Cosa accade quando un balcone pericolante minaccia un’abitazione? L’ordinanza chiarisce responsabilità, distingue condensa da infiltrazioni e impone interventi urgenti ai proprietari, valorizzando la CTU e una ripartizione equilibrata delle spese.

Nel novembre 2025 il Tribunale di Velletri, con l’ordinanza del 17.11.2025 (R.G. 2025/56), è stato chiamato a pronunciarsi su una vicenda condominiale tutt’altro che rara ma spesso fonte di dubbi: il deterioramento dei balconi di un edificio e la presunta presenza di infiltrazioni nell’appartamento sottostante. I ricorrenti, preoccupati per la sicurezza della propria abitazione e per la continua caduta di materiale dai balconi superiori, avevano chiesto al giudice un intervento urgente ai sensi dell’art. 1172 c.c., denunciando un danno temuto in evoluzione.
La causa ha coinvolto anche il condominio, accusato di non aver eseguito i lavori deliberati anni prima, e ha portato alla nomina di un consulente tecnico d’ufficio, la cui analisi si è rivelata decisiva per orientare la decisione del giudice.
Il Tribunale, attraverso una motivazione articolata, ha chiarito cosa debba intendersi per pericolo grave e prossimo e ha tracciato i confini della responsabilità nella manutenzione dei balconi aggettanti, distinguendo nettamente tra ciò che compete ai singoli proprietari e ciò che può gravare sul condominio.
Ma quali elementi hanno convinto il giudice a rigettare una parte del ricorso e ad accoglierne un’altra? E soprattutto: quando un balcone pericolante costituisce davvero un danno temuto? Chi deve intervenire e a quali condizioni?
Domande cruciali per chi vive in condominio, alle quali l’ordinanza di Velletri offre risposte molto chiare.
Sommario
Per comprendere la decisione del Tribunale è fondamentale chiarire cosa sia davvero il danno temuto, previsto dall’art. 1172 del Codice Civile. Si tratta di uno strumento che permette al proprietario o possessore di un bene di chiedere l’intervento del giudice quando un’altra cosa — di proprietà altrui — minaccia di provocare un danno grave, imminente e ragionevolmente prevedibile.
Non occorre che il danno si sia già verificato: basta che vi sia un rischio concreto, un pericolo attuale, una situazione che lasci intuire che la cosa potrebbe deteriorarsi o provocare danni a breve. La giurisprudenza, richiamata anche nell’ordinanza del Tribunale, è costante: ciò che rileva è la prossimità del pericolo, non la certezza del danno.
Nel caso esaminato, i ricorrenti sostenevano che il degrado dei balconi soprastanti e le presunte infiltrazioni rappresentassero una minaccia concreta per la loro proprietà e persino per la salute di chi abita l’appartamento. Il giudice era quindi chiamato a verificare due profili distinti:
La risposta non è stata univoca, e proprio la distinzione tra infiltrazioni e ammaloramento strutturale ha determinato l’esito “a metà” del ricorso.
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Advertisement - PubblicitàUno snodo decisivo della vicenda è arrivato con la consulenza tecnica d’ufficio, disposta dal Tribunale per verificare l’origine delle macchie presenti sulle pareti interne dell’abitazione. I ricorrenti erano convinti che quelle alterazioni fossero provocate dall’acqua proveniente dai balconi soprastanti, già segnalati come ammalorati e oggetto di interventi d’urgenza dei Vigili del Fuoco.
Il tecnico nominato dal giudice ha però ribaltato completamente questa ricostruzione. Attraverso una campagna termografica effettuata con termocamera professionale, il CTU ha escluso ogni traccia riconducibile a infiltrazioni esterne: nessun alone caratteristico, nessuna mappa di umidità, nessuna efflorescenza salina. Al contrario, le indagini hanno evidenziato un quadro tipico degli ambienti in cui si sviluppa condensa interna, favorito da umidità elevata, scarsa aerazione e un’esposizione dell’abitazione poco soleggiata.
