La Cassazione chiarisce che l’assemblea condominiale non può imporre lavori sui balconi di proprietà privata: ecco cosa cambia per i condomini e come difendere i propri diritti.
Quando si parla di assemblee condominiali, il confine tra ciò che è di competenza comune e ciò che appartiene al singolo proprietario è spesso poco chiaro. La gestione di lavori straordinari, specie se coinvolgono anche parti private come balconi o terrazzi, può creare conflitti e contenziosi tra i condomini e l’amministratore. Un caso recente affrontato dalla Cassazione ha fatto luce proprio su questo punto: può l’assemblea condominiale deliberare lavori che riguardano parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini?
Scopriamo insieme cosa ha stabilito la Corte, quali sono le conseguenze di questa decisione per i proprietari e come tutelarsi se si teme che l’assemblea vada oltre i propri poteri.
Ti sei mai chiesto, ad esempio, chi risponde per un appalto deciso dall’assemblea sui tuoi balconi? O quali sono i tuoi diritti se non sei d’accordo con interventi sulla tua proprietà privata?
Sommario
Il nostro ordinamento regola in modo molto dettagliato il funzionamento delle assemblee condominiali attraverso gli articoli 1135 e 1137 del Codice Civile. L’assemblea è l’organo deputato a gestire i beni comuni dell’edificio: può deliberare lavori di manutenzione straordinaria, interventi di ristrutturazione, opere di conservazione o miglioramento che riguardino le parti comuni. In queste materie, le decisioni si assumono a maggioranza e vincolano tutti i condomini, anche i dissenzienti.
Ma quando si entra nel terreno dei beni di proprietà esclusiva — come possono essere i balconi, salvo i soli elementi strutturali comuni — la situazione cambia radicalmente. In questi casi, le scelte che riguardano la manutenzione ordinaria o straordinaria delle parti private non possono essere imposte dall’assemblea con il semplice voto di maggioranza, ma richiedono il consenso espresso dei rispettivi proprietari.
La giurisprudenza distingue con precisione tra annullabilità e nullità delle delibere:
Questo principio di distinzione, ribadito più volte dalla Cassazione, è fondamentale per tutelare i singoli proprietari da eventuali abusi o da delibere condominiali che sconfinano nelle loro sfere di proprietà individuale.
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Advertisement - PubblicitàLa vicenda oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione trae origine da due delibere assembleari adottate da un condominio di Salerno, riguardanti lavori straordinari di manutenzione. Con la prima delibera era stato incaricato un tecnico per redigere il computo metrico estimativo delle opere, comprendendo però anche interventi sui balconi e altre porzioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini. La seconda delibera, invece, aveva individuato e incaricato l’impresa appaltatrice per eseguire questi lavori, sempre coinvolgendo parti comuni e parti private.
Alcuni condomini, contrari a questa impostazione, avevano impugnato entrambe le delibere. Sostenevano che l’assemblea non potesse deliberare interventi riguardanti beni di loro esclusiva proprietà senza il loro consenso, e che non bastasse una semplice approvazione a maggioranza per incidere su proprietà individuali. Secondo i condomini dissenzienti, si trattava di una grave violazione delle regole condominiali.
Nonostante queste doglianze, il Tribunale prima e la Corte d’appello poi avevano respinto le loro richieste, sostenendo che:
In sostanza, i giudici territoriali avevano ritenuto che i condomini dissenzienti non avessero subito un vero pregiudizio e che, di conseguenza, non fosse configurabile un interesse attuale a contestare la validità delle delibere. Ma i ricorrenti hanno insistito fino in Cassazione, ritenendo che l’assemblea avesse travalicato le proprie attribuzioni e che la nullità della delibera potesse essere fatta valere in qualsiasi momento, proprio perché nessuna maggioranza può sostituirsi alla volontà dei proprietari esclusivi.
Advertisement - PubblicitàLa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5528 del 2025, ha accolto il ricorso dei condomini dissenzienti, ribaltando integralmente le decisioni dei giudici di merito. I supremi giudici hanno stabilito che le delibere assembleari che riguardano beni di proprietà esclusiva dei singoli condomini — come i balconi oggetto della vicenda — devono ritenersi radicalmente nulle.
Secondo la Corte, l’assemblea può deliberare soltanto sugli interventi che riguardano le parti comuni dell’edificio, essendo questo l’ambito delle sue attribuzioni. Qualsiasi decisione che incida su beni di proprietà individuale, senza il consenso dei rispettivi titolari, è viziata da nullità perché travalica i poteri dell’assemblea stessa. La Cassazione ha ricordato che, come già affermato in altre pronunce di legittimità, la nullità colpisce le delibere aventi un oggetto giuridicamente impossibile: in questo caso, la gestione di beni estranei al patrimonio condominiale.
Di conseguenza, la delibera contestata dai condomini dissenzienti non era soggetta al termine di 30 giorni previsto dall’articolo 1137 del Codice Civile per le delibere annullabili, ma poteva essere impugnata senza limiti temporali. Il condominio, infatti, non può imporre con un voto assembleare lavori sulle parti private dei singoli proprietari, né può obbligarli a partecipare a decisioni che esulano dalla gestione comune.
In ragione di questi principi, la Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d’appello e rinviato la causa per un nuovo esame, affinché il giudice di merito rivaluti la vicenda tenendo conto dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 5528/2025.
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