La manovra 2026 si amplia di 3,5 miliardi per sostenere imprese, edilizia e incentivi fiscali, tra coperture complesse, ritardi sui cantieri e un acceso scontro politico.

Le sessioni di bilancio non sono mai un semplice esercizio contabile: diventano spesso il terreno di scontro politico, economico e istituzionale più acceso dell’anno. Anche la manovra 2026 non fa eccezione e, mentre il calendario parlamentare si accorcia, emergono nuovi correttivi miliardari che rischiano di modificare l’impianto originario della legge di bilancio.
Al centro del confronto ci sono Transizione 5.0, i crediti d’imposta per la Zes Unica del Sud, il caro materiali nell’edilizia e persino le risorse destinate al Ponte sullo Stretto.
Ma da dove arrivano questi 3,5 miliardi aggiuntivi e quali effetti avranno su imprese e cantieri?
Sommario
La novità prende forma al Senato, quando il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti illustra alla commissione Bilancio la necessità di reperire 3,5 miliardi di euro aggiuntivi. Una cifra che vale quasi un quinto della manovra originaria e che porta il valore complessivo dell’intervento verso quota 22 miliardi, rigorosamente a saldi invariati, senza incidere su deficit e debito indicati nel Piano di bilancio strutturale.
Le risorse servono innanzitutto a coprire la lunga lista d’attesa delle imprese rimaste escluse dagli incentivi di Transizione 5.0: secondo i calcoli aggiornati del ministero delle Imprese e del Made in Italy occorrono tra 1,7 e 1,8 miliardi. A questi si aggiungono 1,3 miliardi necessari per evitare un taglio del 39,62% ai crediti d’imposta già prenotati dalle aziende che operano nella Zes Unica del Mezzogiorno.
Completa il quadro il rafforzamento del fondo per il caro materiali, richiesto a gran voce dalle imprese dell’edilizia, alle prese con aumenti dei costi che continuano a comprimere margini e sostenibilità dei cantieri.
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Advertisement - PubblicitàLa partita più delicata resta quella delle coperture. Circa un miliardo dovrebbe arrivare da una misura già discussa con le compagnie assicurative: un superacconto dell’85% sul contributo obbligatorio al Servizio sanitario nazionale pagato sulle polizze di responsabilità civile, pari oggi al 10,5% del premio.
Sul tavolo c’è poi un meccanismo di compensazione delle minori entrate per l’Inps quando i lavoratori scelgono la previdenza complementare.
Ulteriori 200 milioni potrebbero arrivare dalle Regioni, disponibili a rinunciare a queste risorse in cambio della possibilità di redistribuire tra loro gli spazi finanziari liberati dal cosiddetto “taglia debito”. Un equilibrio complesso, che spiega perché la definizione dell’emendamento governativo abbia richiesto più tempo del previsto.
Advertisement - PubblicitàNella manovra entra anche la rimodulazione delle risorse destinate al Ponte sullo Stretto. Contrariamente alle previsioni iniziali, l’apertura dei primi cantieri non avverrà nel 2025 ma, con ogni probabilità, nel corso del 2026, anche in funzione dell’esito del confronto con la Corte dei conti.
Dal ministero delle Infrastrutture viene ribadito che l’opera resta una priorità strategica e che la scansione temporale degli stanziamenti sarà rivista senza ridurre l’importo complessivo di 13,5 miliardi di euro.
La scelta ha però acceso lo scontro politico. Il Partito Democratico, con la segretaria Elly Schlein, accusa il Governo di voler coprire con i fondi del Ponte gli errori su Transizione 5.0, mentre le opposizioni chiedono di destinare quelle risorse alle infrastrutture immediatamente utili per Sicilia e Calabria.
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Al di là dei singoli capitoli di spesa, è l’intero percorso della manovra a incontrare ostacoli. Il clima a Palazzo Madama si è surriscaldato: il Pd parla di gestione imbarazzante, il Movimento 5 Stelle definisce la manovra “da buttare” e Italia Viva accusa il Governo di aver sbagliato l’impostazione complessiva.
Il calendario parlamentare si fa sempre più serrato e torna lo spettro di sedute tra Natale e Capodanno. Oltre alla legge di bilancio, i senatori dovranno convertire il decreto Anticipi, in scadenza il 29 dicembre, e approvare definitivamente la riforma della Corte dei conti entro fine anno, quando terminerà la proroga dello scudo erariale.
Advertisement - PubblicitàAlcuni nodi sono stati sciolti, come quello sull’oro di Bankitalia: la riformulazione governativa conferma l’appartenenza delle riserve al Popolo italiano, ribadendo però il pieno rispetto dei Trattati europei e dell’attuale assetto istituzionale. Restano però irrisolte altre questioni sensibili, tra cui la norma che vieta alle pubbliche amministrazioni di pagare compensi a professionisti con debiti fiscali o contributivi, e il taglio alle risorse per l’editoria denunciato dalla Fieg.
Da definire anche il coordinamento tra il contributo italiano da due euro sui pacchi e il dazio europeo da tre euro, mentre sembra definitivamente accantonata l’ipotesi di innalzare a 10.000 euro il limite all’uso del contante. Nel frattempo, il Governo deve anche ampliare il perimetro dell’iperammortamento, estendendo la possibilità di agevolazione agli acquisti aziendali fino al 30 settembre 2028.
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