra i software utilizzati dal concorrente e quelli richiesti dalla stazione appaltante: è fondamentale garantire l’interoperabilità, ad esempio tramite l’uso corretto del formato IFC, che è il riferimento standard.

Infine, è utile sapere che molte stazioni appaltanti italiane seguono oggi linee guida ispirate alla norma UNI EN ISO 19650, che richiede una strutturazione molto precisa delle informazioni. Ignorare queste indicazioni potrebbe portare a offerte giudicate tecnicamente non conformi.

Prepararsi a partecipare a una gara BIM non significa solo saper modellare: significa pianificare strategicamente, dimostrare competenza metodologica e conoscere in modo approfondito i nuovi strumenti e documenti richiesti dalla digitalizzazione dell’appalto pubblico.