Una sentenza del TAR Lazio chiarisce i limiti del controllo comunale su SCIA e CILAS, richiamando l’obbligo di vigilanza in caso di opere strutturali prive di verifica antisismica.

Negli ultimi anni, l’ondata di lavori incentivati dal Superbonus 110% ha generato un’impennata di interventi edilizi, spesso eseguiti in condomini, dove il confine tra proprietà esclusiva e parti comuni è tutt’altro che chiaro. In questo contesto, la recente sentenza del TAR Lazio affronta una vicenda emblematica che mette in discussione i limiti del potere di controllo delle amministrazioni comunali sui titoli edilizi semplificati come SCIA e CILAS.
La vicenda nasce dalla denuncia di alcuni proprietari di appartamenti, che contestavano a una vicina la realizzazione di pannelli fotovoltaici, l’apertura di un varco sulla facciata dell’edificio e l’installazione di una scala su aree che – secondo i ricorrenti – erano condominiali. Al centro della controversia: la legittimità delle autorizzazioni edilizie rilasciate sulla base di dichiarazioni ritenute non veritiere, e la presunta inerzia del Comune nel verificare tali dichiarazioni.
Ma il Comune ha davvero l’obbligo di verificare se chi presenta una SCIA o una CILAS sia effettivamente proprietario dell’area interessata dai lavori? Oppure può limitarsi a un controllo formale, lasciando ai tribunali civili il compito di risolvere le controversie tra condomini?
La sentenza che analizzeremo risponde a questi interrogativi con precisione, ma lascia anche spazio a riflessioni più ampie sul ruolo dell’amministrazione e sulla tutela dei diritti nel contesto dell’edilizia condominiale.
Sommario
Tutto ha inizio quando alcuni condomini scoprono che una proprietaria all’interno dello stesso edificio ha presentato una SCIA e una CILAS per realizzare una serie di lavori edilizi: tra questi, l’installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto, la trasformazione di una finestra in portafinestra e la costruzione di una scala esterna in ferro. Interventi che, secondo i ricorrenti, non potevano essere eseguiti senza il consenso dell’assemblea condominiale, poiché avrebbero riguardato aree comuni come il tetto, le facciate e le fondamenta.
Secondo la loro denuncia, i titoli edilizi erano stati ottenuti sulla base di dichiarazioni non veritiere circa la titolarità esclusiva delle aree oggetto di intervento. In particolare, contestavano che la richiedente avesse dichiarato di avere piena disponibilità delle superfici interessate, quando invece si trattava – a loro dire – di parti condominiali indivisibili, tutelate dall’art. 1117 del Codice Civile.
Non ricevendo risposta soddisfacente alle segnalazioni e diffide inviate all’amministrazione, i condomini hanno deciso di agire in giudizio, accusando il Comune di non aver verificato adeguatamente la legittimità dei titoli edilizi e di non aver attivato i poteri di autotutela previsti dalla normativa urbanistica in presenza di irregolarità o falsità dichiarative.
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Advertisement - PubblicitàUna delle domande centrali emerse in giudizio è se il Comune abbia l’obbligo di verificare – in fase di controllo su SCIA e CILAS – la veridicità delle dichiarazioni rese dal privato, in particolare sulla titolarità del bene oggetto di intervento. Secondo i ricorrenti, l’amministrazione avrebbe dovuto accertare se le aree interessate dai lavori fossero davvero in proprietà esclusiva della richiedente, oppure se appartenessero al condominio, come da loro sostenuto.
Il TAR Lazio, con la sentenza n. 16977/2025, ha chiarito che non spetta all’amministrazione comunale svolgere complesse indagini civilistiche sulla natura giuridica di tetti, facciate o altre parti strutturali dell’edificio. Il compito del Comune si limita a verifiche di tipo formale: deve controllare che vi sia un titolo apparente di legittimazione, come un atto di proprietà o una dichiarazione firmata dal richiedente, ma non è tenuto a stabilire se tali dichiarazioni corrispondano esattamente alla realtà giuridica dei luoghi.
