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Sanatoria su IMU, TARI e canoni pubblici: la novità della manovra 2026

La definizione agevolata locale offre ai contribuenti una via sostenibile per sanare tributi arretrati e permette agli enti di recuperare risorse, migliorare la riscossione e alleggerire i bilanci pubblici.

Sanatoria su IMU, TARI e canoni pubblici: la novità della manovra 2026 Sanatoria su IMU, TARI e canoni pubblici: la novità della manovra 2026
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Nel 2026 potrebbe aprirsi una nuova stagione per contribuenti e imprese alle prese con tributi locali non pagati: dall’IMU alla TARI, dai canoni per l’occupazione del suolo pubblico fino alle multe stradali. La bozza della Legge di Bilancio introduce, infatti, una possibile definizione agevolata dedicata ai tributi riscossi da Comuni e Regioni, una sorta di “rottamazione locale” che, pur non essendo collegata alla rottamazione “quinquies” nazionale, consentirebbe agli enti territoriali di offrire ai cittadini una sanatoria ad hoc.

Il potere decisionale sarà però totalmente nelle mani di sindaci e governatori, che potranno scegliere se attivare o meno questa opportunità e a quali condizioni.

Che cosa potrà essere realmente sanato? Quali benefici concreti avranno i contribuenti? E quali territori sceglieranno di aderire?

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Che cos’è la nuova “rottamazione locale”

La novità prevista dalla Manovra 2026 consiste nell’introdurre, in modo stabile, la possibilità per gli enti territoriali di creare una propria definizione agevolata sui tributi locali non pagati. Non si parla di un condono generalizzato né di un’estensione della rottamazione nazionale delle cartelle: qui il potere decisionale passa totalmente ai Comuni e alle Regioni. Ogni amministrazione potrà stabilire se attivare l’agevolazione, quali tributi includere, quali abbuoni concedere e quali criteri imporre ai contribuenti per aderire.

Si tratta di una svolta che rende strutturale una possibilità prevista, in passato, solo in forma episodica (e quasi mai utilizzata) e che oggi diventa uno strumento ordinario per gestire il cosiddetto “magazzino dei crediti”. In pratica, gli enti locali potranno tagliare sanzioni e interessi su tasse non versate, permettere la rateizzazione dell’importo dovuto e semplificare il percorso di regolarizzazione.

L’obiettivo è duplice: recuperare più rapidamente risorse che altrimenti rimarrebbero inevase e offrire ai cittadini un modo più sostenibile per chiudere pendenze spesso datate e difficili da onorare.

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Quali tributi possono rientrare nella sanatoria

La definizione agevolata potrà riguardare esclusivamente i tributi e le entrate proprie degli enti locali. Questo significa che rientrano tutte le imposte comunali e regionali non pagate, mentre restano escluse le addizionali Irpef e l’Irap, che pur essendo decise a livello territoriale non sono considerate tributi locali in senso stretto.

Nel perimetro della nuova misura rientrano quindi IMU, TARI, imposta di soggiorno, ICP e diritti sulle affissioni, canoni patrimoniali per l’occupazione del suolo pubblico, canoni idrici, bollo auto e tutte le sanzioni amministrative, comprese le multe stradali. Restano invece fuori i debiti collegati al recupero di aiuti di Stato illegittimi, quelli già oggetto di vecchie definizioni agevolate non perfezionate e le pendenze connesse a condanne penali o contabili.

La scelta dell’ente locale determinerà il raggio d’azione della misura: alcuni potrebbero includere solo i tributi più difficili da riscuotere, altri estendere la sanatoria a tutte le pendenze per aumentare la capacità di incasso.

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Come entrerà in vigore e cosa devono fare comuni e regioni

La nuova definizione agevolata diventerà effettiva solo se ogni ente territoriale deciderà di adottarla. Nessuna automatizzazione, nessun meccanismo imposto dall’alto: la norma concede la possibilità, ma non l’obbligo. Per attivarla, Comuni e Regioni dovranno approvare una delibera ad hoc che stabilisca con precisione quali tributi rientrano nell’agevolazione, quali riduzioni applicare su sanzioni e interessi, per quanto tempo sarà possibile aderire e quali documenti dovranno presentare i contribuenti.

Le amministrazioni con bilanci solidi avranno maggior libertà di scelta, mentre quelle in condizioni finanziarie più complesse potrebbero avere margini più limitati o necessitare di ulteriori autorizzazioni. Una volta approvata la delibera, l’ente dovrà trasmettere il regolamento al portale del federalismo fiscale e pubblicarlo sul proprio sito istituzionale, affinché diventi pienamente operativo e conoscibile da tutti i cittadini.

Se la manovra resterà invariata, la possibilità di deliberare partirà dal 1° gennaio 2026. Da quel momento, ogni territorio potrà decidere se sfruttare questa leva per recuperare risorse, “pulire” i propri residui attivi e offrire ai cittadini un percorso più agevole di regolarizzazione. È prevedibile che le scelte saranno molto differenziate: alcuni enti potrebbero cogliere subito l’occasione, mentre altri potrebbero rinviare per evitare di incentivare comportamenti non virtuosi.

