La fiscalizzazione dell’abuso edilizio non si applica in zona paesaggisticamente vincolata. La demolizione resta obbligatoria quando l’opera è priva di titolo e ricade in ambiti protetti.
Nel panorama dell’edilizia italiana, uno degli argomenti più discussi – e spesso fraintesi – è quello della fiscalizzazione dell’abuso edilizio. In molti credono che, una volta costruito un immobile abusivo, basti pagare una sanzione amministrativa per “mettersi in regola” ed evitare la demolizione. In realtà, la legge prevede questa possibilità solo in casi ben precisi, e non sempre il pagamento può sostituire la demolizione
Una recente sentenza del TAR Campania ha confermato con chiarezza che la fiscalizzazione non è ammessa in presenza di vincoli paesaggistici, anche quando la demolizione comporterebbe un danno per parti regolari dell’edificio. In altre parole: in certi casi, non si può proprio scendere a compromessi.
Ma in quali situazioni è davvero possibile sostituire la demolizione con una multa? E quando invece la demolizione diventa inevitabile, anche se l’immobile è stato realizzato anni prima?
Sommario
La fiscalizzazione di un abuso edilizio è una misura prevista dall’art. 34, comma 2, del DPR 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). Si tratta di una sanzione pecuniaria che può essere applicata in sostituzione della demolizione dell’opera realizzata in parziale difformità dal titolo abilitativo. In pratica, l’amministrazione può decidere di non abbattere l’opera, ma di imporre al proprietario il pagamento di una somma in denaro.
Attenzione, però: non si tratta di un “condono automatico”, né di una scorciatoia per sanare qualunque abuso. La norma è chiara: la fiscalizzazione può essere applicata solo se la demolizione non può avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte conforme dell’edificio. In questi casi, per evitare danni strutturali, si consente di lasciare l’opera com’è e di applicare una sanzione più pesante in proporzione al valore dell’intervento abusivo.
Condizioni fondamentali per applicare la fiscalizzazione:
Quando anche solo una di queste condizioni viene meno, la fiscalizzazione non può essere concessa e l’unico sbocco legittimo è la demolizione.
Advertisement - PubblicitàUno dei limiti più rigidi all’applicazione della fiscalizzazione dell’abuso è la presenza di vincoli paesaggistici. La normativa e la giurisprudenza amministrativa sono unanimi: in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, qualunque intervento edilizio eseguito senza autorizzazione viene considerato in totale difformità, anche se apparentemente parziale. Questo perché la rilevanza dell’illecito non dipende solo dall’entità delle opere, ma anche dal contesto in cui sono state realizzate.
Il riferimento normativo chiave è l’art. 32, comma 3, del DPR 380/2001: tutti gli interventi edilizi in zona vincolata – anche quelli solo parzialmente difformi – sono considerati “variazioni essenziali” e quindi abusivi a tutti gli effetti. In questi casi, non si può invocare l’art. 34, e la demolizione resta l’unico strumento legittimo a disposizione dell’amministrazione.
La ragione di questo rigore è chiara: i vincoli paesaggistici non tutelano solo il decoro urbanistico, ma valori costituzionali come il paesaggio, l’ambiente e il patrimonio storico-culturale. Per questo motivo, non è possibile derogare con una sanzione pecuniaria. Anche se la demolizione comporta sacrifici economici o rischi per parti dell’edificio conformi, la legge non ammette eccezioni.
Leggi anche: Condono edilizio negato: il TAR Lazio conferma il vincolo paesaggistico come limite insormontabile
Advertisement - PubblicitàLa sentenza del TAR Campania n. 4974/2025 rappresenta un caso emblematico di applicazione rigorosa del divieto di fiscalizzazione in zona vincolata. Il ricorso riguardava un fabbricato realizzato senza alcun titolo abilitativo in un’area soggetta a vincolo paesaggistico, nel territorio comunale di Lacco Ameno, sull’isola di Ischia. L’immobile, circa 112 mq di superficie e 3,20 metri di altezza, era stato completamente ultimato e destinato a uso abitativo.
A seguito di accertamenti da parte dell’ufficio tecnico comunale, è emersa la totale assenza di permesso di costruire. Nonostante ciò, la proprietaria aveva tentato di evitare la demolizione invocando l’applicazione dell’art. 34 del DPR 380/01, sostenendo che l’abbattimento avrebbe compromesso anche porzioni dell’edificio eseguite in modo conforme, o comunque coinvolto strutture non facilmente separabili.
Il TAR ha rigettato con decisione questa linea difensiva, richiamando una giurisprudenza consolidata: in presenza di un vincolo paesaggistico, non si può parlare di difformità parziale, ma solo di abuso totale. Di conseguenza, non può essere applicata la sanzione pecuniaria sostitutiva della demolizione. Anche l’argomentazione relativa a un condono pendente per un edificio su un terreno confinante è stata considerata irrilevante.
In sostanza, il Tribunale ha confermato che la demolizione è l’unica risposta legittima a un’opera abusiva in zona vincolata, senza possibilità di compromessi.
Advertisement - PubblicitàLa vicenda esaminata dal TAR Campania mette in luce una distinzione fondamentale nel diritto urbanistico: non tutti gli abusi edilizi sono sanabili. Di conseguenza, non tutti sono fiscalizzabili. Pensare di “salvare” un immobile abusivo semplicemente pagando una multa è un equivoco pericoloso, alimentato da una diffusa confusione tra fiscalizzazione, sanatoria e condono.
Un abuso edilizio è fiscalizzabile solo quando è formalmente irregolare, ma sostanzialmente compatibile con gli strumenti urbanistici e con la normativa vigente. Deve trattarsi di un intervento parzialmente difforme da un permesso valido, e in un’area non soggetta a vincoli speciali. Se invece l’intervento:
allora si parla di abuso insanabile, per il quale né il condono, né la fiscalizzazione, né la sanatoria ordinaria possono intervenire.
La legge non ammette sanatorie per opere che alterano in modo permanente il territorio protetto. In questi casi, la demolizione non è una scelta discrezionale, ma un atto dovuto. E anche quando le strutture abusive risultano vecchie, ben rifinite o stabilmente abitate, l’illegittimità rimane fino a quando non vi sia un titolo abilitativo regolare, che però – come nel caso esaminato – è impossibile ottenere.
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