Il Consiglio di Stato ribadisce che anche impianti sostenibili devono rispettare il paesaggio: la sanatoria è possibile solo se l’intervento è visivamente compatibile con il contesto vincolato.
In un’epoca in cui la sostenibilità ambientale è una priorità e gli impianti per l’energia rinnovabile si moltiplicano sui tetti delle abitazioni, ci si scontra sempre più spesso con un’altra esigenza fondamentale: la tutela del paesaggio. Ma cosa succede quando queste due necessità entrano in conflitto? È possibile installare liberamente un impianto solare termico in una zona soggetta a vincolo paesaggistico? E, soprattutto, è possibile regolarizzare a posteriori tali impianti attraverso una sanatoria edilizia?
Una recente sentenza n. 5410/2025 del Consiglio di Stato ha affrontato proprio questo tema, ponendo dei paletti chiari sull’equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto del contesto paesaggistico. Scopriamo insieme cosa è stato deciso e quali sono le implicazioni concrete per chi vive o costruisce in aree tutelate.
Vuoi sapere se puoi mettere pannelli sul tetto in zona vincolata? Hai già fatto lavori e ti chiedi se puoi sanare tutto?
Sommario
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguarda un’abitazione situata in un piccolo borgo costiero del sud Italia, affacciata direttamente sul mare e ricadente in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 30 dicembre 1996. In questo contesto, i proprietari dell’immobile avevano realizzato due interventi edilizi:
Entrambe le opere erano state realizzate senza autorizzazione paesaggistica preventiva, motivo per cui i proprietari avevano successivamente presentato istanza di sanatoria, chiedendo il rilascio del permesso di costruire in conformità urbanistica e paesaggistica. Tuttavia, la Soprintendenza competente ha espresso parere negativo, ritenendo gli interventi non compatibili con il contesto tutelato.
Il diniego ha spinto i proprietari a ricorrere prima al TAR e poi al Consiglio di Stato, sostenendo che le opere fossero di modesto impatto visivo e che rientrassero nei casi in cui la normativa e la giurisprudenza consentono una regolarizzazione.
Leggi anche: Pannelli solari termici: tutto quello che c’è da sapere sulle detrazioni 2025
Advertisement - PubblicitàNel presentare ricorso contro il parere negativo della Soprintendenza e il successivo rigetto della sanatoria, i proprietari hanno articolato una difesa su due fronti principali.
Primo punto: secondo i ricorrenti, il vano tecnico realizzato sul terrazzo non rappresenterebbe una nuova volumetria, ma rientrerebbe nella nozione di volume tecnico, ovvero una struttura necessaria al funzionamento degli impianti dell’edificio. A supporto della tesi, è stata richiamata una recente sentenza dello stesso Consiglio di Stato riguardante un caso analogo nello stesso Comune, che aveva riconosciuto come sanabile un piccolo vano caldaia, purché non destinato a usi abitativi e non visibile da punti panoramici.
Secondo punto: i ricorrenti hanno poi sottolineato che l’impianto solare termico (pannello più serbatoio) era invisibile dalla strada pubblica e da punti di osservazione significativi, e che, pertanto, l’intervento non avrebbe avuto impatto paesaggistico. A loro dire, il parere della Soprintendenza si sarebbe limitato a rilevare l’incompatibilità formale rispetto al vincolo, senza motivare adeguatamente né eseguire un’istruttoria approfondita.
Infine, veniva evidenziato come la normativa vigente – nazionale ed europea – riconosca un principio di favore per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, che dovrebbe orientare le valutazioni anche in ambito paesaggistico.
Advertisement - PubblicitàNel valutare il ricorso, il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità del diniego opposto dalla Soprintendenza, ritenendo corretta la decisione del TAR che, in primo grado, aveva già respinto le richieste dei ricorrenti. Il fulcro della pronuncia è la valutazione dell’impatto visivo delle opere realizzate, che nel caso specifico è stato ritenuto non trascurabile.
Secondo i giudici, gli interventi edilizi – sebbene di dimensioni contenute – risultano visibili dalla costa, trattandosi di un edificio situato in posizione dominante, sul fronte del mare. La visibilità esterna costituisce un elemento determinante nel giudizio di compatibilità paesaggistica. In particolare, il serbatoio metallico del pannello solare, installato in modo prominente sulla copertura del tetto mansardato, è stato ritenuto non integrato con il contesto urbano circostante, sia per materiali, sia per colori, sia per tipologia costruttiva.
Il Consiglio ha inoltre precisato che, pur riconoscendo il favor legislativo verso le energie rinnovabili, questo non implica un’esenzione automatica dagli obblighi di tutela paesaggistica. Anche gli impianti “green” devono essere ambientati e armonizzati nel contesto di riferimento, in modo da limitare l’impatto visivo e rispettare i valori tutelati dal vincolo.
Infine, è stato chiarito che il riferimento giurisprudenziale citato dai ricorrenti (relativo a un vano tecnico simile) non è applicabile al caso in esame, data la diversa posizione dell’immobile e il maggiore impatto visivo effettivamente riscontrato.
Leggi anche: Fiscalizzazione dell’abuso edilizio? Impossibile con vincolo paesaggistico
Advertisement - PubblicitàIl caso esaminato dal Consiglio di Stato si colloca all’intersezione tra due ambiti normativi distinti ma strettamente connessi: la tutela del paesaggio e la promozione delle fonti di energia rinnovabile. E proprio questo equilibrio è uno degli aspetti più delicati da gestire in fase autorizzativa o di sanatoria edilizia.
Sul fronte della tutela paesaggistica, il riferimento principale resta il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004). In particolare, l’art. 167, comma 4, disciplina le ipotesi di sanabilità paesaggistica, prevedendo che solo determinati interventi – come le opere di manutenzione o gli impianti tecnici di modesta entità – possano essere regolarizzati se non comportano aumento di volumetria né alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici in modo percepibile.
A supporto di questa linea interpretativa, la Circolare MIBAC n. 33/2009 chiarisce che i cosiddetti “volumi tecnici” (locali adibiti esclusivamente a impianti tecnologici) possono essere compatibili con la tutela paesaggistica, ma solo se integrati e non impattanti.
Sul fronte delle energie rinnovabili, il Decreto Legislativo n. 190/2024 ha rafforzato il principio del “pubblico interesse prevalente” per la produzione di energia da fonti sostenibili. Tuttavia, anche questo principio trova un limite chiaro: gli impianti devono essere progettati in modo da ridurre al minimo l’impatto visivo e ambientale, specialmente in contesti vincolati.
La giurisprudenza ha più volte ribadito che non esiste un diritto assoluto all’installazione degli impianti rinnovabili, se questi risultano incompatibili con il paesaggio o mal integrati nel contesto architettonico. In sintesi, la sostenibilità ambientale non può mai diventare un alibi per trascurare la qualità estetica e storica del territorio.
Compila il form sottostante: la tua richiesta verrà moderata e successivamente inoltrata alle migliori Aziende del settore, GRATUITAMENTE!