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Che cosa si potrà sanare e quali vantaggi sono previsti

La definizione agevolata permetterà di regolarizzare sia gli importi già iscritti a ruolo e affidati alla riscossione, sia gli avvisi di accertamento notificati ma non ancora definitivi. In alcuni casi, l’agevolazione potrà essere utilizzata anche durante un contenzioso già avviato, purché non vi sia una sentenza passata in giudicato. L’obiettivo è consentire la chiusura delle pendenze ancora aperte legate a tributi locali non versati o pagati in ritardo.

I benefici concreti dipenderanno dalle scelte dell’ente locale, ma in generale potranno includere:

  • abbattimento totale o parziale delle sanzioni;
  • riduzione degli interessi di mora;
  • eliminazione di oneri accessori e di riscossione;
  • rateizzazione del debito residuo, con interessi calcolati al tasso del 4% annuo per chi sceglie di dilazionare;
  • sospensione delle procedure esecutive in corso una volta presentata l’istanza.

Per le multe stradali, il vantaggio riguarderà solo la componente economica della sanzione: eventuali punti persi sulla patente resteranno tali. In ogni caso, la misura punta a facilitare la chiusura di debiti spesso accumulati nel tempo, rendendo più conveniente pagare subito e consentendo ai Comuni di recuperare liquidità senza attendere anni di procedure.

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Il tax gap dei tributi locali: perché la sanatoria interessa gli enti

Per molti Comuni e Regioni, la definizione agevolata rappresenta un’opportunità concreta per recuperare parte dei crediti che oggi rimangono inesigibili. Secondo le analisi più recenti, il totale dei tributi locali non riscossi supera i 41 miliardi di euro, una cifra che pesa in modo significativo sui bilanci territoriali. Di questi, oltre 27 miliardi riguardano i Comuni e quasi 15 miliardi Province e Regioni.

Non tutto, però, è realmente recuperabile: solo una quota di questi crediti è considerata ad “alta probabilità di riscossione”, e proprio su questa parte la nuova rottamazione locale potrebbe avere il maggiore impatto. Per molte amministrazioni, la misura rappresenta un modo per incassare più rapidamente somme altrimenti destinate a rimanere nel limbo per anni, riducendo al contempo il costo delle procedure di recupero e alleggerendo il magazzino contabile.

Anche le opinioni dei sindaci sono divise: c’è chi vede nella sanatoria un’opportunità per migliorare il gettito e chi teme possa essere interpretata come un segnale sbagliato per i contribuenti regolari. Ma in una fase di risorse scarse, molti enti potrebbero scegliere di attivarla per recuperare liquidità immediata e ridurre il peso dei residui attivi nei propri bilanci.

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Il peso dei tributi locali e le differenze nella capacità di riscossione

I tributi locali rappresentano una voce essenziale per il funzionamento degli enti territoriali: secondo le analisi più recenti, garantiscono almeno il 40% della spesa corrente dei Comuni, con Imu e Tari come pilastri principali delle entrate. Da sole, queste due imposte coprono quasi l’80% del gettito tributario municipale, ma la loro riscossione non è uniforme sul territorio nazionale.

Alcuni Comuni riescono a recuperare una quota molto alta delle somme dovute, mentre altri mostrano ritardi significativi. Sull’IMU, ad esempio, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana risultano tra le più efficienti: solo nell’ultimo anno, queste tre regioni hanno recuperato più del 35% del gettito non versato a livello nazionale. A livello comunale, spiccano casi come Milano, Venezia, Napoli, Torino e Bologna, capaci di incassare milioni di euro tramite attività di recupero.

La situazione cambia se si guarda alla Tari: qui molti Comuni fanno più fatica. In metà del territorio nazionale il tasso di riscossione si ferma attorno al 70%, mentre nelle realtà meno organizzate scende sotto il 40%. Una differenza che si traduce in minori risorse per servizi essenziali e maggiori difficoltà nel coprire i costi del ciclo dei rifiuti.

In questo contesto, la rottamazione locale può diventare una strategia per rientrare più velocemente delle somme non riscosse, anche se non tutti i sindaci la vedono allo stesso modo. Alcuni temono che possa indebolire il senso di equità fiscale, altri la considerano un’occasione per rafforzare i bilanci e chiudere pendenze ormai datate.

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La riscossione locale verso un nuovo modello: il ruolo di amco

Accanto alla definizione agevolata, la manovra introduce un’altra potenziale trasformazione: il trasferimento della gestione della riscossione locale ad AMCO, la società del Ministero dell’Economia specializzata nel recupero di crediti deteriorati. L’obiettivo è supportare gli enti che faticano a incassare i tributi, garantendo maggiore efficienza e tempi più rapidi.

Il nuovo sistema prevederebbe che AMCO organizzi gare pubbliche per individuare operatori qualificati a cui affidare la riscossione, garantendo standard uniformi e controlli più stringenti. Per i contribuenti, l’impatto concreto sarà più chiaro solo con l’arrivo del decreto attuativo — atteso nei primi mesi del 2026 — che definirà modalità operative, tempistiche e tutele.

Se confermato, questo modello segnerebbe un passaggio importante: la riscossione locale non sarebbe più gestita in modo completamente autonomo da ogni Comune, ma coordinata da un soggetto centrale in grado di razionalizzare costi e procedure. Una scelta che potrebbe aumentare la capacità di incasso soprattutto nei territori più piccoli o con uffici sottodimensionati, migliorando complessivamente il recupero delle entrate.



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Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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