Il TAR conferma la sanzione per mancato rispetto del vincolo urbanistico “prima casa”. La residenza diventa condizione edilizia vincolante. In attesa di perizia tecnica per definire l’importo finale.

Comprare una casa in una località turistica può sembrare un investimento sicuro o una scelta di vita. Ma cosa succede se quella casa è vincolata a essere una “prima casa” e chi la compra non vi trasferisce mai la residenza? È quello che è accaduto a una coppia di acquirenti stranieri che, dopo aver comprato un’abitazione a Limone sul Garda, non hanno rispettato l’obbligo di diventare residenti nel Comune entro 90 giorni, come invece previsto da una convenzione urbanistica accettata al momento della compravendita.
Per questa violazione, il Comune ha applicato una pesante sanzione di oltre 193.000 euro, calcolata in base all’aumento di valore dell’immobile, considerato utilizzato come “seconda casa”.
I proprietari hanno fatto ricorso, sostenendo di non aver cambiato destinazione d’uso, ma il TAR della Lombardia – Sezione di Brescia, con sentenza n. 955/2025, ha confermato la piena legittimità del provvedimento sanzionatorio, almeno nella sua prima parte.
Ma cosa stabilisce davvero questa sentenza? Quando il mancato trasferimento di residenza può costituire un abuso edilizio? E quali responsabilità ha chi compra un immobile con vincoli particolari?
Scopriamolo nei prossimi paragrafi.
Sommario
Il cuore della vicenda si trova in una precisa scelta urbanistica del Comune coinvolto, una strategia che negli anni ha preso forma per rispondere a un fenomeno sempre più diffuso nei piccoli centri turistici: il progressivo svuotamento dei paesi a favore di seconde case, spesso utilizzate solo per pochi mesi all’anno.
Per contrastare questo squilibrio e garantire una crescita sostenibile, il Comune ha inserito nel proprio Piano di Governo del Territorio (PGT) un principio chiaro: contenere il consumo di suolo riservando le nuove edificazioni alle esigenze abitative dei residenti, escludendo l’uso turistico delle abitazioni di nuova costruzione.
In particolare, l’ambito di intervento interessato dal caso (denominato “ADT3”) prevedeva la realizzazione di sei unità immobiliari, ma con un vincolo sostanziale e vincolante: le abitazioni dovevano essere destinate a prima casa per residenti nel Comune. Questo vincolo non era generico: veniva formalizzato in una convenzione urbanistica sottoscritta tra Comune e privati, poi trascritto nei singoli atti di compravendita e accettato espressamente dagli acquirenti. La clausola prevedeva l’obbligo, per chi acquistava, di trasferire la residenza entro 90 giorni e adibire l’immobile a dimora principale.
Il Comune ha giustificato questa scelta pianificatoria con dati e obiettivi concreti: il calo della popolazione residente, il caro-affitti stagionale, l’eccessiva pressione turistica e il rischio di trasformare l’intero tessuto urbano in un grande residence stagionale. È in questo contesto che la residenza non è più solo un fatto anagrafico, ma diventa una condizione urbanistica essenziale per l’edificabilità e l’utilizzo legittimo dell’immobile.
Advertisement - PubblicitàNonostante gli obblighi accettati al momento dell’acquisto, i proprietari dell’immobile – cittadini stranieri con residenza all’estero – non hanno trasferito la propria residenza nel Comune entro i termini previsti, né successivamente. Dopo vari solleciti rimasti senza risposta, l’amministrazione comunale ha attivato un procedimento sanzionatorio basato sull’articolo 53 della Legge Regionale Lombardia n. 12/2005, norma che prevede una sanzione pecuniaria nei casi di mutamento di destinazione d’uso non conforme alla pianificazione urbanistica, anche in assenza di opere edilizie.
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La cifra richiesta dal Comune – ben 193.652,10 euro – è stata calcolata attraverso una perizia tecnica, che ha stimato l’aumento del valore venale dell’immobile determinato dalla sua illegittima trasformazione da “prima casa” a “seconda casa”. Secondo la logica dell’Ufficio Urbanistica, venendo meno il vincolo di residenza, l’immobile sarebbe diventato appetibile anche per il mercato turistico, aumentando notevolmente il suo valore e la platea dei potenziali acquirenti.
In sostanza, non cambiare la residenza è stato considerato un cambio di destinazione d’uso abusivo, punibile con una sanzione proporzionale al vantaggio economico derivante dall’uso improprio del bene.
Advertisement - PubblicitàI proprietari hanno impugnato la sanzione davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, sostenendo che non vi sarebbe stato alcun reale mutamento di destinazione d’uso, perché l’immobile era sempre rimasto a uso residenziale. Secondo la loro tesi, l’obbligo di trasferire la residenza non avrebbe inciso sulla funzione urbanistica dell’edificio, che non era stato trasformato né in struttura ricettiva, né in locale commerciale.
Inoltre, facevano notare che il bene non era stato messo a reddito né utilizzato per locazioni turistiche, ma semplicemente non era stato abitato stabilmente.
Ma il TAR ha respinto integralmente queste argomentazioni. Il giudice ha chiarito che, pur non cambiando formalmente la categoria funzionale dell’immobile (che restava “residenziale”), i proprietari avevano violato un vincolo urbanistico specifico e dettagliato: quello di adibire l’abitazione a prima casa per residenti.
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Tale vincolo, inserito nel PGT e nelle convenzioni urbanistiche, non può essere ridotto a un semplice obbligo anagrafico: è parte integrante della disciplina edilizia e pianificatoria del territorio, ed è quindi giuridicamente vincolante.
Il Tribunale ha inoltre osservato che gli acquirenti avevano accettato espressamente il vincolo all’atto della compravendita, senza mai impugnare né le norme del PGT né le clausole della convenzione. Di conseguenza, hanno implicitamente riconosciuto la legittimità di quelle condizioni e non possono ora contestarne l’applicazione.
Advertisement - PubblicitàSe da un lato il TAR ha confermato la legittimità della sanzione per violazione del vincolo urbanistico, dall’altro ha deciso di non pronunciarsi ancora sull’importo esatto della sanzione, accogliendo – in parte – le obiezioni dei ricorrenti. Questi ultimi, infatti, hanno contestato il metodo con cui il Comune ha determinato l’aumento di valore dell’immobile: secondo la difesa, la perizia comunale sarebbe approssimativa, basata su dati generici (come le quotazioni OMI) e non confrontata con immobili soggetti allo stesso tipo di vincolo.
Il TAR ha ritenuto fondata l’esigenza di un accertamento più rigoroso e ha disposto una verificazione tecnica indipendente, affidata all’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Brescia. Il perito dovrà calcolare due diversi valori di mercato dell’immobile alla data della sanzione: uno considerando il vincolo di “prima casa” riservata ai residenti, l’altro ipotizzando che l’immobile fosse privo di tale vincolo, e dunque liberamente commerciabile sul mercato turistico.
Sarà quindi questa perizia, attesa entro aprile 2026, a determinare se la sanzione sia proporzionata o eccessiva. La decisione definitiva è fissata per giugno 2026. Solo allora si saprà se l’importo di quasi 200.000 euro sarà confermato, ridotto o eventualmente corretto.
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