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Crediti d’imposta inesistenti? La truffa sui bonus edilizi scatta anche senza incasso del credito

La Cassazione ha stabilito che la truffa aggravata sui crediti d’imposta si consuma già con la loro creazione fraudolenta, senza necessità di utilizzo, rafforzando il contrasto alle frodi sui bonus edilizi.

Crediti d’imposta inesistenti? La truffa sui bonus edilizi scatta anche senza incasso del credito Crediti d’imposta inesistenti? La truffa sui bonus edilizi scatta anche senza incasso del credito
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La recente sentenza n. 45868/2024 della Corte di Cassazione segna un punto di svolta nella lotta contro le frodi legate ai crediti d’imposta. Secondo la Suprema Corte, il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si consuma già nel momento in cui viene generato un credito d’imposta inesistente, indipendentemente dal suo utilizzo in compensazione o dalla sua monetizzazione.
Questa decisione ha importanti ripercussioni sul sistema di incentivi edilizi, in particolare sul Superbonus 110%, e potrebbe influenzare i controlli futuri su chi beneficia di queste agevolazioni.

Ma quali sono i dettagli di questa sentenza e come cambiano le regole del gioco?

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Il caso giudiziario: un’indagine sulle frodi nel Superbonus

L’inchiesta della Procura di Messina ha portato alla luce un presunto sistema fraudolento incentrato sull’indebita creazione e cessione di crediti d’imposta inesistenti derivanti da interventi edilizi che, di fatto, non erano mai stati eseguiti. L’indagato, insieme ad altri soggetti, era accusato di aver generato questi crediti attraverso false attestazioni di lavori e di averli successivamente ceduti a terzi, tra cui imprese e istituti finanziari.

Le accuse mosse dalla magistratura riguardavano diverse fattispecie penali, tra cui:

  • Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più delitti, tra cui truffa aggravata, falso e autoriciclaggio.
  • Indebita compensazione di debiti fiscali mediante l’utilizzo di crediti d’imposta inesistenti.
  • Cessione fraudolenta di crediti fiscali a società terze, con l’intento di monetizzarli.

Secondo gli inquirenti, il meccanismo prevedeva la richiesta di crediti d’imposta in base all’art. 121 del Decreto Rilancio (D.L. 34/2020), che consente ai beneficiari di cedere il credito maturato a seguito di lavori di ristrutturazione, efficientamento energetico o adeguamento antisismico. Tuttavia, nel caso in esame, le operazioni erano basate su documentazione falsa, che attestava interventi edilizi mai avvenuti.

L’impianto accusatorio si basava sul fatto che, una volta generati, questi crediti venivano inseriti nei cassetti fiscali dell’indagato e di altre società collegate, per poi essere offerti a intermediari finanziari e aziende, che in alcuni casi li accettavano, mentre in altri li respingevano. L’obiettivo finale era quello di ottenere liquidità immediata attraverso la vendita dei crediti, oppure di utilizzarli per compensare debiti fiscali propri o di soggetti terzi.

Leggi anche: Truffa bonus edili: crediti fiscali falsi per oltre 2 milioni di euro

A fronte di queste accuse, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che non essendoci stata alcuna monetizzazione o compensazione dei crediti, lo Stato non aveva subito alcun danno concreto. Di conseguenza, a loro parere, non si sarebbe potuto configurare il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, che richiede l’esistenza di un danno patrimoniale effettivo a carico dello Stato.

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La decisione della Cassazione: il reato si consuma con la creazione del credito fittizio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45868/2024, ha rigettato il ricorso dell’indagato e ha stabilito un principio giuridico molto importante: la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si consuma nel momento stesso in cui viene generato un credito d’imposta inesistente, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.

Secondo la Suprema Corte, la creazione artificiosa del credito d’imposta tramite false dichiarazioni o attestazioni configura già di per sé un danno per lo Stato. Questo perché il credito stesso, una volta generato, può essere ceduto, monetizzato o utilizzato per compensare debiti fiscali, alterando così il sistema di erogazione delle agevolazioni pubbliche e creando un rischio finanziario per l’Erario.

In particolare, la Corte ha sottolineato che:

  • L’art. 640-bis del codice penale, che disciplina la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, non richiede necessariamente che il credito venga incassato o utilizzato per configurare il reato.
  • Il danno per lo Stato non si limita alla perdita effettiva di denaro, ma comprende anche lo sviamento delle risorse pubbliche e la creazione di crediti non dovuti che potrebbero essere rivenduti o compensati in futuro.
  • Il sistema di incentivi edilizi previsto dal Decreto Rilancio (D.L. 34/2020) prevede meccanismi di controllo basati su documentazione tecnica e fiscale, ma se questi strumenti vengono manipolati attraverso attestazioni false, il solo fatto di generare il credito è sufficiente a integrare il reato.

Questa interpretazione della Cassazione rappresenta un cambio di rotta rispetto a precedenti orientamenti giurisprudenziali, che ritenevano necessaria la concreta monetizzazione o compensazione del credito per configurare la truffa.

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Il cambio di orientamento della Cassazione: una stretta sulle frodi fiscali

La sentenza n. 45868/2024 segna un revirement giurisprudenziale rispetto a precedenti pronunce della Suprema Corte. In passato, infatti, si riteneva che la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche si consumasse solo nel momento in cui il credito d’imposta fosse effettivamente incassato o utilizzato in compensazione.

Un esempio di questa impostazione è rappresentato dalla sentenza n. 23402/2024, secondo la quale il danno per lo Stato si realizzava solo con la concreta perdita di denaro pubblico, ovvero quando il credito veniva monetizzato da un intermediario finanziario o utilizzato per compensare tributi dovuti. Questo significava che, fino a quel momento, il reato non poteva considerarsi perfezionato.

Approfondisci: Superbonus: solo i crediti d’imposta riscossi configurano la truffa

Con la nuova decisione, invece, la Cassazione stabilisce che la frode si realizza già con la creazione del credito fittizio, poiché questo rappresenta un’alterazione del sistema di erogazione degli incentivi fiscali, con potenziali conseguenze negative sia per l’Erario che per l’integrità dell’intero meccanismo di sostegno al settore edilizio.

Questo nuovo orientamento ha importanti implicazioni pratiche, in quanto:

  • Aumenta la responsabilità di chi genera crediti d’imposta, anche se non vengono mai incassati o utilizzati.
  • Rende più semplici le indagini e le contestazioni penali, perché le autorità non devono più dimostrare che il credito sia stato effettivamente monetizzato o compensato.
  • Introduce un criterio più severo per la repressione delle frodi fiscali, disincentivando comportamenti illeciti già nella fase iniziale della creazione del credito.

Si tratta di una decisione destinata a influenzare le indagini in corso e i futuri processi su frodi legate al Superbonus 110%, rendendo più difficile per i responsabili difendersi con l’argomento dell’assenza di un danno economico immediato per lo Stato.



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TAGS: cessione crediti fittizi, compensazione indebita, controlli Agenzia Entrate, frode fiscale edilizia, normativa Superbonus, reati tributari, sanzioni fiscali, sentenza Cassazione 2024, Superbonus 110%, truffa crediti d’imposta

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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