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Cedolare Secca: impossibile senza titolarità del reddito fondiario

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La cedolare secca consiste in un particolare regime di tassazione applicabile ai contratti di locazione, che prevede il pagamento di un’unica imposta sostitutiva ridotta, al posto dell’IRPEF e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile) pagate singolarmente.

Possono optare per la cedolare secca anche i soggetti che affittano immobili ad uso abitativo con contratti di locazione breve, ovvero per un massimo di 30 giorni alla volta. In questo caso, il locatore potrà applicare il regime ad un massimo di 4 appartamenti all’anno, altrimenti l’attività che svolge si configurerà come imprenditoriale.

Leggi anche: “Reddito affitti brevi: quando si considera impresa? Come si dichiara?

Di recente il Fisco ha spiegato che ci sono diversi altri criteri da considerare quando si intende optare per il regime della cedolare secca, come ad esempio la tipologia di diritto reale di godimento sulla base del quale il soggetto risulta detenere la disponibilità del bene e la titolarità del reddito fondiario.

Approfondiamo di seguito.

Cedolare secca: nudo proprietario che “dispone” di parte del bene

Il caso di cui parliamo è stato oggetto della risposta ad interpello n. 216 del 15 febbraio 2023.

Qui l’istante rappresenta di detenere insieme al fratello la nuda proprietà, al 50% ciascuno, di un immobile ad uso abitativo in categoria catastale A/3.

Leggi anche: Categorie catastali: cosa sono e a cosa servono?

Il soggetto dichiara che è la madre a detenere il diritto di usufrutto e a vivere nell’immobile, che ha adibito a propria abitazione principale. Fa eccezione solamente una porzione dello stesso immobile (che è stata definita planimetricamente), per la quale invece l’istante e il fratello detengono la disponibilità materiale.

A questo proposito, l’istante sostiene di voler concedere in locazione quella sola porzione dell’immobile di cui detiene la disponibilità con il fratello, e vorrebbe farlo applicando al contratto il regime della cedolare secca.

Il soggetto ritiene che ciò sia possibile – nonostante egli risulti essere co-titolare della sola nuda proprietà – per via di quanto definito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 18330 del 25 giugno 2021, ovvero che:

il titolare del diritto reale di nuda proprietà su un immobile che ne abbia la disponibilità di fatto, può concedere il bene in locazione, ed i canoni pattuiti concorrono alla quantificazione della sua base imponibile, secondo la previsione generale di cui gli artt.li 23 e poi 26, del D.P.R. n. 917 del 1986.

Reddito fondiario: in che modo si determina?

Il Fisco innanzitutto spiega di non poter confermare, intanto, il fatto che un soggetto possa concedere in locazione un immobile, o parte di esso, in qualità di nudo proprietario che possiede la disponibilità effettiva di una sola parte dell’immobile. Sul punto l’Agenzia si riserva di dare una risposta, in quanto non si tratta di un aspetto di carattere fiscale.

Per quanto riguarda invece la normativa, citata dalla Cassazione nell’ordinanza richiamata dal contribuente, si fa presente che l’art. 26 del TUIR (DPR n. 917/1986 sopra citato), stabilisce che:

I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale […], per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso.

Sulla base di ciò, con la Circolare n. 150 del 7 luglio 1999 è stato chiarito che i redditi dominicali e quelli dei fabbricati concorrono sempre a formare il reddito del possessore, in quanto possessore.

In quest’ottica, non si tiene considerazione se sia presente o meno un effettivo reddito, né chi sia eventualmente a percepirlo.

Difatti, i redditi dei fabbricati concorrono a formare il reddito complessivo anche nel caso in cui non venga effettivamente percepito alcun reddito, come avviene per gli immobili adibiti ad abitazione principale o per quelli che, comunque, non sono oggetto di locazione.

Sostanzialmente, si spiega, per tutti gli immobili per i quali il reddito si determina sulla base della rendita catastale, il presupposto dell’imposta non scaturisce dall’avere la semplice disponibilità reale del reddito, ma dal possesso qualificato del bene stesso.

Il comma 2 dell’art. 26 del TUIR prevede poi che:

Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.

Visto quanto detto, l’Agenzia fa presente che sempre il TUIR, art. 37, stabilisce che il reddito medio ordinario delle unità immobiliari si determina mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, ovvero le tariffe statali che servono appunto a calcolare il valore della rendita catastale di un fabbricato.

Nuda proprietà si accompagna ad usufrutto, non dà godimento

In merito alla possibilità per il nudo proprietario di procedere con l’applicazione della cedolare secca al contratto di locazione che intende stipulare, l’Agenzia ritiene che ciò non sia possibile.

Nello specifico, l’art. 26 del TUIR visto sopra, cita chiaramente che i redditi fondiari sono imputati solo a chi detiene l’immobile a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale.

La nuda proprietà, difatti, non è un diritto reale di godimento, ma è un titolo che nasce nel momento in cui in capo al bene si costituisce il diritto di usufrutto.

Il diritto di usufrutto si può costituire su un bene in maniera volontaria o involontaria e, in sostanza, conferisce ad un altro soggetto (che non è il proprietario) di godere del bene e dei suoi frutti finché permane tale diritto (massimo 30 anni).

Quando accade questo, al proprietario del bene rimane la nuda proprietà, ovvero una proprietà “sulla carta” che non gli consente però di utilizzare il bene in alcun modo, almeno finché l’usufrutto non scade. Per comprendere meglio, leggi: “Diritti Reali: tutto quello che devi sapere su proprietà e godimento

Per via di quanto detto, il Fisco spiega che “la nuda proprietà per sua natura si accompagna all’usufrutto”.

Ciò che accade con il diritto di godere del bene, accade anche con l’imputazione del reddito. In sostanza, quando un soggetto acquisisce il diritto di usufrutto su un bene altrui, ne acquisisce anche la soggettività d’imposta, che passa dal proprietario all’usufruttuario.

Cedolare secca: non esercitabile dal nudo proprietario

In quanto al regime della cedolare secca, si tratta di un regime che può scegliere, in alternativa al regime ordinario, il soggetto al quale viene imputato il reddito fondiario prodotto dall’immobile.

Il nudo proprietario però, come spiegato, perde la titolarità del reddito fondiario nel momento in cui si costituisce il diritto di usufrutto.

Il contribuente in questione, dunque – pur dichiarando di avere la disponibilità di una parte dell’immobile – di fatto ne detiene solo la nuda proprietà, e pertanto non ha il diritto di goderne né di beneficiare dei suoi frutti.

Atteso che, come detto, il Fisco non può dare una risposta certa sul fatto che il nudo proprietario possa o meno concedere l’immobile in locazione, si ritiene quanto segue.

Anche qualora sia concesso al nudo proprietario di concedere in locazione parte dell’immobile – come prospettato dall’istante – rimane comunque il fatto che egli non potrà applicare al contratto di locazione il regime della cedolare secca, perché appunto si tratta un regime esercitabile solo dal soggetto al quale è imputata la tassazione del reddito fondiario, che in questo caso è la madre (usufruttuario).

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TAGS: cedolare secca, contratti locazione

Autore: Redazione Online

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