Il TAR Lazio ha stabilito che le sanzioni per abusi edilizi si applicano al nuovo proprietario, anche se non responsabile, ribadendo la natura reale delle sanzioni urbanistiche.

Quando si acquista una casa, si dà spesso per scontato che tutto sia in regola. Ma cosa succede se, dopo l’acquisto, emergono abusi edilizi realizzati dal precedente proprietario? Una recente sentenza del TAR del Lazio ha stabilito un principio importante (e potenzialmente allarmante per molti acquirenti): anche se non hai eseguito tu l’abuso, sei comunque tenuto a demolire le opere irregolari.
Il caso riguarda un villino acquistato a Roma. Solo dopo la compravendita, il nuovo proprietario ha scoperto che su quell’immobile pendeva un ordine di demolizione emesso dal Comune, per modifiche edilizie non autorizzate eseguite anni prima. Nonostante non fosse l’autore degli abusi, è stato lui a ricevere il provvedimento. Ha fatto ricorso, ma il TAR ha respinto le sue ragioni.
Ma è davvero giusto che chi compra si trovi a rispondere per colpe altrui? Quali sono le responsabilità in questi casi? E come ci si può tutelare?
Sommario
Il ricorrente aveva acquistato nel 2019, insieme alla coniuge, un villino con garage in un comprensorio edilizio della Capitale. Solo nel 2022, a distanza di tre anni, ha ricevuto due provvedimenti da parte del Comune di Roma: uno disponeva la demolizione di alcune opere abusive, l’altro comminava una sanzione pecuniaria di 1.000 euro per ulteriori irregolarità edilizie di minore entità.
Gli abusi, secondo quanto documentato nel verbale di sopralluogo del 2018 (quindi precedente all’acquisto), comprendevano:
Il nuovo proprietario si è difeso sostenendo di non essere responsabile delle opere, essendo subentrato dopo la loro realizzazione. Inoltre, ha denunciato la mancanza di documentazione completa da parte dell’Ufficio Tecnico, nonostante la richiesta di accesso agli atti, lamentando anche un comportamento omissivo dell’amministrazione, che – a suo dire – avrebbe favorito la compravendita senza trasparenza.
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Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 20079/2025, il TAR Lazio ha ribadito un principio cardine dell’ordinamento urbanistico: le sanzioni amministrative in materia edilizia – come l’ingiunzione alla demolizione – non colpiscono il soggetto che ha materialmente eseguito l’abuso, ma gravano sul proprietario attuale del bene, a prescindere da ogni valutazione soggettiva.
Secondo quanto previsto dall’art. 31 del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), infatti, il provvedimento repressivo viene indirizzato sia al responsabile dell’abuso sia al proprietario dell’immobile, proprio perché l’interesse pubblico coinvolto è quello al ripristino della legalità urbanistica ed edilizia – un interesse ritenuto dal TAR “immanente e perdurante”. La Pubblica Amministrazione ha quindi un obbligo vincolato ad agire, senza necessità di motivare nel merito né di considerare il decorso del tempo o eventuali cambi di titolarità del bene.
I giudici hanno anche escluso che vi sia un diritto del nuovo proprietario ad opporsi sulla base della buona fede o dell’ignoranza degli abusi, chiarendo che le sanzioni sono legate alla “res” (cioè all’immobile), non alla persona. Questo principio, già affermato in precedenti sentenze del Consiglio di Stato e della giurisprudenza amministrativa, viene qui riaffermato con forza.
Pur riconoscendo la situazione singolare – e forse anche iniqua – in cui si è trovato il ricorrente, il TAR ha comunque ritenuto il ricorso infondato sotto ogni profilo, ricordando che chi acquista un immobile ha l’onere di verificare la conformità urbanistica prima del rogito. In caso contrario, rischia di trovarsi esposto a provvedimenti anche gravi, come la demolizione o il pagamento di sanzioni economiche.
Advertisement - PubblicitàNonostante il rigetto del ricorso, il TAR non ha escluso del tutto che il nuovo proprietario possa percorrere strade alternative per evitare la demolizione. Nelle motivazioni finali, infatti, i giudici richiamano espressamente il principio di collaborazione tra amministrazione e cittadino, sancito dall’art. 1, comma 2-bis della legge 241/1990, invitando Roma Capitale a valutare – in separata sede – la possibilità di applicare istituti di sanatoria edilizia, laddove ne sussistano i presupposti.
Il TAR richiama anche il recente Decreto Salva Casa (D.L. 69/2024, convertito con modificazioni dalla Legge 105/2024), che ha introdotto una disciplina più flessibile per la regolarizzazione di difformità minori o interventi eseguiti senza titolo, ma che risultano comunque compatibili con la normativa urbanistica vigente. In sostanza, se le opere abusive non violano vincoli strutturali o paesaggistici e risultano tecnicamente regolarizzabili, il proprietario potrebbe richiedere l’accertamento di conformità.
Inoltre, il TAR ha sottolineato che Roma Capitale è tenuta a fornire l’intera documentazione edilizia relativa all’immobile, proprio per permettere al cittadino di valutare se sussistono le condizioni per una sanatoria. Un dovere di trasparenza che, secondo i giudici, è fondamentale per garantire l’effettivo esercizio dei diritti da parte del proprietario.
Insomma, pur confermando l’obbligo di demolizione, la sentenza apre uno spiraglio: la buona fede del nuovo proprietario e la particolare complessità della vicenda possono legittimare un dialogo costruttivo con l’amministrazione per evitare un danno sproporzionato.
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Advertisement - PubblicitàIl caso affrontato dal TAR Lazio rappresenta un campanello d’allarme per chiunque si appresti ad acquistare un immobile. Anche un’abitazione apparentemente “in regola” può nascondere difformità edilizie pregresse, e in caso di accertamento da parte dell’amministrazione, le conseguenze ricadono su chi è proprietario al momento della notifica, indipendentemente da chi abbia realizzato gli abusi.
Ecco perché è essenziale, prima di firmare un atto di compravendita, svolgere una verifica approfondita della situazione urbanistica e catastale dell’immobile.
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Questo significa:
Inoltre, è buona norma inserire nell’atto di vendita clausole esplicite che tutelino l’acquirente nel caso emergano abusi sconosciuti al momento del rogito. Perché, come dimostra questa sentenza, la buona fede da sola non basta a evitare l’applicazione di sanzioni edilizie.
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