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Quando 4 metri quadrati fanno la differenza: il caso delle tolleranze edilizie e il decreto salva casa

Il Consiglio di Stato chiarisce che anche piccoli ampliamenti edilizi devono rispettare rigorosi limiti normativi. Il calcolo delle tolleranze va fatto sull’unità beneficiaria e secondo la normativa vigente.

Quando 4 metri quadrati fanno la differenza: il caso delle tolleranze edilizie e il decreto salva casa Quando 4 metri quadrati fanno la differenza: il caso delle tolleranze edilizie e il decreto salva casa
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Nel mondo dell’edilizia, non tutte le irregolarità si equivalgono. Esistono interventi apparentemente minimi, talvolta di pochi metri quadrati, che possono innescare complesse controversie giuridiche, con strascichi lunghi anni e risvolti inaspettati. È il caso recentemente esaminato dal Consiglio di Stato, che ha messo a fuoco il confine – tutt’altro che netto – tra ciò che può essere considerato una “tolleranza costruttiva” e ciò che invece configura un vero e proprio abuso edilizio.

La vicenda, che ha avuto origine da un intervento edilizio di soli 4 mq, ha riacceso il dibattito su come si calcolano le soglie di legittimità edilizia, su quale unità immobiliare vada considerata nel computo, e su quanto incida il principio del “tempus regit actum”, cioè l’obbligo di valutare gli atti amministrativi in base alle norme vigenti al momento della loro adozione.

Ma quando un piccolo ampliamento diventa illegittimo? Quali sono le percentuali entro cui si può “sforare”? E cosa cambia con le nuove norme introdotte dal cosiddetto “Decreto Salva Casa”?

Scopriamolo nei paragrafi successivi.

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La vicenda: un bagno sospeso tra due appartamenti e un contenzioso lungo anni

Tutto ha avuto origine da una situazione ereditata dal passato. Due appartamenti confinanti, acquistati negli anni ’70, erano stati collegati attraverso una piccola passerella che, nel tempo, è stata trasformata in un vano bagno di circa 4 metri quadrati. Alla morte dei proprietari originari, gli immobili sono passati in eredità ai figli e con il tempo suddivisi tra gli eredi. L’opera, però, è rimasta al servizio esclusivo di uno solo degli appartamenti.

Quando il Comune ha ricevuto una segnalazione su questa costruzione, inizialmente ha avviato una procedura di demolizione. Tuttavia, successivamente ha deciso di archiviare il procedimento, ritenendo l’intervento non sanzionabile.

La motivazione? La superficie aggiuntiva era inferiore al 2% dell’intera metratura dei due appartamenti un tempo unificati (circa 300 mq), configurando quindi una “tolleranza esecutiva” secondo l’art. 34-bis del DPR 380/2001.

A quel punto, il vicino di casa – proprietario dell’appartamento sottostante – ha impugnato l’archiviazione davanti al TAR, sostenendo che l’intervento gli arrecava disagio e che il calcolo percentuale andava riferito solo all’appartamento effettivamente beneficiario. Il TAR gli ha dato ragione. La vicenda è così approdata davanti al Consiglio di Stato, che ha confermato la decisione di primo grado.

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Tolleranze edilizie e limiti di legge: cosa dice davvero il dpr 380/2001 (e cosa cambia col decreto salva casa)

Per comprendere le ragioni alla base della decisione dei giudici amministrativi, è necessario soffermarsi su una delle norme cardine dell’edilizia italiana: l’articolo 34-bis del DPR 380/2001. Questa disposizione, introdotta nel 2020, ha formalizzato il principio secondo cui piccole difformità tra quanto autorizzato e quanto effettivamente realizzato non costituiscono automaticamente abuso edilizio.

A condizione, però, che lo scostamento non superi il limite del 2%.

Questo margine di “tolleranza costruttiva” riguarda vari parametri fondamentali: l’altezza dell’edificio, i distacchi dai confini, la cubatura complessiva, la superficie coperta e ogni altro valore tecnico riportato nel titolo edilizio. La ratio è chiara: evitare che minime differenze esecutive (spesso dovute a motivi tecnici o a rilievi in fase di cantiere) diano luogo a demolizioni o sanzioni sproporzionate.

