Una sentenza del TAR Lombardia riconosce il diritto del vicino ad accedere agli atti edilizi per difendere i propri interessi, anche contro l’opposizione del titolare del permesso.
In edilizia non esiste solo la libertà di costruire, ma anche il diritto – e talvolta il dovere – di vigilare. Quando si vive accanto a un cantiere, specialmente se i lavori autorizzati prevedono ampliamenti o ristrutturazioni importanti, è lecito domandarsi se tutto sia stato svolto secondo le regole.
È proprio in questi casi che entra in gioco il diritto di accesso agli atti: un potente strumento che consente a chi ha un interesse giuridicamente rilevante di ottenere documentazione amministrativa, anche contro il silenzio o l’opposizione della Pubblica Amministrazione o di soggetti terzi.
La recente sentenza del TAR Lombardia (n. 1941/2025) affronta proprio questo tema: un cittadino, confinante con un immobile oggetto di una ristrutturazione edilizia, si è visto negare l’accesso agli atti da parte del Comune, nonostante avesse motivato la propria richiesta per ragioni legate alla difesa dei propri diritti. Il Tribunale ha accolto il ricorso, riaffermando principi chiave in materia di trasparenza e diritto di difesa.
Quando è legittimo chiedere gli atti edilizi del vicino? E cosa fare se l’amministrazione non risponde?
La sentenza fa chiarezza.
Sommario
Tutto ha inizio con un intervento edilizio autorizzato dal Comune mediante il rilascio di un permesso di costruire per la ristrutturazione e l’ampliamento volumetrico di un immobile. Un confinante, preoccupato per il rispetto delle distanze legali tra fabbricati e per la possibile incidenza delle opere sulla propria proprietà, presenta al Comune un’istanza di accesso agli atti.
Lo scopo? Visionare la documentazione relativa al procedimento amministrativo che ha portato al rilascio del titolo edilizio.
La richiesta viene inoltrata correttamente via PEC e giustificata in modo preciso, come previsto dall’art. 24, comma 7, della Legge 241/1990, che tutela il diritto di accesso agli atti per la difesa di interessi giuridici. Tuttavia, entro i 30 giorni previsti, l’amministrazione non risponde. In parallelo, il titolare del permesso edilizio presenta opposizione all’ostensione, senza però fornire motivazioni dettagliate o riferimenti a dati particolarmente sensibili.
Si forma così un silenzio-diniego, che porta il confinante a impugnare il mancato riscontro del Comune dinanzi al TAR, chiedendo l’annullamento del diniego implicito e il riconoscimento del proprio diritto di accesso.
Advertisement - PubblicitàIl Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con la sentenza n. 1941/2025, ha accolto il ricorso, riconoscendo pienamente il diritto del confinante ad accedere agli atti richiesti. Alla base della decisione vi è un principio giuridico solido: la cosiddetta “vicinitas”, ovvero la prossimità fisica all’immobile oggetto di intervento, genera un interesse diretto, concreto e attuale che giustifica la conoscenza degli atti edilizi.
Approfondisci: Abusi edilizi? Il vicino può opporsi al condono grazie alla “vicinitas”
Secondo il TAR, la posizione del richiedente non è né generica né pretestuosa. L’interesse giuridico è chiaramente connesso alla possibilità di verificare eventuali violazioni delle distanze legali tra edifici e di esercitare eventuali azioni legali a tutela della propria proprietà. Questo interesse, in quanto strumentale alla cura o alla difesa di un diritto, prevale anche rispetto alla riservatezza eventualmente opposta da terzi, a meno che non vengano in gioco dati sensibili o sensibilissimi, come quelli relativi allo stato di salute.
La sentenza richiama espressamente la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui l’accesso difensivo ha una funzione autonoma rispetto alla semplice trasparenza amministrativa: esso serve a tutelare diritti soggettivi anche in fase pre-contenziosa.
In altri termini, non è necessario che sia già pendente una causa: basta che l’accesso sia “necessario” per valutare se e come agire a tutela dei propri diritti.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza del TAR Lombardia n. 1941/2025 non si limita a risolvere un singolo contenzioso tra privati, ma offre indicazioni concrete e operative per diversi soggetti coinvolti nei procedimenti edilizi. Per i cittadini, rappresenta un chiarimento importante: chi vive accanto a un immobile interessato da interventi edilizi rilevanti ha il diritto, se motivato da un interesse giuridicamente tutelabile, di accedere agli atti amministrativi, anche in presenza del silenzio dell’amministrazione o dell’opposizione del titolare del permesso.
Per i professionisti tecnici – come architetti, ingegneri e geometri – questa pronuncia suggerisce di prestare massima attenzione alla conformità dei progetti edilizi non solo alle norme urbanistiche, ma anche alle distanze legali e ai diritti dei confinanti. Una documentazione completa e trasparente può prevenire contenziosi e agevolare l’attività amministrativa.
Infine, per le pubbliche amministrazioni la sentenza rappresenta un richiamo alla responsabilità: non basta il silenzio o l’opposizione di un controinteressato per negare l’accesso. Il Comune ha il dovere di valutare caso per caso e, se necessario, rilasciare la documentazione richiesta, anche omettendo i dati personali non rilevanti.
L’obiettivo è garantire il pieno rispetto del principio di trasparenza e del diritto di difesa, sanciti dalla Costituzione e dalla legge 241/1990.
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