La vendita di immobili ristrutturati con Superbonus può generare plusvalenze tassabili, soprattutto se ricevuti in donazione. Successione e abitazione principale sono le uniche condizioni che escludono l’imposizione.

Negli ultimi anni, il Superbonus ha rappresentato un’importante leva per la riqualificazione energetica e strutturale degli immobili in Italia, offrendo detrazioni fiscali significative fino al 110%. Tuttavia, con l’introduzione di nuove disposizioni nella Legge di Bilancio 2024, la cessione di immobili oggetto di interventi agevolati pone nuovi interrogativi, specialmente quando si tratta di immobili ricevuti in donazione.
Una recente risposta dell’Agenzia delle Entrate, contenuta nella Risoluzione n. 62 del 30 ottobre 2025, ha chiarito un caso emblematico: se un contribuente cede un immobile donato, oggetto di interventi Superbonus, la plusvalenza generata è tassabile? E cosa accade se l’immobile non è mai stato utilizzato come abitazione principale?
La risposta, sorprendente per molti, apre riflessioni importanti per chi intende vendere immobili ristrutturati con il Superbonus. Vuoi sapere quando scatta davvero la tassazione sulla plusvalenza?
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Sommario
Nel caso affrontato dalla Risoluzione n. 62/E del 2025, il contribuente ha ricevuto nel 2012 un immobile in donazione da sua madre, la quale a sua volta lo aveva ereditato per successione. Negli anni successivi, l’immobile è stato oggetto di interventi edilizi agevolati con il Superbonus, conclusi a dicembre 2024. È importante sottolineare che l’immobile non è mai stato utilizzato come abitazione principale.
Il contribuente, avendo intenzione di vendere l’immobile, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se la plusvalenza realizzata con la vendita debba essere tassata. La sua posizione iniziale era negativa: riteneva che non si dovesse pagare alcuna imposta, sostenendo che la provenienza ereditaria dell’immobile, anche se indiretta, ne escludesse la tassazione.
La risposta dell’Agenzia, però, è stata netta: la cessione dell’immobile è soggetta a tassazione della plusvalenza secondo l’articolo 67, comma 1, lettera b-bis) del TUIR, introdotto proprio dalla Legge di Bilancio 2024. La norma prevede che la plusvalenza sia imponibile in caso di vendita di immobili che:
Nel caso specifico, l’immobile era stato donato (non ereditato) e non utilizzato come abitazione principale: due condizioni che fanno scattare la tassazione.
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Advertisement - PubblicitàQuando si vende un immobile ristrutturato con il Superbonus, e ricorrono le condizioni per l’imponibilità previste dall’art. 67, comma 1, lett. b-bis) del TUIR, è necessario determinare l’ammontare della plusvalenza ai fini fiscali.
La plusvalenza imponibile è costituita dalla differenza tra il prezzo di vendita dell’immobile e il costo di acquisto o costruzione, aumentato degli eventuali costi inerenti. Tuttavia, quando l’immobile è stato ricevuto in donazione, il costo di acquisto non è quello sostenuto dal donatario (cioè chi vende), ma quello sostenuto dal donante, cioè dalla persona che ha donato l’immobile.
E qui arriva il punto più rilevante: le spese per gli interventi Superbonus non sempre possono essere computate per aumentare il valore iniziale dell’immobile e ridurre quindi la plusvalenza tassabile. In particolare:
In pratica, chi ha venduto l’immobile a breve distanza dai lavori (come nel caso della Risoluzione) si troverà a pagare le tasse su una plusvalenza potenzialmente elevata, perché non potrà dedurre i costi del Superbonus, pur non avendo sostenuto direttamente tali spese.
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Advertisement - PubblicitàNon tutte le vendite di immobili ristrutturati con il Superbonus danno origine a una plusvalenza tassabile. L’articolo 67, comma 1, lett. b-bis) del TUIR, come modificato dalla Legge di Bilancio 2024, prevede infatti due importanti esclusioni.
La tassazione della plusvalenza non si applica se l’immobile è stato ereditato, cioè acquisito per successione. Questo vale anche se sono stati effettuati lavori con il Superbonus e anche se la vendita avviene entro dieci anni dalla conclusione degli interventi. In questi casi, l’intento del legislatore è di non penalizzare chi ha ricevuto l’immobile per causa di morte.
Attenzione: questa esclusione non vale per le donazioni, come chiarito espressamente dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 62/2025. Dunque, tra successione e donazione esiste una netta differenza fiscale.
La seconda ipotesi di esclusione riguarda l’utilizzo dell’immobile: se l’immobile è stato adibito ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni precedenti la cessione, la plusvalenza non è imponibile.
Nel caso in cui siano trascorsi meno di dieci anni dall’acquisto o costruzione, è sufficiente che l’immobile sia stato utilizzato come abitazione principale per la maggior parte di quel periodo ridotto.
Anche qui, la ratio è chiara: il legislatore intende tutelare chi vende la casa in cui ha effettivamente vissuto, escludendolo dalla tassazione.
Nel caso analizzato dalla Risoluzione, nessuna delle due condizioni era rispettata: l’immobile era stato donato, non ereditato, e non era stato abitato come residenza principale. Da qui la tassazione della plusvalenza.
Advertisement - PubblicitàLa Risoluzione n. 62/2025 mette in luce un punto fondamentale che molti proprietari ignorano: vendere un immobile oggetto di lavori con il Superbonus può comportare il pagamento di tasse sulla plusvalenza, anche se si tratta di una casa ricevuta in donazione.
Con l’introduzione della nuova lettera b-bis) all’art. 67 del TUIR, è chiaro che l’Agenzia delle Entrate vigilerà attivamente sul rispetto di queste disposizioni. L’obiettivo è evitare operazioni speculative o trasferimenti “veloci” dopo interventi agevolati, che sfruttino il beneficio fiscale per ottenere guadagni immediati senza imposizione.
Per chi si trova in questa situazione, le domande da porsi sono:
In base alle risposte, si può valutare se la plusvalenza sarà tassabile o meno, e pianificare con attenzione la vendita.
È quindi consigliabile, prima di qualsiasi operazione, consultare un commercialista o un esperto fiscale, per evitare spiacevoli sorprese con il Fisco.
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