Una sentenza del TAR Lombardia ribadisce che nei campeggi le strutture stabili necessitano di permessi edilizi, anche se installate da terzi. Il gestore resta responsabile e può subire sanzioni.
Nel panorama complesso della normativa edilizia italiana, c’è una categoria di strutture che da anni genera dubbi e contenziosi: i campeggi. In particolare, è spesso difficile capire quando le opere installate all’interno di strutture ricettive all’aperto – come casette mobili, tettoie, recinzioni o piazzole attrezzate – necessitino di un regolare titolo edilizio.
Una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha affrontato proprio questo nodo, confermando la legittimità di un’ordinanza di demolizione emanata da un Comune nei confronti di un campeggio situato all’interno di un’area vincolata paesaggisticamente.
Il caso è emblematico perché affronta due questioni centrali per il settore turistico-ricettivo:
Le risposte della giustizia amministrativa sono tutt’altro che banali e possono avere ripercussioni importanti su centinaia di strutture turistiche in Italia. Ma cosa ha stabilito nel dettaglio il TAR?
E cosa cambia ora per chi gestisce o frequenta campeggi?
Sommario
Tutto ha avuto inizio quando il Comune di un piccolo centro lombardo, situato in prossimità del Lago di Pusiano, ha emesso un’ordinanza di demolizione nei confronti di un campeggio attivo da anni sul territorio. L’atto imponeva l’abbattimento di numerose opere ritenute abusive: piazzole attrezzate, strutture prefabbricate, tettoie, recinzioni, aree pavimentate, impianti fissi e persino una piscina.
Secondo l’amministrazione comunale, molte di queste realizzazioni erano prive del necessario titolo edilizio e si trovavano all’interno di un’area soggetta a vincoli paesaggistici e ambientali rilevanti. In particolare, il campeggio è inserito:
La società che gestisce il campeggio ha presentato ricorso al TAR, sostenendo che le opere fossero in gran parte autorizzate o comunque precarie, dunque non soggette a permessi, e che in molti casi sarebbero state realizzate direttamente dagli ospiti della struttura.
Tuttavia, il Tribunale ha analizzato la documentazione, compresi i sopralluoghi della Guardia di Finanza e gli atti comunali, e ha preso una posizione netta. Ma su quali basi giuridiche?
Advertisement - PubblicitàLa sentenza del TAR Lombardia non lascia spazio a interpretazioni: le opere contestate sono state realizzate senza i necessari titoli abilitativi e non possono essere considerate precarie. Il Collegio ha sottolineato come le strutture fossero stabilmente ancorate al suolo, dotate di impianti fissi (acqua, elettricità, scarichi) e destinate a un uso reiterato nel tempo. Questi elementi sono incompatibili con la nozione di “temporaneità” richiesta per escludere la necessità di permesso di costruire.
Non solo: la presenza di vincoli paesaggistici e ambientali rende ancora più stringente l’obbligo di rispettare le procedure edilizie. L’area, secondo il TAR, richiede una tutela elevata e ogni intervento, anche se apparentemente secondario, deve essere autorizzato. L’impatto visivo e ambientale non può essere trascurato solo perché le strutture si trovano in un campeggio.
Inoltre, il TAR ha chiarito che quando un intervento edilizio si presenta come un complesso unitario (piazzole, strutture accessorie, impianti, recinzioni), esso va valutato nel suo insieme, e non scomposto in elementi singoli, alcuni dei quali potrebbero sembrare minori o esenti. È l’effetto complessivo sul territorio a determinare la necessità del titolo edilizio.
Advertisement - PubblicitàUno dei punti più interessanti della sentenza riguarda il rapporto tra normativa regionale e Testo Unico dell’Edilizia. La società ricorrente aveva richiamato alcune disposizioni della legge regionale lombarda che esentano determinate installazioni (come roulotte e case mobili) dal permesso edilizio se non stabilmente ancorate al suolo.
Il TAR ha ribadito un principio fondamentale: le leggi regionali non possono derogare ai principi generali fissati a livello nazionale. La definizione di intervento edilizio e il regime dei titoli abilitativi sono materia concorrente, ma la cornice normativa statale resta vincolante. Anche la giurisprudenza costituzionale, più volte citata nella sentenza, conferma che le Regioni possono dettagliare, ma non sovvertire, le categorie edilizie previste dal DPR 380/2001.
In sostanza, se un’opera è stabilmente ancorata, dotata di impianti e destinata a uso continuativo, essa necessita di permesso di costruire, anche se si trova in un campeggio e anche se la Regione prevede eccezioni.
Advertisement - PubblicitàUn altro aspetto centrale della sentenza riguarda la responsabilità del gestore della struttura. La società ricorrente ha sostenuto che alcune delle opere oggetto dell’ordinanza fossero state installate direttamente dai clienti del campeggio, in autonomia.
Il TAR ha respinto questa linea difensiva, affermando che il gestore – in quanto proprietario e responsabile della struttura – ha il dovere di controllare ciò che avviene all’interno del compendio. Anche se le opere sono state materialmente installate da terzi, il gestore ne è corresponsabile, soprattutto se ha consentito o tollerato tali interventi.
Il regolamento interno del campeggio, che richiede l’autorizzazione preventiva per ogni modifica da parte dei campeggiatori, non è stato ritenuto sufficiente a esonerare il gestore da responsabilità. Trattandosi di un accordo tra privati, non ha valore nei confronti dell’amministrazione pubblica.
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