Una sentenza del TAR Sicilia conferma che la lottizzazione abusiva è un illecito oggettivo e permanente, sanzionabile anche dopo anni, a prescindere dalla buona fede dell’acquirente.
Acquistare una casa può sembrare un sogno che si realizza, specialmente quando tutto sembra in regola: atto notarile, documentazione, addirittura una richiesta di sanatoria in corso e bollettini già pagati.
Ma cosa accade se, anni dopo, il Comune emette un’ordinanza che ordina la sospensione dei lavori, vieta di disporre dell’immobile e minaccia la demolizione, dichiarando che si tratta di lottizzazione abusiva?
È quanto accaduto in un caso deciso di recente dal TAR Sicilia, che ha respinto il ricorso di un cittadino che si riteneva in buona fede. Secondo il Tribunale, anche chi ha acquistato regolarmente una casa può essere coinvolto in un illecito urbanistico preesistente, con conseguenze pesanti e spesso irreversibili.
Ma davvero la buona fede non conta nulla in questi casi? E cosa significa esattamente “lottizzazione abusiva”?
Le risposte sono molto meno scontate di quanto si possa immaginare.
Sommario
La vicenda nasce nel 2014, quando il ricorrente decide di acquistare una villetta nel Comune di Carini, in provincia di Palermo, convinto della piena regolarità urbanistica del bene. Il prezzo, piuttosto contenuto rispetto alla media di mercato, e la documentazione allegata all’atto notarile sembrano rassicuranti: una lunga catena di trasferimenti del bene, avviata fin dal 1984, e una pratica di condono edilizio avviata nel 1995, con tanto di bollettini che attestano il versamento dell’oblazione prevista per la sanatoria.
Non solo.
I venditori avevano dichiarato, sotto la propria responsabilità, che l’immobile non era stato oggetto di modifiche edilizie non autorizzate. A conferma di ciò, l’acquirente aveva anche incaricato un tecnico di fiducia di verificare l’assenza di eventuali abusi edilizi o anomalie urbanistiche. Insomma, tutte le cautele sembravano essere state adottate, tanto che il compratore si era sentito legittimamente al sicuro.
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Eppure, nel 2023 – a distanza di ben nove anni dall’acquisto – il Comune ha notificato un’ordinanza con cui ha contestato non un semplice abuso edilizio, ma un vero e proprio caso di lottizzazione abusiva dell’area in cui sorge l’immobile. La misura adottata non si è limitata a imporre un blocco dei lavori, ma ha vietato qualsiasi disposizione tra vivi dei suoli e ha preannunciato l’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale, con la conseguente demolizione dell’abitazione.
Una svolta drammatica per chi aveva acquistato convinto di essere in regola. Da qui l’impugnazione dell’atto davanti al TAR, nel tentativo di difendere non solo l’investimento, ma soprattutto l’unica abitazione di proprietà.
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Advertisement - PubblicitàDi fronte a un’ordinanza così drastica, il proprietario ha deciso di rivolgersi al TAR Sicilia, chiedendo l’annullamento del provvedimento e la sua sospensione in via d’urgenza. Alla base del ricorso, ha posto una serie di motivazioni giuridiche e fattuali, tutte ruotate intorno a un concetto chiave: l’affidamento legittimo del cittadino nella regolarità degli atti pubblici e nella correttezza della propria posizione.
Il primo punto sollevato riguarda la buona fede nell’acquisto dell’immobile. L’acquirente ha evidenziato come, al momento della compravendita, avesse verificato la presenza della pratica di sanatoria, regolarmente presentata e con le somme già versate. Nessun segnale – né dai venditori né dal Comune – lasciava intendere che si trattasse di una situazione urbanisticamente compromessa.
Dopo oltre vent’anni di silenzio sulla pratica, secondo il ricorrente, l’amministrazione non avrebbe potuto intervenire con una misura tanto afflittiva, senza violare i principi di correttezza, buona fede e certezza del diritto.
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In secondo luogo, è stata contestata la stessa esistenza dell’illecito di lottizzazione abusiva, ritenuto insussistente o comunque superato. Il ricorrente ha sostenuto che i presunti frazionamenti del terreno risalgono a epoche precedenti alla legge n. 47/1985, che ha formalizzato la distinzione tra lottizzazione cartolare e materiale. Pertanto, a suo dire, la norma non poteva applicarsi retroattivamente a fatti così remoti.
