L’Agenzia delle Entrate chiarisce che nei contratti di affitto d’azienda con parte immobiliare prevalente, l’imposta fissa di registro è dovuta solo alla registrazione iniziale.
Nel mondo articolato delle imposte indirette, i casi in cui un contratto coinvolge sia beni mobili che immobili possono sollevare dubbi interpretativi complessi. È proprio questo il contesto della recente risposta n. 126/2025 dell’Agenzia delle Entrate, che interviene per fare chiarezza sull’imposta di registro dovuta in caso di affitto di un ramo d’azienda con componente immobiliare prevalente.
L’istanza, proveniente da un imprenditore individuale, ruota intorno a un contratto pluriennale d’affitto di ramo d’azienda, riguardante un’attività di bar e ristoro, dove la parte immobiliare incide per il 75% del valore complessivo dell’azienda affittata.
Il nodo della questione riguarda la corretta applicazione dell’imposta di registro negli anni successivi alla stipula: deve essere versata solo l’imposta proporzionale sulla parte immobiliare oppure anche l’imposta fissa già pagata al momento della registrazione dell’atto?
Un interrogativo di non poco conto per chi gestisce contratti simili: come si applica correttamente l’articolo 35, n. 10-quater, del decreto legge 223/2006? E soprattutto: cosa ha risposto l’Agenzia delle Entrate?
Sommario
Il lettore, titolare di un’impresa individuale regolarmente iscritta al Registro delle imprese, ha stipulato nel 2020 un contratto di affitto del proprio ramo d’azienda — dedicato all’attività di bar e ristoro — a favore di un altro imprenditore individuale. Il contratto, con decorrenza da quella stessa data, ha durata di dodici anni, tacitamente rinnovabile di sei anni in sei anni, e prevede un canone annuo di 42.000 euro più IVA.
Nel contratto, le parti hanno dichiarato che il valore nominale dei fabbricati inclusi nell’affitto è pari al 75% del valore complessivo dell’azienda affittata, in applicazione dell’articolo 35, n. 10-quater, del decreto legge 223/2006.
Hanno quindi optato per il pagamento dell’imposta proporzionale di registro solo per il primo anno, obbligandosi a versare autonomamente l’imposta per le annualità successive.
Il contribuente chiede quindi se, per gli anni successivi, sia tenuto a versare esclusivamente l’imposta proporzionale dell’1% sul canone relativo alla parte immobiliare — come previsto in caso di prevalenza immobiliare — o anche l’imposta fissa di 200 euro già pagata in sede di registrazione ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. 131/1986.
Advertisement - PubblicitàNella sua istanza, il contribuente espone una lettura della normativa che mira ad evitare un trattamento fiscale penalizzante. A suo giudizio, la normativa vigente non prevede l’applicazione dell’imposta fissa di 200 euro per ciascuna annualità successiva alla registrazione del contratto, ma solo in occasione della prima registrazione. L’eventuale richiesta di tale importo ogni anno, secondo l’istante, si tradurrebbe in una moltiplicazione dell’onere fiscale priva di base normativa, contrastando con la possibilità concessa di versare in un’unica soluzione l’imposta di registro per tutta la durata del contratto.
Il contribuente evidenzia inoltre un’asimmetria: nei casi in cui l’azienda affittata non abbia una componente immobiliare prevalente, l’imposta fissa si paga una sola volta. Non si comprende quindi perché, al superamento del 50% di valore immobiliare, si dovrebbe ricadere in una ripetizione annuale del tributo fisso.
Infine, viene ricordato come, fino alla riforma introdotta dal decreto legge n. 223/2006, la prassi fosse quella di applicare l’imposta fissa solo all’atto della registrazione iniziale, senza alcuna replica negli anni seguenti. Un’impostazione che, secondo l’istante, dovrebbe restare valida anche alla luce delle norme attuali.
Advertisement - PubblicitàNella risposta n. 126 del 2025, l’Agenzia delle Entrate fornisce un parere chiaro e articolato, confermando che l’imposta di registro in misura fissa di 200 euro, già versata in sede di prima registrazione del contratto di affitto del ramo d’azienda, non deve essere nuovamente corrisposta in occasione delle annualità successive.
La motivazione di fondo risiede nella natura stessa dell’imposta fissa, disciplinata dall’articolo 40 del D.P.R. 131/1986. Questa, sottolinea l’Agenzia, è un’imposta “d’atto”, ossia legata esclusivamente alla formalità della registrazione dell’atto, e non al contenuto economico dell’operazione. Si tratta dunque del corrispettivo per il servizio di registrazione reso dallo Stato e, come tale, è dovuto una sola volta, nel momento in cui l’atto viene registrato presso l’Amministrazione.
L’Agenzia precisa inoltre che il pagamento rateale dell’imposta proporzionale — concesso ai sensi dell’art. 17, comma 3 del TUR — non costituisce un nuovo atto da registrare, bensì un semplice adempimento fiscale collegato al contratto già registrato. Pertanto, la scadenza delle annualità successive non genera un nuovo presupposto per l’applicazione dell’imposta fissa.
Un chiarimento importante arriva anche sul piano normativo: l’articolo 35, n. 10-quater, del decreto legge 223/2006, che impone l’applicazione della disciplina prevista per le locazioni immobiliari nei casi in cui oltre il 50% del valore aziendale sia costituito da fabbricati, non introduce un’obbligazione autonoma relativa all’imposta fissa, ma riguarda esclusivamente l’imposta proporzionale sull’elemento immobiliare.
Infine, l’Agenzia richiama autorevoli precedenti giurisprudenziali, tra cui recenti ordinanze della Corte di Cassazione (n. 6014, 5887 e 4946 del 2025) e la sentenza della Corte Costituzionale n. 158/2020, ribadendo che la natura “d’atto” dell’imposta di registro è un principio consolidato e coerente con l’impianto della normativa tributaria. Da ciò consegue che, in assenza di un nuovo atto da registrare, non è giustificata la richiesta di ulteriori imposte fisse nei successivi adempimenti annuali.