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Opere abusive: come si calcola la sanzione? Lo spiega il Consiglio di Stato

Una sentenza chiarisce i criteri per valutare il valore delle opere abusive: il metodo MCA, la discrezionalità tecnica dell’amministrazione e l’irrilevanza di danni successivi all’abuso edilizio.

Opere abusive: come si calcola la sanzione? Lo spiega il Consiglio di Stato Opere abusive: come si calcola la sanzione? Lo spiega il Consiglio di Stato
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Il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato su una vicenda che tocca un tema cruciale per il mondo dell’edilizia: la determinazione della sanzione pecuniaria prevista per gli abusi edilizi. In particolare, la controversia nasce dalla contestazione, da parte di una società proprietaria di un immobile a destinazione produttiva, della cifra richiesta dal Comune a titolo di sanzione per opere eseguite in difformità rispetto ai titoli edilizi.

Al centro del dibattito vi era il metodo utilizzato per stimare il valore delle opere abusive, i criteri tecnici adottati dall’Agenzia delle Entrate, e la possibilità (o meno) di tenere conto di eventi straordinari come i danni da alluvione. Il Consiglio di Stato, con una sentenza articolata e densa di chiarimenti tecnici, ha rigettato tutte le doglianze dell’appellante, tracciando una linea guida chiara per le valutazioni future.

Ma quali sono i criteri da seguire per determinare il valore di un abuso edilizio? E in che misura la destinazione d’uso, la tipologia impiantistica o lo stato manutentivo incidono sulla stima finale?

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La vicenda: un abuso edilizio contestato e una sanzione da oltre 300mila euro

La vicenda giudiziaria nasce da un contenzioso tra un’amministrazione comunale e una società proprietaria di un immobile a destinazione produttiva, oggetto di un intervento edilizio non conforme ai titoli rilasciati. A seguito di un accertamento, il Comune ha emesso un’ordinanza sanzionatoria imponendo una sanzione amministrativa pari a 325.000 euro, calcolata ai sensi dell’art. 34, comma 2, del D.P.R. 380/2001. Il valore della sanzione è stato determinato dall’Agenzia delle Entrate sulla base del valore venale delle opere abusive realizzate sull’immobile.

Secondo la società, il calcolo sarebbe stato errato per diverse ragioni.

In primo luogo, contestava la valutazione attribuita alla “tipologia architettonica” dell’edificio, sostenendo che si trattasse di un semplice capannone industriale simile ad altri presenti nella zona e non di particolare pregio, come invece ritenuto dai tecnici incaricati. In secondo luogo, lamentava un’eccessiva valorizzazione della dotazione impiantistica e uno scorretto inquadramento dello stato di manutenzione dell’immobile, ritenuto “ottimo” nonostante i danni subiti da un’alluvione nel 2014.

Altro punto cruciale del ricorso riguardava la scelta del prezzario DEI per stimare i costi delle opere di completamento: la società riteneva più adeguato l’uso del prezziario regionale, sostenendo che il DEI non considerasse alcune lavorazioni specifiche (come sistemi di smaltimento acque o interventi post-alluvione). Infine, veniva sollevata una questione più generale: l’Agenzia avrebbe valorizzato l’immobile come se fosse già destinato a uso commerciale (supermercato), pur essendo, secondo la società, ancora un capannone a uso artigianale.

Dopo il rigetto del ricorso da parte del TAR, la società ha presentato appello al Consiglio di Stato, chiedendo la riforma della sentenza e, in subordine, l’avvio di una consulenza tecnica d’ufficio per riesaminare il valore venale delle opere.

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Il metodo di stima contestato e confermato: il Market Comparison Approach (MCA)

Uno degli aspetti centrali del ricorso riguardava la metodologia con cui l’Agenzia delle Entrate ha determinato il valore delle opere abusive. È stato infatti applicato il cosiddetto Market Comparison Approach (MCA), un sistema di stima ampiamente riconosciuto a livello internazionale, basato sul confronto tra immobili simili (i cosiddetti comparables). Il procedimento consiste nell’attribuire un valore all’immobile abusivo confrontandolo con altri immobili della stessa tipologia e destinazione, adeguando il prezzo in base alle differenze qualitative e quantitative riscontrate.

La società ricorrente ha cercato di mettere in discussione la bontà del confronto, sostenendo che i comparables non fossero realmente assimilabili al proprio immobile. In particolare, ha sottolineato l’assenza di informazioni chiare sulle dotazioni impiantistiche e sullo stato manutentivo degli immobili utilizzati per il paragone. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha respinto queste critiche, affermando che l’uso del metodo comparativo è del tutto legittimo, a patto che i dati utilizzati siano sufficientemente omogenei — come avvenuto in questo caso.

