Il TAR Lazio ha confermato la legittimità di un vincolo paesaggistico contro un impianto agri-voltaico, bilanciando tutela del paesaggio e sviluppo delle energie rinnovabili in area vincolata.
Un impianto agri-voltaico innovativo, progettato per integrarsi nell’ambiente agricolo e produrre energia rinnovabile, si scontra con un vincolo paesaggistico appena approvato. È quanto accaduto nel Viterbese, dove il Ministero della Cultura ha tutelato un’area vasta e suggestiva legata al sistema vulcanico di Latera.
La società proponente ha fatto ricorso, ma il TAR del Lazio ha confermato la legittimità del vincolo.
È possibile conciliare tutela ambientale e transizione ecologica? E qual è il limite tra valorizzazione del paesaggio e sviluppo sostenibile?
Proviamo a capirlo.
Sommario
La zona interessata dal provvedimento ministeriale si estende su sei comuni della Tuscia viterbese e racchiude un paesaggio di origine vulcanica dominato dalla caldera di Latera, con pendii, formazioni geologiche, corsi d’acqua e residui di antiche attività magmatiche. A questi elementi naturali si aggiungono coltivazioni, boschi e borghi storici che conferiscono all’intero ambito un’identità visiva e culturale unica.
Proprio questa commistione tra natura e presenza umana è alla base della dichiarazione di notevole interesse pubblico, adottata ai sensi degli articoli 136 e 138 del Codice dei Beni Culturali (D.lgs. 42/2004).
Secondo il Ministero, l’area conserva un’integrità paesaggistica rara, con visuali aperte e prospettive panoramiche che giustificano l’apposizione di un vincolo a carattere unitario. Non si tratta, quindi, della tutela di singoli elementi puntuali (come un edificio o un bosco isolato), ma di un “paesaggio identitario”, come definito dalla giurisprudenza, dove ogni porzione del territorio contribuisce alla qualità estetica complessiva.
Il vincolo non vieta in modo assoluto nuovi insediamenti o interventi infrastrutturali, ma modifica profondamente il regime autorizzativo. Per realizzare impianti – inclusi quelli da fonti rinnovabili – è ora necessario ottenere una valutazione paesaggistica preventiva e, in certi casi, anche sottoporsi a valutazione d’impatto ambientale (VIA). Inoltre, l’area non è più considerata “idonea” in base alla disciplina transitoria prevista dall’articolo 20, comma 8, del D.lgs. 199/2021, riducendo così i vantaggi procedurali previsti per i progetti FER.
Advertisement - PubblicitàLa società ricorrente, attiva nel settore delle energie rinnovabili, aveva avviato le pratiche autorizzative per realizzare un impianto agri-voltaico “avanzato” su terreni agricoli siti nei comuni di Valentano e Ischia di Castro. Si trattava di un progetto innovativo che prevedeva la coesistenza di coltivazioni agricole e produzione di energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici, integrati nel paesaggio rurale.
L’area, prima del vincolo, rientrava tra quelle “idonee” secondo la normativa transitoria vigente in materia di FER, beneficiando dunque di un percorso autorizzativo semplificato.
Con l’adozione del vincolo, però, la situazione è cambiata radicalmente: l’impianto non rientra più tra quelli esenti da valutazione ambientale e richiede ora autorizzazioni più complesse e onerose, con l’obbligo di dimostrare la compatibilità paesaggistica dell’intervento. Da qui la decisione dell’azienda di impugnare il decreto ministeriale, contestandone la legittimità sotto diversi profili.
Nel ricorso, la società ha lamentato principalmente un difetto di istruttoria, sostenendo che il Ministero non avrebbe valutato in modo approfondito le caratteristiche specifiche dell’area di progetto, da essa ritenuta già antropizzata, priva di pregio paesaggistico e distante dal cuore della caldera. Inoltre, secondo i ricorrenti, l’adozione del vincolo avrebbe avuto una funzione strumentale, finalizzata non tanto alla tutela effettiva del paesaggio, quanto all’impedimento generalizzato della realizzazione di impianti FER sul territorio.
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Advertisement - PubblicitàSecondo il Ministero della Cultura, il vincolo paesaggistico è stato adottato al termine di un’istruttoria approfondita, che ha tenuto conto non solo delle osservazioni pervenute in modo formale, ma anche di quelle presentate dalla società ricorrente attraverso un ricorso straordinario. Il TAR ha riconosciuto che, pur non essendo tenuta a farlo, l’amministrazione ha comunque analizzato le osservazioni tecniche della società, mostrando attenzione al principio di “favor partecipationis”.
La sentenza chiarisce un punto fondamentale: il vincolo paesaggistico non equivale a un divieto assoluto alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Piuttosto, impone una verifica più rigorosa della compatibilità degli interventi con i valori estetici, storici e ambientali dell’area.
Il TAR ha ritenuto legittima questa scelta, sottolineando che la tutela del paesaggio è un interesse primario e costituzionalmente protetto (art. 9 della Costituzione) e che può prevalere anche su esigenze legittime di sviluppo energetico, quando ciò sia giustificato da una valutazione tecnica coerente e motivata.
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La sentenza n° 10040/2025 del TAR Lazio ha inoltre respinto le accuse di sproporzione del vincolo: l’ampiezza dell’area protetta è stata considerata coerente con l’obiettivo di preservare l’integrità di un sistema paesaggistico unitario, formato da elementi geomorfologici, storici e panoramici interconnessi. Non è sufficiente – ha sottolineato il Tribunale – che una porzione dell’area sia priva di “intervisibilità” o vicina a infrastrutture esistenti per escluderla dalla tutela, se nel complesso contribuisce alla qualità percettiva del paesaggio.
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