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In altre parole, quelle macchie tanto preoccupanti non derivavano da una cattiva manutenzione dei balconi dei vicini, ma da condizioni microclimatiche interne all’appartamento. Questo elemento ha portato il giudice a rigettare integralmente la domanda relativa alle infiltrazioni: non esisteva alcun nesso causale tra il degrado esterno e i fenomeni interni lamentati.
Una conclusione che ha inciso profondamente sull’esito finale del ricorso, ma che non ha chiuso la porta alla seconda parte della richiesta dei proprietari: quella riguardante l’ammaloramento dei balconi e il rischio di caduta di materiali.
Advertisement - PubblicitàSe sul fronte delle infiltrazioni il CTU ha escluso qualsiasi responsabilità dei vicini, diverso è stato l’esito dell’analisi sullo stato di conservazione dei balconi sovrastanti l’appartamento dei ricorrenti. Qui il tecnico ha rilevato un quadro di degrado esteso e preoccupante, caratterizzato da distacchi di intonaco, ferri di armatura affioranti, fessurazioni dei frontalini e deterioramenti visibili nei sottobalconi.
Non si trattava, dunque, di semplici segni del tempo, ma di un livello di ammaloramento tale da poter determinare la caduta di porzioni di materiale sulla sottostante proprietà e sulle aree comuni del condominio. Un pericolo tutt’altro che teorico: già in precedenza i Vigili del Fuoco erano intervenuti per rimuovere parti pericolanti, e successivamente anche l’amministratore aveva disposto lavori urgenti per mettere in sicurezza la facciata.
Il Tribunale ha rilevato che, nonostante una delibera condominiale avesse approvato da anni un piano di ristrutturazione complessivo dell’edificio, nessun intervento definitivo era stato avviato. Una situazione di inerzia che ha contribuito a trasformare un normale deterioramento in una condizione di rischio attuale e concreto, pienamente rientrante nella nozione di danno temuto prevista dall’art. 1172 c.c.
Per questa ragione, a differenza della questione sulle infiltrazioni, il giudice ha accolto la domanda relativa all’ammaloramento dei balconi: il pericolo esisteva ed era documentato, e la normativa impone di eliminarlo senza indugi.
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Advertisement - PubblicitàStabilito che il degrado dei balconi rappresentava un pericolo reale, il nodo successivo riguardava la responsabilità della manutenzione: spettava ai proprietari dei balconi sovrastanti o al condominio?
Per rispondere, il giudice ha richiamato la consolidata giurisprudenza della Cassazione sui balconi aggettanti, cioè quei balconi che sporgono rispetto alla facciata e non svolgono alcuna funzione portante o strutturale per l’edificio. Secondo gli orientamenti ormai costanti — tra cui le sentenze n. 14576/2004, n. 1156/2015 e n. 6624/2012 — questi manufatti sono considerati proprietà esclusiva dell’unità immobiliare cui accedono.
Di conseguenza, tutte le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, incluse quelle necessarie per eliminare situazioni di pericolo, ricadono sul proprietario del balcone, e non sul condominio. Solo alcune componenti possono rientrare nelle parti comuni: ad esempio, elementi decorativi del frontalino o del parapetto che contribuiscono all’aspetto architettonico della facciata. Ma non era questo il caso.
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Il Tribunale ha quindi stabilito che i proprietari dei balconi soprastanti devono farsi carico integralmente dei lavori di ripristino e messa in sicurezza indicati dal CTU. L’unica eccezione riguarda un dettaglio molto specifico: la sigillatura dei punti di fissaggio delle tende installate dai ricorrenti. Trattandosi di fori realizzati nell’intradosso del balcone superiore per consentire il fissaggio delle tende, il giudice ha ritenuto che questo intervento sia di competenza dei ricorrenti stessi.
Il resto degli interventi, però, resta totalmente in capo ai proprietari del balcone ammalorato. Una conferma importante per molti casi simili in ambito condominiale, dove spesso si tende ad attribuire al condominio spese che in realtà spettano al singolo.
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