Edilizia.com
Edilizia.com

Il Comune tenta l’acquisizione gratuita, ma il TAR riconosce il valore degli accordi del passato

Una sentenza chiarisce che un terreno può essere acquisito da un Comune senza indennizzo monetario, se esiste un accordo urbanistico valido basato sull’attribuzione di diritti edificatori compensativi.

Il Comune tenta l’acquisizione gratuita, ma il TAR riconosce il valore degli accordi del passato Il Comune tenta l’acquisizione gratuita, ma il TAR riconosce il valore degli accordi del passato
Ultimo Aggiornamento:

Cosa accade quando un Comune costruisce un edificio pubblico su un terreno privato, in base a un accordo informale risalente a decenni fa, e oggi rivendica la legittimità della proprietà senza versare alcun indennizzo ai discendenti dei proprietari originari? È quanto accaduto in Lombardia, dove il Tribunale Amministrativo Regionale ha recentemente affrontato una vicenda che mescola urbanistica, diritto amministrativo ed espropriazione.

Al centro della controversia: un presunto accordo del 1975, la realizzazione del municipio comunale e la mancata trascrizione dell’acquisto nei registri immobiliari. La vera questione, però, è se il riconoscimento di alcuni diritti edificatori possa davvero sostituire un indennizzo monetario.

Chi decide quando un terreno può essere acquisito senza pagare? E quanto possono essere validi, a distanza di mezzo secolo, gli impegni verbali o documentali non formalizzati davanti a un notaio? Se ti stai chiedendo se un diritto edilizio può davvero valere quanto una proprietà, continua a leggere.

Advertisement - Pubblicità

La lunga vicenda dei terreni edificati senza atto notarile

Le radici della controversia affondano negli anni ’70, in un’epoca in cui la gestione delle acquisizioni pubbliche spesso avveniva con modalità meno rigorose rispetto agli standard attuali. In quel contesto, l’amministrazione comunale espresse l’intenzione di costruire il nuovo palazzo municipale su un terreno privato situato in zona centrale del paese. I contatti con la proprietà portarono alla redazione di due accordi, nel 1971 e nel 1975, che avrebbero dovuto regolare la cessione del terreno: non si trattò, però, di un vero e proprio contratto notarile di compravendita.

Nel secondo di questi documenti, definito “impegnativa”, la parte privata dichiarava la disponibilità a cedere l’area a titolo gratuito, a condizione però che il Comune rilasciasse una licenza edilizia per un’abitazione di 160 mq su tre piani, da realizzare nella porzione di terreno rimasta in proprietà. Si trattava dunque di uno scambio urbanistico: il terreno per un’opera pubblica, in cambio di una concreta possibilità edificatoria.

Il Comune, effettivamente, costruì e collaudò il nuovo municipio su quell’area entro il 1980, ma senza trascrivere formalmente il trasferimento della proprietà. Ancor più delicata fu la successiva scelta di modificare lo strumento urbanistico, riducendo il potenziale edificatorio promesso, tanto che la concessione edilizia effettivamente rilasciata nel 1978 autorizzò solo 115 mq.

Successivamente, tramite condono edilizio, tale metratura fu estesa fino a circa 145,8 mq, ma sempre al di sotto dei 160 previsti.

Nel frattempo, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, il Comune tentò una sanatoria formale della vicenda, approvando uno schema di transazione che riconosceva una nullità parziale degli accordi originari e proponeva un indennizzo in lire (mai erogato). A nulla valsero diffide formali presentate dalla parte privata nel 2008. Solo nel 2023, dopo decenni di inerzia, l’amministrazione decise di ricorrere alla procedura di acquisizione sanante ex art. 42-bis DPR 327/2001, assumendo formalmente la proprietà dell’area già occupata e costruita.

Advertisement - Pubblicità

L’acquisizione sanante e il nodo dell’indennizzo mancato

La decisione del Comune di procedere con l’acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del DPR 327/2001 ha riaperto la controversia su basi giuridiche più attuali, ma non meno complesse. Secondo questa norma, un ente pubblico può acquisire formalmente un bene già trasformato e utilizzato per fini di pubblica utilità, anche in assenza di un esproprio regolare, purché riconosca un equo indennizzo al proprietario. Tuttavia, nel caso in esame, il Comune ha deliberato l’acquisizione senza prevedere alcuna somma da corrispondere, sostenendo che i diritti edificatori concessi nel 1975 costituivano già un corrispettivo sufficiente.

I ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti, sostenendo che tale operazione configurasse una espropriazione indiretta, vietata sia dalla giurisprudenza nazionale sia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale richiede sempre un giusto indennizzo per la perdita della proprietà. La mancata trascrizione di un atto formale, la non completa fruizione dei diritti edificatori promessi, e il comportamento ondivago del Comune nel corso degli anni (a tratti riconoscendo la nullità degli accordi, a tratti considerandoli validi), secondo i ricorrenti avrebbero reso illegittima l’intera operazione.

Il TAR, tuttavia, ha escluso che si tratti di una espropriazione illegittima: l’indennizzo esiste, ma si concretizza nella possibilità edificatoria attribuita al privato. Pur se tale possibilità è stata ridotta rispetto agli accordi originari, resta comunque sufficiente – secondo i giudici – a giustificare l’assenza di un indennizzo monetario, demandando semmai al giudice ordinario la valutazione su eventuali compensi per i diritti edilizi non pienamente goduti.

