Il Consiglio di Stato conferma la legittimità del cumulo tra volumetria ordinaria e bonus del Piano Casa Veneto 2009, ammettendo le deroghe alle distanze in presenza di vincoli tecnici.
Il Piano Casa, strumento introdotto nel 2009 in Veneto, ha sollevato negli anni numerose controversie interpretative. Una delle più spinose riguarda la possibilità di cumulare la volumetria ordinaria prevista dagli strumenti urbanistici comunali con quella premiale prevista dalla legge regionale.
Il caso di un intervento edilizio in un comune del veneziano ha riacceso il dibattito, portando la questione fino al Consiglio di Stato. Al centro della vicenda: un ampliamento con demolizione e ricostruzione realizzato a meno di cinque metri dal confine con la proprietà adiacente, in deroga a quanto stabilito dal PRG, grazie all’applicazione del Piano Casa.
Quali limiti si possono superare davvero con il Piano Casa? È sempre necessario esaurire la cubatura del PRG prima di chiedere i bonus volumetrici? E fino a che punto si può derogare alle distanze dai confini?
Continua a leggere per scoprire cosa ha deciso il Consiglio di Stato e perché questa sentenza potrebbe diventare un punto di riferimento per tutta l’edilizia veneta.
Sommario
Tutto ha avuto origine da un permesso di costruire rilasciato da un’amministrazione comunale del veneziano per un intervento edilizio consistente nella demolizione di un edificio esistente e nella sua ricostruzione con ampliamento volumetrico. L’intervento veniva autorizzato ai sensi della legge regionale Veneto n. 14/2009, meglio nota come “Piano Casa”, che consente, in presenza di determinati requisiti, di incrementare la cubatura esistente e di derogare a specifiche norme urbanistiche, tra cui quelle sulle distanze minime tra edifici e dai confini di proprietà.
Il permesso autorizzava, infatti, un edificio la cui nuova sagoma si sviluppava a meno di 4 metri dal confine, in contrasto con il piano regolatore comunale che prevede una distanza minima di 5 metri. Questo scostamento ha spinto il proprietario dell’immobile confinante a impugnare il titolo edilizio, sostenendo che l’intervento fosse illegittimo per abuso delle deroghe concesse dal Piano Casa.
Secondo la sua tesi, l’utilizzo della disciplina derogatoria era ingiustificato perché sul lotto esisteva ancora una capacità edificatoria residua ordinaria, pari a circa 800 metri cubi, che avrebbe potuto essere sfruttata rispettando le distanze previste dal PRG.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Veneto ha accolto questo ragionamento. Secondo i giudici di primo grado, il Piano Casa può essere applicato solo dopo che la volumetria ordinaria sia stata interamente esaurita. In caso contrario, il suo utilizzo configurerebbe un uso strumentale e distorto della normativa, volto solo a eludere le regole sulle distanze, e dunque da ritenersi illegittimo.
A seguito della sentenza del TAR, sia il Comune che la proprietaria dell’immobile interessato hanno presentato appello al Consiglio di Stato, sostenendo che l’interpretazione del TAR fosse eccessivamente restrittiva e non conforme allo spirito e alla lettera della legge regionale vigente all’epoca della domanda di permesso.
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Advertisement - PubblicitàAl centro della controversia si trova una questione di diritto urbanistico che ha diviso tecnici, amministrazioni e giudici amministrativi: è legittimo cumulare la volumetria ordinaria residua prevista dal piano regolatore con quella premiale concessa dal Piano Casa? E, in caso affermativo, è possibile applicare la disciplina derogatoria sulle distanze anche se il lotto non ha ancora esaurito la capacità edificatoria ordinaria?
Il TAR del Veneto aveva risposto negativamente a entrambe le domande, affermando che il Piano Casa rappresenta una norma eccezionale e, come tale, può essere invocata solo dopo aver utilizzato tutta la volumetria già consentita dal PRG. Di conseguenza, secondo il TAR, l’edificio realizzato a meno di 4 metri dal confine violava la disciplina urbanistica comunale, in quanto l’interessata avrebbe potuto costruire rispettando i 5 metri, sfruttando la cubatura residua già disponibile.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3804 del 2025, ha ribaltato completamente questa interpretazione. I giudici di secondo grado hanno richiamato precedenti orientamenti giurisprudenziali (in particolare la sentenza n. 8542/2021), chiarendo che non esiste un divieto di cumulo tra volumetria ordinaria e quella premiale prevista dal Piano Casa per gli interventi disciplinati dalla L.R. 14/2009.
Tale divieto è stato introdotto solo con la successiva L.R. 14/2019 (nota come “Veneto 2050”), e non si applica retroattivamente agli interventi per cui la domanda di permesso sia stata presentata entro il 31 marzo 2019.
Nel caso in questione, la richiesta di titolo edilizio era stata presentata il 5 marzo 2019, quindi in un momento in cui vigeva ancora esclusivamente la disciplina del Piano Casa 2009, che non vieta affatto il cumulo.
Ne consegue che l’ampliamento richiesto era legittimo anche in presenza di volumetria residua ordinaria e che, di riflesso, era legittimo anche l’utilizzo della deroga alle distanze.
Advertisement - PubblicitàPer risolvere definitivamente la controversia, il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario disporre una verificazione tecnica per accertare concretamente lo stato dei luoghi e valutare se, effettivamente, esistessero alternative progettuali che consentissero di rispettare le distanze dai confini senza ricorrere alla deroga prevista dal Piano Casa.
In particolare, l’attenzione si è concentrata sulla presenza di una servitù di elettrodotto che gravava sul lotto edificabile.
Dalla relazione tecnica depositata nel procedimento è emerso che tale servitù, collegata a una linea elettrica da 132 kV, imponeva una fascia di rispetto non derogabile, che di fatto limitava la possibilità di edificazione su una parte significativa del terreno. Il verificatore nominato dal Consiglio ha infatti accertato che, a causa di questa servitù, non era realisticamente possibile sfruttare la volumetria residua in modo conforme alle distanze previste dal piano regolatore.
In altre parole, per ottenere un ampliamento abitabile e funzionale, l’unica soluzione praticabile era proprio quella adottata: spostare la nuova costruzione verso il lato opposto del lotto, avvicinandosi al confine con il vicino, e utilizzare le deroghe previste dal Piano Casa per costruire a una distanza inferiore ai 5 metri.
È stato inoltre chiarito che il volume realizzato in deroga (circa 68,6 m³) era inferiore al limite massimo consentito dal Piano Casa (101 m³), a conferma che l’intervento rispettava anche i limiti volumetrici previsti dalla legge.
Questa perizia tecnica ha avuto un ruolo determinante nel processo: ha confermato che non solo il ricorso alla disciplina derogatoria era legittimo, ma era anche necessitato dalle condizioni oggettive del terreno e dall’impossibilità di sviluppare alternative progettuali valide