Ma come si calcola questa percentuale? Su quale unità immobiliare deve essere applicata?

È qui che la questione si complica. Nel caso specifico, il Comune aveva considerato come base di calcolo l’intera metratura dei due appartamenti originari (circa 300 mq), arrivando così a ritenere l’intervento – un bagno di 4 mq – inferiore al 2% e quindi regolare. Ma secondo il TAR prima e il Consiglio di Stato poi, il calcolo andava fatto esclusivamente sull’unità immobiliare attualmente beneficiaria dell’ampliamento. Trattandosi di un solo appartamento da circa 150 mq, la quota aggiuntiva supera la soglia del 2%, assestandosi al 2,66%: dunque fuori dai limiti.

Un ulteriore elemento di riflessione arriva dal recente Decreto Salva Casa (D.L. 69/2024), che ha introdotto un sistema più articolato di percentuali di tolleranza, suddivise per classi dimensionali. Secondo questa nuova disciplina, gli edifici tra i 100 e i 300 mq – come quello in questione – godrebbero di una tolleranza fino al 4%. Ma, come chiarito dagli stessi giudici, tali soglie non si applicano retroattivamente e non possono incidere su provvedimenti già adottati, come quello oggetto del contenzioso.

In sostanza, il messaggio della sentenza è chiaro: le norme vanno applicate tenendo conto del contesto temporale e oggettivo in cui l’intervento è stato effettuato. Anche pochi centimetri, se mal calcolati, possono fare tutta la differenza tra legalità e abuso.

Leggi anche: Decreto Salva-Casa 2024: Sanatoria per difformità edilizie, tolleranze e edilizia libera

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Le ragioni del consiglio di stato: quando il 2,66% vale più del 2%

Nel pronunciarsi definitivamente sulla vicenda, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2771/2025 ha respinto l’appello presentato dal proprietario dell’immobile oggetto dell’abuso, confermando la sentenza del TAR. Le motivazioni offerte dal giudice amministrativo di secondo grado chiariscono in modo esemplare come deve essere interpretata e applicata la normativa sulle tolleranze edilizie.

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che, ai fini del calcolo della soglia del 2%, occorre riferirsi esclusivamente alla superficie dell’unità immobiliare effettivamente interessata dall’intervento edilizio. Poiché il bagno realizzato di circa 4 mq serve solo uno dei due appartamenti (di circa 150 mq), non si può utilizzare come base di riferimento l’intera metratura dei due immobili originari. Così facendo, la percentuale dell’aumento risulterebbe pari al 2,66%, superando il limite fissato dalla legge.

In secondo luogo, il Consiglio di Stato ha escluso l’applicabilità retroattiva del nuovo sistema introdotto con il Decreto Salva Casa, che avrebbe potuto innalzare il limite al 4% per immobili tra 100 e 300 mq. Il principio del “tempus regit actum”, infatti, impone di valutare la legittimità di un provvedimento amministrativo in base alla normativa vigente al momento della sua adozione. Dunque, nel caso in esame, era corretta l’applicazione del solo art. 34 del DPR 380/2001, nella versione allora vigente.

Leggi anche: Il TAR blocca parte della demolizione: edilizia libera sì, ma niente Salva Casa retroattivo

Non solo: secondo i giudici, l’ampliamento non poteva essere considerato neanche una “modifica minore” o una semplice irregolarità geometrica. Al contrario, la costruzione del vano aveva comportato un impatto reale e concreto sul contesto abitativo circostante, anche in termini di veduta, luce e aerazione per l’appartamento sottostante. Questo ha rafforzato la legittimità del ricorso e la posizione del vicino che lo ha promosso.

Infine, il Consiglio ha evidenziato che l’intervento non era neanche assistito da un titolo edilizio, rafforzando ulteriormente l’idea che non si potesse invocare alcuna forma di sanatoria automatica. Il provvedimento del Comune che aveva archiviato il procedimento demolitorio è stato quindi giudicato illegittimo.



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TAGS: abuso edilizio, ampliamento illegittimo, consiglio di stato, decreto salva-casa, DPR 380/2001, edilizia urbanistica, normativa edilizia, sentenze edilizia, tar campania, tolleranze edilizie

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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