In altre parole, quando vi sono contestazioni tra privati – come nel caso di lavori su parti comuni del condominio – la verifica sulla legittimità effettiva degli interventi spetta al giudice civile. L’amministrazione non può né deve entrare nel merito di rapporti condominiali complessi o regolamenti ambigui. Di conseguenza, secondo il TAR, non era configurabile un obbligo per Roma Capitale di verificare la natura condominiale delle aree, né tanto meno di sospendere o annullare i titoli edilizi in assenza di un accertamento giurisdizionale specifico.
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Advertisement - PubblicitàSe da un lato il TAR ha escluso un obbligo del Comune di accertare la natura condominiale delle aree oggetto di intervento, dall’altro ha riconosciuto una grave carenza istruttoria su un aspetto ben più rilevante sotto il profilo della sicurezza edilizia: l’abbattimento di una parete in cemento armato all’interno del locale tecnico (presumibilmente destinato a centrale termica), situato in prossimità di un’intercapedine di uso comune.
Secondo i ricorrenti, quell’intervento strutturale era stato eseguito senza la preventiva comunicazione al Genio Civile, come invece richiesto dall’art. 93 del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001) per tutti i lavori che possono incidere sulla staticità dell’edificio o interessare strutture portanti. La documentazione prodotta in giudizio ha mostrato che la richiesta di nulla osta sismico era stata presentata solo a lavori ultimati, circostanza su cui la Regione Lazio – Area Genio Civile aveva chiesto chiarimenti precisi all’amministrazione.
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Tuttavia, come evidenziato dal TAR, il Comune non ha mai risposto in modo puntuale a tale richiesta, limitandosi a riferire che “al momento del sopralluogo non vi erano lavori in corso” e che la documentazione era stata depositata sulla piattaforma Open Genio. Nessuna verifica è stata fatta, invece, per accertare se i lavori fossero iniziati prima della presentazione della richiesta, né se fossero coperti da un titolo edilizio valido.
Il TAR ha quindi censurato l’operato dell’amministrazione per difetto di istruttoria e motivazione, sottolineando che in presenza di interventi strutturali su edifici condominiali, il controllo tecnico è un obbligo e non una semplice facoltà.
Advertisement - PubblicitàLa decisione del TAR Lazio offre uno spunto importante per comprendere meglio quando scatta l’obbligo di intervento da parte dell’amministrazione comunale in materia edilizia, specie nell’ambito di titoli semplificati come SCIA e CILAS. Da un lato, conferma un principio consolidato: i rapporti tra privati, come le controversie tra condomini sulla titolarità delle parti comuni, non rientrano nella competenza del Comune, e vanno risolti in sede civile.
Dall’altro lato, però, la sentenza ribadisce con forza che il Comune non può rimanere inerte quando emergono criticità tecniche rilevanti, come l’esecuzione di opere strutturali senza il nulla osta sismico o senza il corretto titolo edilizio. In questi casi, anche in presenza di una SCIA o CILAS già depositata, l’amministrazione è tenuta ad avviare accertamenti e, se necessario, ad adottare misure repressive o richiedere integrazioni documentali.
Per i cittadini, questo significa che – in caso di lavori sospetti nel proprio condominio – è fondamentale documentare in modo puntuale ogni anomalia e inviare segnalazioni dettagliate. Ma è altrettanto importante sapere cosa si può realmente pretendere dal Comune, e quali sono i limiti della sua azione.
Per gli uffici tecnici comunali, invece, la sentenza rappresenta un monito: non basta una verifica di facciata, specie quando sono in gioco elementi strutturali o potenziali rischi per la sicurezza degli edifici. In tali situazioni, l’istruttoria deve essere completa, motivata e documentata, pena l’annullamento degli atti adottati e l’eventuale responsabilità per omissione.
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