Un altro argomento centrale è la mancanza di un piano di recupero: secondo il proprietario, l’area – ormai urbanizzata da decenni – avrebbe potuto e dovuto essere oggetto di una variante urbanistica, invece di essere repressa come un abuso. Infine, ha evidenziato che l’ordinanza era stata emessa senza alcuna comunicazione preventiva, impedendogli di partecipare al procedimento e di difendersi in modo adeguato.
Al di là dei profili giuridici, però, c’è un elemento umano forte: la casa oggetto dell’ordinanza rappresenta l’unica abitazione del ricorrente. E l’effetto di una demolizione, unito alla perdita dell’immobile senza alcun indennizzo, sarebbe stato – secondo la difesa – devastante e sproporzionato.
Advertisement - PubblicitàDi fronte al ricorso del proprietario, il Comune di Carini ha scelto una linea difensiva netta e articolata. Secondo l’amministrazione, la situazione contestata non riguarda un semplice abuso edilizio singolo, bensì una lottizzazione abusiva di più ampio respiro, maturata nel tempo attraverso frazionamenti e costruzioni eseguite senza un’adeguata pianificazione urbanistica.
Secondo quanto sostenuto in giudizio, l’area interessata ha subito una progressiva trasformazione urbanistica tra il 1982 e il 1987, con una serie di atti di compravendita e realizzazioni edilizie che, nel loro insieme, hanno dato luogo a un insediamento residenziale non autorizzato né regolamentato da strumenti urbanistici attuativi. Un insieme di lotti venduti, fabbricati costruiti, opere di urbanizzazione primaria realizzate (strade interne, allacci fognari, accessi carrabili) che – valutati nel loro complesso – configurano, secondo il Comune, una trasformazione illecita e permanente del territorio.
Il Comune ha inoltre rigettato l’idea che la pratica di sanatoria presentata anni prima potesse “sanare” l’insieme del fenomeno: secondo la normativa urbanistica, una concessione edilizia in sanatoria ha effetto solo sul singolo immobile, ma non può legittimare un’intera lottizzazione abusiva, che resta tale anche se le singole unità abitative risultano regolarizzate.
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Sulla presunta irretroattività della norma, l’amministrazione ha precisato che la lottizzazione abusiva è un illecito permanente: non si consuma in un momento preciso, ma si protrae nel tempo finché permane l’assetto irregolare del territorio.
Per questo, la normativa attuale può essere applicata legittimamente anche a fatti originatisi prima della sua entrata in vigore.
Infine, il Comune ha escluso ogni obbligo di comunicare preventivamente l’avvio del procedimento, affermando che i provvedimenti repressivi in materia edilizia sono vincolati, e quindi non richiedono alcuna partecipazione del destinatario, non essendoci margini di discrezionalità nella loro adozione.
Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 482/2025, il TAR Sicilia ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo legittima e fondata l’azione del Comune. Il cuore della decisione ruota attorno a un principio giuridico chiave: la lottizzazione abusiva non si esaurisce in un singolo abuso edilizio, ma rappresenta una trasformazione complessiva del territorio, tale da incidere in modo permanente sull’assetto urbanistico.
È, dunque, un illecito amministrativo oggettivo e continuativo, che può essere represso in ogni momento, anche a distanza di anni, e a prescindere dallo stato soggettivo del proprietario.
Richiamando l’articolo 30 del Testo Unico sull’Edilizia (DPR 380/2001), il TAR ha spiegato che la lottizzazione abusiva può manifestarsi in due forme:
Nel caso esaminato, erano presenti entrambe le forme: l’area era stata frazionata e lottizzata a partire dagli anni ’80, e successivamente dotata di opere di urbanizzazione primaria, in assenza di qualsiasi strumento urbanistico.
Il TAR ha anche respinto l’argomentazione secondo cui il condono in corso potesse escludere l’illecito: la procedura di sanatoria – peraltro mai conclusa – riguarda solo il singolo immobile, mentre la lottizzazione abusiva coinvolge l’intera area, e continua a produrre effetti anche dopo l’eventuale rilascio di titoli edilizi. La buona fede del proprietario, inoltre, non incide sulla legittimità del provvedimento, perché la legge impone l’adozione di misure repressive senza margini di scelta.
Il Tribunale ha anche richiamato una giurisprudenza consolidata secondo cui l’interesse pubblico al corretto uso del suolo prevale sul legittimo affidamento del singolo, salvo eventuali azioni risarcitorie in sede civile nei confronti di chi ha venduto o dell’ente pubblico in caso di omissioni. Ma sul piano amministrativo, la lottizzazione abusiva va sempre repressa, anche se l’acquirente è stato diligente.