Leggi anche: Abuso edilizio: il Comune può acquisire l’immobile gratuitamente e demolirlo

Advertisement - Pubblicità

Diritti edificatori come forma legittima di indennizzo

Il punto cruciale della decisione del TAR, con la sentenza n° 255/2025, sta nel riconoscere validità piena all’accordo urbanistico del 1975, che prevedeva, come controprestazione alla cessione del terreno, il rilascio di una licenza edilizia per costruire una casa di 160 mq. Sebbene quell’accordo fosse privo di forma notarile e mai trascritto, secondo i giudici esso costituiva un vero e proprio scambio negoziale tra pubblico e privato, e non un semplice impegno unilaterale. Dunque, il Comune non ha ricevuto l’area gratuitamente, ma ha compensato la cessione con una utilità concreta: la possibilità di edificare.

Nella ricostruzione del TAR, questa modalità di compensazione rientra nella logica della perequazione urbanistica, una pratica che consente agli enti pubblici di acquisire superfici per opere collettive riconoscendo in cambio potenzialità edificatorie. Pur mancando un’espressa codifica normativa, si tratta di una prassi legittima, soprattutto se storicamente consolidata e accettata da entrambe le parti. I giudici evidenziano che il privato ha effettivamente usufruito di una parte significativa di quei diritti edificatori, anche grazie a successivi condoni, arrivando a realizzare circa 145,8 mq sui 160 mq originariamente pattuiti.

Secondo questa prospettiva, la mancata erogazione di un indennizzo monetario non è sinonimo di esproprio illegittimo, poiché l’equivalente compensativo – anche se non in denaro – è stato garantito. L’eventuale differenza di 14,2 mq rispetto alla superficie edificabile originaria è da considerarsi, al massimo, una parziale inadempienza, che può generare un credito economico, ma non inficiava la legittimità dell’acquisizione sanante nel suo complesso.

Advertisement - Pubblicità

Usucapione, giurisdizione e carenza di interesse: le eccezioni respinte

Nel tentativo di difendere la propria posizione, il Comune ha sollevato diverse eccezioni procedurali, nella speranza di ottenere l’inammissibilità del ricorso. Una delle principali era fondata sulla presunta usucapione dell’area, in quanto da oltre vent’anni il bene era stabilmente utilizzato per finalità pubbliche.

Tuttavia, il TAR ha rigettato l’eccezione, ricordando che non è possibile “sanare” un procedimento espropriativo viziato facendo leva sull’usucapione, soprattutto se ciò comporta una forma di acquisizione indiretta, contraria alla giurisprudenza della CEDU.

Inoltre, i giudici hanno evidenziato che il computo del termine ventennale per l’usucapione non può iniziare prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del DPR 327/2001. Prima di quella data, infatti, mancava una base normativa che consentisse al privato di agire per il ripristino della proprietà. Di conseguenza, anche atti successivi del Comune, come la delibera del 2023 che riconosceva esplicitamente la proprietà privata dei terreni, hanno interrotto il decorso del termine, impedendo il consolidamento dell’usucapione.

Un’ulteriore eccezione riguardava il difetto di giurisdizione del TAR, sulla base del fatto che la controversia avrebbe avuto ad oggetto la quantificazione dell’indennizzo, tema di competenza del giudice civile. Anche questa argomentazione è stata respinta: il ricorso riguardava la legittimità dell’acquisizione sanante senza indennizzo, ossia un atto amministrativo ablativo, e quindi rientrante pienamente nella sfera di competenza del giudice amministrativo.

Infine, è stata rigettata anche l’eccezione per carenza di interesse a ricorrere, sollevata sulla base dell’asserita fruizione, da parte dei ricorrenti, dei diritti edificatori promessi. Il TAR ha chiarito che anche una parziale lesione del diritto di proprietà giustifica l’azione in giudizio, soprattutto se vi è un margine residuo di edificabilità non goduto.



Richiedi informazioni per Edilizia Urbanistica, Leggi e Normative, Notizie

Compila il form sottostante: la tua richiesta verrà moderata e successivamente inoltrata alle migliori Aziende del settore, GRATUITAMENTE!

Invia Richiesta

Articoli Correlati

Cosa si rischia alterando l’immobile in attesa del condono? la sentenza del TARCosa si rischia alterando l’immobile in attesa del condono? la sentenza del TAR

Cosa si rischia alterando l’immobile in attesa del condono? la sentenza del TAR

23/06/2025 08:39 - Il TAR Campania ha respinto il condono per trasformazioni edilizie successive alla domanda, ribadendo l’obbligo di conservare lo stato originario e l’insanabilità di abusi stratificati nel tempo.
TAGS: acquisizione gratuita, acquisizione sanante, diritti edificatori, diritto amministrativo, DPR 327/2001, esproprio indiretto, indennizzo esproprio, perequazione urbanistica, sentenza edilizia, TAR Lombardia, urbanistica comunale

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

Leggi tutti i miei articoli | Visita il mio profilo Linkedin

Edilizia.com è online dal 1998, il primo del settore in Italia!