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Nuove regole per l’efficienza energetica degli edifici: cosa cambia con il Decreto Requisiti Minimi 2025

Il nuovo Decreto Requisiti Minimi introduce aggiornamenti su calcolo energetico, ponti termici, trasmittanza, automazione e mobilità elettrica, semplificando le verifiche e allineando l’Italia alle direttive europee.

Nuove regole per l’efficienza energetica degli edifici: cosa cambia con il Decreto Requisiti Minimi 2025 Nuove regole per l’efficienza energetica degli edifici: cosa cambia con il Decreto Requisiti Minimi 2025
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Il mondo dell’edilizia è pronto ad accogliere un nuovo aggiornamento normativo che promette di cambiare – ancora una volta – il modo in cui si progettano, si riqualificano e si certificano gli edifici. Il Decreto Requisiti Minimi, introdotto per la prima volta nel 2015, viene oggi aggiornato alla luce dell’evoluzione tecnica e normativa degli ultimi anni.

Dalla gestione dei ponti termici al calcolo della trasmittanza, passando per i nuovi obblighi relativi alla mobilità elettrica e ai sistemi di automazione negli edifici non residenziali: il testo, approvato in sede di Conferenza Unificata il 30 luglio 2025, si propone di semplificare, chiarire e soprattutto allineare la normativa italiana alle direttive europee più recenti.

Ma quali saranno gli effetti concreti per progettisti, tecnici e proprietari immobiliari? E quali cambiamenti riguarderanno direttamente l’APE e i lavori di ristrutturazione?

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Un aggiornamento mirato: chiarezza normativa e allineamento europeo

L’aggiornamento del Decreto Requisiti Minimi non stravolge il quadro normativo vigente, ma lo perfeziona in diversi punti chiave. L’obiettivo principale è duplice: da un lato rispondere alle esigenze tecniche emerse in questi anni di applicazione pratica della norma, dall’altro rispettare e anticipare le richieste dell’Unione Europea in materia di prestazioni energetiche degli edifici.

A distanza di dieci anni dall’introduzione del D.M. 26 giugno 2015, era evidente la necessità di un intervento di razionalizzazione. Non si tratta di una riscrittura totale, ma piuttosto di un lavoro di aggiornamento strutturato e selettivo: il cuore della norma resta intatto, ma viene affinato per migliorarne l’efficacia, l’applicabilità e la coerenza con il contesto tecnico-normativo attuale.

I principali obiettivi dell’intervento sono tre:

  1. Recepire la normativa europea: in particolare il D.Lgs. 48/2020, che attua la Direttiva 2018/844/UE (EPBD III), ma anche gli orientamenti della futura Direttiva “Case Green” (EPBD IV), la cui adozione sarà cruciale nei prossimi anni.
  2. Incorporare chiarimenti tecnici: numerosi dubbi applicativi risolti in passato attraverso FAQ ministeriali sono ora formalmente integrati nel testo, per offrire chiarezza normativa e uniformità interpretativa a tutti gli operatori del settore.
  3. Rendere più accessibili le verifiche: alcune prescrizioni sono state ricalibrate per tenere conto delle difficoltà riscontrate, in particolare negli interventi su edifici esistenti. Il nuovo decreto punta a una maggiore fattibilità tecnica e coerenza progettuale, senza abbassare la soglia delle prestazioni richieste.

L’aggiornamento mira a rendere il decreto uno strumento più funzionale per chi progetta, verifica o gestisce interventi edilizi, senza sacrificare gli standard di qualità energetica e ambientale che l’Italia si è impegnata a raggiungere.

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Cosa cambia in concreto: nuove norme tecniche e parametri aggiornati

L’aggiornamento del Decreto Requisiti Minimi interviene su aspetti tecnici fondamentali che incidono direttamente sul modo in cui si calcola la prestazione energetica degli edifici e si redigono le verifiche previste dalla Legge 10. Le modifiche non introducono nuovi obblighi in senso assoluto, ma modificano il contesto tecnico di riferimento, con impatti concreti su progettazione, diagnosi energetica e classificazione degli edifici.

Una delle novità più rilevanti è l’aggiornamento delle norme UNI che definiscono le metodologie di calcolo. Fanno il loro ingresso la UNI/TS 11300-5 e la UNI/TS 11300-6, che completano il quadro normativo italiano per il calcolo del fabbisogno energetico, e la UNI EN 15193, che disciplina il calcolo della prestazione energetica per i sistemi di illuminazione negli edifici.

Un altro passaggio decisivo riguarda l’introduzione obbligatoria dei ponti termici nell’edificio di riferimento. Finora questi venivano considerati solo nell’edificio reale, mentre ora entrano anche nel modello teorico con cui si confrontano le prestazioni. Questo significa che la scala delle classi energetiche cambia, e in alcuni casi la classe APE dell’edificio può variare senza che siano state modificate le sue caratteristiche fisiche.

Anche le verifiche di trasmittanza termica sono oggetto di revisione. In particolare:

  • per le ristrutturazioni di secondo livello, cambia il valore limite e viene introdotta una distinzione in base alla posizione dell’isolante (interno, esterno o intermedio);
  • si introduce il concetto di trasmittanza in sezione corrente, che permette di semplificare il calcolo nei casi di riqualificazione energetica;
  • nei nuovi calcoli si tiene conto della trasmittanza media delle sole superfici interessate dall’intervento, escludendo i ponti termici, rendendo così la verifica più semplice e realistica.

