Un garage trasformato in casa senza permessi scatena un contenzioso: il TAR conferma la demolizione per abuso edilizio. Il cambio d’uso urbanisticamente rilevante impone titolo abilitativo specifico.
Negli ultimi anni, sempre più cittadini scelgono di valorizzare ogni metro quadro delle proprie abitazioni, trasformando locali seminterrati, cantine e garage in spazi abitabili. Una soluzione spesso adottata per ottenere nuove stanze, miniappartamenti o ambienti accessori senza costruire nuovi volumi.
Ma fino a che punto è possibile farlo nel rispetto della legge? E soprattutto: cosa accade quando il Comune ritiene che quei lavori siano andati oltre i limiti della normativa urbanistica?
Una recente sentenza del TAR del Lazio ha acceso i riflettori su un caso esemplare. Un piano seminterrato trasformato in soggiorno e cucina, un box auto spostato e ridestinato, e un’ordinanza di demolizione imposta all’attuale proprietario. Il tutto, nonostante le dichiarazioni in atti notarili e le SCIA presentate.
Ma quando una ristrutturazione diventa abuso edilizio? E quali sono i veri rischi, anche per chi compra un immobile solo in apparenza “regolare”?
Sommario
Tutto nasce da una serie di lavori edilizi realizzati in un villino romano, regolarmente dichiarati tramite SCIA e altri titoli edilizi alternativi al permesso di costruire. I lavori comprendevano la modifica di alcuni spazi interni, l’aggiunta di una piccola piscina, la riorganizzazione del garage e la trasformazione di un locale cantina. Apparentemente nulla di straordinario, se non fosse che il piano ritenuto “interrato” è stato convertito, secondo quanto accertato dal Comune, in spazio residenziale vero e proprio, con tanto di impianti per la cucina e arredi da soggiorno.
A seguito di un sopralluogo effettuato dalla Polizia Locale e dai tecnici municipali, l’Amministrazione ha rilevato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato e un aumento della superficie abitabile e della volumetria complessiva, ritenendo che i lavori fossero abusivi.
È così scattata l’ingiunzione a demolire le opere entro 60 giorni.
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La proprietaria ha fatto ricorso, sostenendo che il piano non fosse realmente interrato, che non ci fosse stato alcuno sbancamento e che non fosse avvenuto un vero aumento volumetrico. Ma per i giudici amministrativi, questi elementi non sono bastati a scardinare le risultanze documentali e i rilievi tecnici del Comune.
Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 8969 del 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto il ricorso presentato dalla proprietaria dell’immobile, confermando la legittimità dell’ordinanza comunale di demolizione. Il giudice ha riconosciuto la sussistenza di un abuso edilizio legato alla trasformazione di locali non residenziali (garage e cantina) in ambienti a uso abitativo, avvenuta senza permesso di costruire.
La ricorrente sosteneva che il piano seminterrato fosse sempre stato “fuori terra” e che non ci fosse stato né aumento di volumetria né mutamento di destinazione urbanisticamente rilevante. Ma per il TAR, queste argomentazioni non trovano riscontro negli atti. Al contrario, dalla documentazione fotografica, dai sopralluoghi tecnici e dalle planimetrie depositate, è emersa una reale trasformazione d’uso, con installazione di impianti da cucina e arredi da soggiorno, tipici di spazi abitativi.
Il giudice ha richiamato l’art. 23-ter del D.P.R. 380/2001, che considera urbanisticamente rilevante ogni cambio d’uso tra diverse categorie funzionali (residenziale, commerciale, direzionale, ecc.), anche se effettuato senza opere. In questo caso, il passaggio da uso accessorio (C/2 o C/6) a residenziale (A/2 o simili) comporta aumento del carico urbanistico: più residenti, più consumi, maggiore impatto su parcheggi e servizi pubblici.
La SCIA presentata, secondo il TAR, non era sufficiente: per interventi di tale natura serve un permesso di costruire, previsto dall’art. 10 del medesimo D.P.R. n. 380/2001. Il Tribunale ha inoltre richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali, confermando che la trasformazione di un piano interrato in spazio abitativo configura un intervento di ristrutturazione edilizia “pesante”, e dunque soggetto a titoli abilitativi più rigorosi.
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Advertisement - PubblicitàIl cambio di destinazione d’uso è uno degli aspetti più delicati del diritto edilizio. Secondo l’art. 23-ter del D.P.R. 380/2001, è considerato urbanisticamente rilevante ogni passaggio tra le diverse categorie funzionali individuate dalla legge: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva/direzionale, commerciale e rurale.
Quando, ad esempio, si trasforma un garage o una cantina in un ambiente residenziale – come avvenuto nel caso in esame – non basta una SCIA, anche se non si realizzano opere edilizie visibili.
In questi casi, è necessario un permesso di costruire, perché il mutamento incide sulla funzione stessa dell’immobile e sui suoi effetti sul territorio. Non è solo una questione formale: ciò comporta un aumento della superficie abitabile, un nuovo carico urbanistico (più servizi pubblici, più traffico, maggiore consumo di risorse) e può alterare gli equilibri previsti dal piano regolatore.
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La giurisprudenza amministrativa e anche penale ha più volte ribadito che trasformare una cantina o un box in un appartamento è una variazione sostanziale, soggetta a sanzioni pesanti se fatta senza titolo abilitativo: dalla multa fino alla demolizione delle opere. Questo vale anche se il locale ha già caratteristiche “potenzialmente abitabili”, come altezza sufficiente o finestre.
Advertisement - PubblicitàUno degli aspetti più sorprendenti – e meno conosciuti – delle norme in materia edilizia è che la responsabilità per un abuso non si esaurisce con chi lo ha materialmente commesso. La legge e la giurisprudenza costante stabiliscono che l’ordine di demolizione può essere rivolto anche al soggetto che ha la disponibilità materiale dell’immobile, come un proprietario successivo, un affittuario o chiunque utilizzi effettivamente lo spazio.
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Nel caso in esame, il TAR ha richiamato numerose sentenze (anche dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato) che chiariscono come la demolizione sia una misura reale e oggettiva, non una sanzione personale.
In altre parole, non serve accertare chi ha realizzato l’abuso, perché l’obiettivo dell’ordinanza è semplicemente quello di ripristinare la legalità urbanistica violata.
Ciò significa che anche chi compra in buona fede un immobile con irregolarità rischia di dover demolire opere non autorizzate e farsi carico dei costi. Per questo è fondamentale, prima di acquistare un immobile, verificare la conformità urbanistica e catastale presso il Comune e confrontare accuratamente i progetti con lo stato reale dei luoghi.