La sentenza ha precisato che il valore è stato stimato considerando l’immobile come completato e pronto all’uso, e solo successivamente sono stati detratti i costi delle opere mancanti. Questo approccio ha consentito una valutazione dinamica e coerente con il mercato, rendendo inutile ogni ulteriore perizia. Il fatto che l’immobile fosse qualificato come “tipico” non escludeva, secondo i giudici, la possibilità che presentasse elementi di qualità superiori rispetto ai comparabili.

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Destinazione d’uso e danni successivi: perché non incidono sulla sanzione

Un’altra linea di difesa adottata dalla società riguardava il presunto errore nell’attribuire all’immobile una valutazione coerente con una destinazione commerciale (nello specifico, un supermercato), quando in realtà il fabbricato era originariamente destinato a uso produttivo-artigianale. A detta della ricorrente, tale impostazione avrebbe gonfiato artificiosamente il valore dell’opera abusiva, poiché avrebbe incluso finiture e impianti di qualità superiore, tipici delle strutture aperte al pubblico.

Il Consiglio di Stato ha però ritenuto del tutto legittimo valutare l’immobile come un edificio ad uso commerciale, dal momento che era quella la destinazione reale impressa dagli interventi edilizi eseguiti in difformità. In altri termini, ciò che conta ai fini sanzionatori non è la destinazione prevista nei titoli edilizi, ma quella effettivamente realizzata attraverso l’abuso.

Altrettanto infondate sono state considerate le doglianze legate ai danni da alluvione, che la società chiedeva di considerare nella stima per ridurre il valore venale. Il Consiglio ha chiarito che tali eventi sono successivi alla realizzazione delle opere abusive e non rilevanti nella determinazione della sanzione, che deve basarsi sul valore dell’immobile al momento della commissione dell’abuso. Inoltre, non è emersa alcuna documentazione che dimostrasse interventi straordinari di ripristino a seguito dell’evento calamitoso.

Leggi anche: Distanza edifici dai confini: si guarda la zona omogenea, non la destinazione d’uso

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Prezziario dei o regionale? la scelta spetta all’amministrazione

Tra i punti più tecnici e discussi del ricorso c’è stata la contestazione dell’uso del prezziario DEI (Documenti Economici Italiani), impiegato dall’Agenzia delle Entrate per stimare i costi necessari al completamento delle opere edilizie. Secondo la società appellante, tale prezziario sarebbe meno aderente alla realtà locale rispetto a quello regionale, e non terrebbe conto di alcune lavorazioni specifiche (come vasche di raccolta delle acque o impermeabilizzazioni).

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha confermato che la scelta del prezziario rientra nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione, purché motivata e non arbitraria. Nel caso di specie, l’Agenzia ha spiegato di aver optato per il DEI in quanto considerato “letteratura tecnica di settore”, largamente riconosciuta a livello nazionale. La motivazione, seppur sintetica, è stata ritenuta sufficiente e legittima.

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Inoltre, il Collegio ha precisato che le opere escluse dal computo – come quelle post-alluvione o legate alla trasformazione in punto vendita – non erano rilevanti ai fini della sanzione, poiché riferite a interventi successivi e non strettamente necessari al completamento dell’edificio al grezzo. Anche su questo punto, quindi, il Consiglio ha confermato la bontà della stima effettuata, rigettando l’idea che il prezziario regionale debba avere una sorta di primato gerarchico rispetto ad altri strumenti valutativi.

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Sanzione confermata, ricorso respinto

Alla luce delle argomentazioni esposte, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4971/2025 ha confermato integralmente la decisione del TAR, ritenendo infondati tutti i motivi di appello. In particolare, ha ritenuto corretta la metodologia utilizzata per stimare il valore delle opere abusive, così come legittima la scelta tecnica del prezziario adottato. Le valutazioni critiche sollevate dalla società sono state considerate mere opinioni di merito, non supportate da elementi tecnici in grado di invalidare il procedimento seguito dall’Agenzia delle Entrate.

La sentenza ha inoltre chiarito che, nella determinazione della sanzione prevista dall’art. 34 del Testo Unico dell’Edilizia, non rilevano eventi successivi alla realizzazione dell’abuso, né la successiva destinazione d’uso attribuita all’immobile da parte del proprietario. Conta esclusivamente il valore venale delle opere realizzate in difformità, calcolato secondo criteri di mercato e nel rispetto della comparabilità tra immobili simili.

Con questa pronuncia, il Consiglio di Stato offre un punto fermo su una materia spesso oggetto di controversie: la stima delle opere abusive è un’attività tecnico-discrezionale, ma deve rispondere a criteri oggettivi e trasparenti. E se questi criteri vengono rispettati, le contestazioni generiche o prive di riscontri oggettivi non possono prevalere.



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TAGS: abusi edilizi, consiglio di stato, DPR 380/2001, edilizia commerciale, MCA, prezziario DEI, ricorso amministrativo, sanzioni edilizie, stima opere abusive, valore venale immobili

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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