Nel mondo dell’edilizia, l’autotutela amministrativa rappresenta uno strumento delicato e spesso controverso. Il Comune può annullare un permesso di costruire già rilasciato? Se sì, entro quali termini? E soprattutto, in quali casi specifici?

Una recente pronuncia del TAR della Campania offre l’occasione per approfondire proprio questi temi. Il caso nasce dal provvedimento con cui il Comune ha annullato un permesso di costruire del 2018, con l’accusa di falsa rappresentazione dello stato dei luoghi.

Ma per il TAR, l’atto di annullamento è tardivo e privo di motivazione sufficiente, configurandosi così come illegittimo. Una vicenda che mette in luce i confini dell’azione amministrativa e i diritti del cittadino in materia edilizia.

Cosa si intende davvero per falsa rappresentazione? Quali sono i tempi entro cui la pubblica amministrazione può agire in autotutela? E in che modo i tecnici devono documentare gli interventi edilizi per evitare rischi futuri?

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Il caso: un Permesso di Costruire annullato dopo cinque anni

Il caso esaminato riguarda un cittadino che aveva avviato un procedimento di regolarizzazione edilizia tramite accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001. L’intervento oggetto di sanatoria consisteva in opere di ampliamento volumetrico realizzate su un immobile residenziale, precedentemente sottoposto a sequestro da parte della Polizia Municipale per presunte violazioni urbanistiche.

Prima di presentare l’istanza, alcune opere eccedenti erano state volontariamente demolite, tra cui un gazebo e una tettoia, al fine di rientrare nei parametri di legge. L’Amministrazione comunale, valutata la documentazione tecnica allegata, rilasciava il permesso di costruire in sanatoria ritenendo l’intervento conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della richiesta.

Tuttavia, a distanza di oltre cinque anni, il Comune ha notificato l’avvio di un procedimento di autotutela, concludendo per l’annullamento del permesso rilasciato, ritenendo che la documentazione tecnica contenesse una rappresentazione fuorviante dello stato dei luoghi. Secondo l’Amministrazione, l’intervento edilizio non sarebbe stato pienamente sanabile al momento della sua esecuzione, e la sanatoria sarebbe stata ottenuta tramite una presentazione “artificiosa” della realtà.

Il cittadino ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale Amministrativo, sostenendo l’illegittimità dell’annullamento per tardività e difetto di motivazione, dando così origine alla sentenza oggetto di approfondimento.

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Illegittimità dell’annullamento: tempi scaduti e motivazione assente

La decisione del TAR Campania si fonda principalmente sulla violazione dell’art. 21-nonies della Legge 241/1990, che disciplina il potere di autotutela della Pubblica Amministrazione. Questo articolo prevede un termine massimo di 18 mesi entro cui un provvedimento favorevole, come un permesso di costruire, può essere annullato d’ufficio, salvo che sia stato ottenuto mediante false dichiarazioni o false rappresentazioni dei fatti.

Nel caso in esame, il permesso era stato rilasciato nel maggio 2018 e annullato solo nell’ottobre 2023: un termine ampiamente superato. Il Comune ha tentato di giustificare il ritardo invocando la presunta falsità della documentazione allegata all’istanza di sanatoria, sostenendo che si trattasse di un “artificio” per rendere le opere regolarizzabili.

Tuttavia, secondo il TAR, questa motivazione è del tutto generica e carente: non viene specificato quale elemento sarebbe stato falsamente rappresentato, né in che modo ciò avrebbe determinato un errore dell’Amministrazione nel rilascio del titolo edilizio. Non basta, infatti, una generica rivalutazione urbanistica a posteriori per invocare una falsa rappresentazione dei fatti, né tantomeno per superare il limite temporale di 18 mesi.

La sentenza richiama inoltre la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui l’autotutela oltre i termini è possibile solo se l’Amministrazione dimostra di essere stata ingannata da informazioni dolosamente false e non conoscibili all’epoca. Nel caso in questione invece, il Comune era perfettamente a conoscenza degli abusi pregressi e delle demolizioni effettuate prima di rilasciare il permesso.

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Garanzie per il cittadino e limiti per la PA

La sentenza del TAR Campania n. 674/2025 rappresenta un precedente rilevante. Da un lato, rafforza il principio di certezza del diritto, tutelando chi ha ottenuto un titolo edilizio legittimamente e ha agito in buona fede; dall’altro, ricorda alle amministrazioni pubbliche che l’autotutela non può diventare uno strumento arbitrario, da esercitare senza rispetto dei termini di legge e senza una motivazione solida.

In particolare, il TAR chiarisce che:

  • L’interpretazione urbanistica retroattiva non può giustificare l’annullamento di un permesso di costruire regolarmente rilasciato;
  • Il superamento del termine di 18 mesi per l’annullamento d’ufficio è ammissibile solo in presenza di una falsa rappresentazione dei fatti chiaramente individuata e, in certi casi, anche accertata penalmente;
  • Le motivazioni dell’atto amministrativo devono essere esplicitate e comprensibili, affinché il cittadino possa esercitare il proprio diritto di difesa.

Per i tecnici incaricati (architetti, ingegneri, geometri), questo verdetto è anche un monito a curare con attenzione la documentazione prodotta: pur non essendo state ravvisate nel caso specifico false dichiarazioni, eventuali incongruenze o imprecisioni possono essere strumentalizzate per mettere in discussione titoli edilizi anche a distanza di anni.