Questi aggiornamenti tecnici riflettono la volontà di fornire strumenti più precisi, aderenti alla realtà edilizia italiana, e di ridurre il divario tra normativa teorica e pratica progettuale.

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APE e H’t: cosa cambia per la classificazione energetica degli edifici

Le modifiche introdotte con il nuovo decreto toccano direttamente anche l’Attestato di Prestazione Energetica (APE), documento fondamentale per la compravendita e la locazione degli immobili. Il cambiamento più significativo riguarda, ancora una volta, i ponti termici: includendoli anche nell’edificio di riferimento, si modifica il metodo di confronto che sta alla base della classificazione energetica.

Questo aggiornamento può generare un effetto a catena: edifici che in passato rientravano in una determinata classe energetica potrebbero ora risultare in una classe diversa, senza alcuna modifica fisica o impiantistica. Si tratta quindi di un cambiamento metodologico con conseguenze concrete sul mercato immobiliare e sulle strategie di riqualificazione energetica.

A questo si affianca la revisione della verifica del parametro H’t, il coefficiente che misura il grado di dispersione termica dell’involucro edilizio. In molti casi, soprattutto per gli edifici con ampie superfici vetrate, rispettare i limiti imposti era diventato tecnicamente complesso o penalizzante. Il decreto interviene su questo punto introducendo due novità chiave:

  • nelle ristrutturazioni di secondo livello, la verifica del parametro H’t viene eliminata, semplificando notevolmente il processo di progettazione e controllo;
  • nelle ristrutturazioni di primo livello, i valori di riferimento vengono modulati in funzione della percentuale di superficie trasparente e della zona climatica.

Per le nuove costruzioni, invece, la verifica del parametro H’t rimane invariata, confermando così la sua centralità nei casi in cui si progetta ex novo l’involucro edilizio.

Grazie a queste modifiche, il nuovo decreto punta a rendere più accessibili le verifiche energetiche, in particolare nei casi più frequenti di intervento sull’esistente, senza abbassare i livelli prestazionali richiesti.

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Metodo Carnot e teleriscaldamento: un nuovo criterio per il calcolo dell’energia primaria

Tra le novità più tecniche e meno visibili agli occhi del grande pubblico, ma fondamentali per i professionisti del settore, c’è l’introduzione del metodo Carnot per il calcolo dei fattori di conversione in energia primaria nei casi in cui l’edificio sia servito da reti di teleriscaldamento.

Finora, i fattori di conversione applicati in questi contesti seguivano approcci più standardizzati e meno legati all’effettivo rendimento del sistema. Il metodo Carnot, invece, consente di calcolare in modo più realistico l’energia primaria non rinnovabile effettivamente utilizzata, tenendo conto:

  • della temperatura della sorgente di calore (come l’acqua calda distribuita dalla rete);
  • del tipo di tecnologia impiegata per produrre calore (es. cogenerazione o caldaie tradizionali);
  • della qualità energetica del calore fornito.

Questa metodologia riflette meglio l’efficienza reale dei sistemi di teleriscaldamento e premia le reti più virtuose, che impiegano fonti rinnovabili o sistemi cogenerativi ad alta efficienza. Di conseguenza, un edificio servito da una rete moderna e sostenibile potrà beneficiare di una classificazione energetica migliore rispetto a uno collegato a sistemi meno performanti.

Si tratta di un’evoluzione coerente con la linea europea, che punta a valutare l’energia non solo in base al consumo finale, ma anche in base all’impatto ambientale e alla qualità del sistema che la genera.

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Comfort, sicurezza e mobilità elettrica: l’edificio diventa più intelligente

Il nuovo decreto non si limita a rivedere parametri energetici: amplia il proprio raggio d’azione includendo aspetti ambientali, funzionali e tecnologici che definiscono un nuovo standard di qualità dell’edificio. Si va oltre l’involucro e i consumi, per abbracciare una concezione più ampia di benessere e sostenibilità.

In particolare, per nuove costruzioni e ristrutturazioni importanti, il legislatore introduce obblighi e raccomandazioni che coinvolgono tre ambiti distinti:

  • Benessere termo-igrometrico: progettisti e tecnici sono chiamati a garantire condizioni interne adeguate non solo dal punto di vista energetico, ma anche del comfort percepito dagli occupanti, in tutte le stagioni.
  • Sicurezza sismica e antincendio: gli interventi dovranno tenere conto, in fase di progettazione, anche della conformità ai criteri di sicurezza strutturale e impiantistica, in linea con le più recenti norme tecniche.
  • Valutazione dei sistemi alternativi: è richiesto uno studio di fattibilità tecnica, funzionale ed economica per soluzioni ad alta efficienza (come pompe di calore, cogenerazione, impianti da fonti rinnovabili), rendendo obbligatorio un approccio comparativo più consapevole.

Un’ulteriore novità riguarda la mobilità elettrica. Negli edifici non residenziali, in caso di nuova costruzione o ristrutturazione con presenza di parcheggi, è previsto l’obbligo di installare un numero minimo di stazioni di ricarica per veicoli elettrici, proporzionato ai posti auto disponibili. Negli edifici residenziali, invece, l’obbligo riguarda almeno la predisposizione impiantistica per la futura installazione di colonnine: canalizzazioni, tubazioni e collegamenti elettrici dovranno essere previsti in fase di progetto.

In questo modo, il decreto guarda al futuro, promuovendo edifici sempre più integrati nei nuovi stili di vita e capaci di rispondere in modo proattivo alle trasformazioni tecnologiche in atto.



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Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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