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Cassazione boccia la pergotenda: quando serve il permesso

La Cassazione conferma: una pergotenda con chiusure laterali, materiali rigidi e volumi aggiuntivi richiede titolo edilizio. Attenzione alle norme locali e ai limiti dell’edilizia libera.

Cassazione boccia la pergotenda: quando serve il permesso Cassazione boccia la pergotenda: quando serve il permesso
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Negli ultimi anni è sempre più frequente vedere pergole, pergotende e strutture simili montate su terrazzi e giardini per migliorare la vivibilità degli spazi esterni. La domanda che si pongono in molti è: serve un permesso per installarle oppure rientrano nell’edilizia libera? A prima vista sembrano opere semplici, leggere, magari facilmente rimovibili. Ma la legge non sempre le considera tali.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29638/2025, ha affrontato il caso di una pergotenda installata senza alcun titolo abilitativo, ribadendo i limiti dell’edilizia libera e chiarendo quando una struttura esterna viene considerata una nuova costruzione vera e propria, quindi soggetta a regole più rigide.

Particolarmente rilevante è il fatto che la difesa dell’imputato abbia fatto leva proprio sulle novità normative introdotte dal cosiddetto “Decreto Salva Casa” (D.L. 69/2024, convertito nella Legge 105/2024), che ha ampliato le categorie di interventi realizzabili senza permesso. Ma per i giudici della Cassazione, non è bastato.

Cosa ha deciso la Corte? In quali casi serve una SCIA o addirittura un permesso di costruire? E quando invece una pergotenda rientra davvero nell’edilizia libera?

Scopriamolo insieme.

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Pergotenda su terrazzo e condanna per abuso edilizio

Il protagonista della vicenda è un cittadino di Varazze che aveva fatto installare, sul terrazzo di pertinenza del proprio appartamento, una struttura che lui stesso definiva “pergotenda”. Secondo la ricostruzione del Tribunale di Savona, confermata dalla Cassazione, si trattava di una struttura metallica di oltre 5 metri per 3, con altezza superiore ai 2,5 metri, chiusa su due lati e dotata di copertura in materiale plastico spesso. La struttura era stata fissata ai muri dell’edificio ed era dotata di due pilastri metallici di sostegno, elementi che hanno contribuito alla qualificazione dell’opera come nuova costruzione edilizia e non come semplice tenda parasole.

La difesa dell’imputato ha cercato di sostenere che l’intervento rientrasse nell’edilizia libera, come previsto dall’art. 6, lett. b-ter del DPR 380/2001, introdotto con il Decreto Salva Casa. Secondo questa disposizione, infatti, sono libere tutte le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici realizzate con tende, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, purché non determinino la creazione di uno spazio stabilmente chiuso né aumentino superfici o volumi.

Tuttavia, il Tribunale prima e la Cassazione poi hanno ritenuto che l’opera andasse ben oltre una semplice pergotenda: la presenza di pareti chiuse, una copertura stabile e addirittura – secondo quanto emerso in giudizio – una cucina in muratura, rendevano evidente la creazione di un nuovo volume abitabile, con un mutamento della destinazione d’uso del terrazzo.

Una trasformazione che, secondo i giudici, richiedeva almeno una SCIA (se non addirittura un permesso di costruire), e che risultava anche in contrasto con le norme locali di tutela del centro storico.

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Quando una pergotenda è davvero “libera”: cosa dice la legge (e la cassazione)

Il cuore della questione, per la Corte di Cassazione, sta nella distinzione tra opere leggere accessorie e nuove costruzioni edilizie. La cosiddetta pergotenda, per rientrare nel regime di edilizia libera – così come definito dall’art. 6, lett. b-ter del DPR 380/2001 – deve soddisfare una serie molto precisa di requisiti, di natura sia tecnica che estetica.

In particolare, secondo quanto stabilito dalla sentenza, un’opera può essere considerata pergotenda (e quindi realizzabile senza permessi) solo se:

  1. È finalizzata esclusivamente alla protezione dal sole o dagli agenti atmosferici;
  2. È composta da tende o teli retrattili, anche impermeabili, e non da elementi rigidi o chiusure laterali;
  3. Non crea uno spazio chiuso stabile, cioè non comporta un aumento di volume o superficie utile;
  4. Presenta caratteristiche costruttive leggere, con impatto visivo minimo e pilastri o supporti non invasivi;
  5. Si armonizza con le linee architettoniche dell’immobile esistente.

Secondo i giudici, la sola presenza di elementi come pareti laterali chiuse, materiali plastici spessi e pilastrini di dimensioni significative è sufficiente a far decadere la natura “libera” dell’intervento, rendendolo soggetto a titolo abilitativo.

La Cassazione, inoltre, chiarisce un concetto importante: non basta chiamare un’opera “pergotenda” perché lo sia davvero. La classificazione dipende dalla funzione concreta e dalla struttura fisica, non dalla denominazione commerciale o dall’intento del proprietario.

Leggi anche: Installare una pergotenda senza permessi: ecco quando si può

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Le regole locali contano: il regolamento edilizio e lo “studio organico” di Varazze

Un aspetto decisivo della vicenda giudiziaria è rappresentato dalla violazione delle norme urbanistiche locali, in particolare lo “Studio organico di insieme del Centro storico” e il Regolamento edilizio del Comune di Varazze. Entrambi i documenti, secondo quanto rilevato dai giudici, fissano limiti molto stringenti per le strutture che possono essere installate all’esterno degli edifici situati nel centro storico.

Secondo lo Studio organico, le pergotende ammesse devono:

  • essere realizzate esclusivamente in tessuto,
  • avere sistemi avvolgibili,
  • non prevedere chiusure laterali,
  • rispettare un’altezza massima di 2,50 metri,
  • e non utilizzare materiali plastici.

Nel caso esaminato, invece, la struttura:

  • era alta fino a 2,65 metri,
  • aveva due lati chiusi,
  • ed era dotata di copertura in plastica rigida.

Elementi, questi, che non solo contrastavano con la definizione normativa di pergotenda, ma violavano direttamente le prescrizioni comunali, rafforzando così la fondatezza della condanna.

Va ricordato che, secondo l’art. 44 del DPR 380/2001, la violazione di regolamenti edilizi locali comporta responsabilità penale, se non è accompagnata da un titolo abilitativo. E proprio questo è il cuore della decisione: non si trattava solo di una difformità tecnica, ma di un intervento vietato espressamente dalle norme locali, per di più realizzato senza alcuna comunicazione o autorizzazione.

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Pergotenda o abuso edilizio? cosa insegna la sentenza della cassazione

La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha voluto lanciare un messaggio chiaro: non tutte le strutture leggere possono essere considerate pergotende, e quindi non tutte possono essere realizzate liberamente, senza autorizzazioni. Il ricorso dell’imputato è stato respinto proprio perché l’opera installata non rispettava i parametri fondamentali previsti dalla normativa nazionale (DPR 380/2001, art. 6, lett. b-ter) e violava le specifiche prescrizioni locali.

Secondo i giudici, la struttura creata:

  • aveva elementi di fissità e stabilità incompatibili con una semplice tenda;
  • comportava un aumento di volume e la creazione di un nuovo ambiente chiuso;
  • era realizzata in materiali non ammessi, come il telo in plastica spessa;
  • e modificava la destinazione d’uso del terrazzo da spazio aperto a spazio abitabile.

Tutti questi elementi, anche considerati singolarmente, sono sufficienti – secondo la Corte – a far decadere l’inquadramento in edilizia libera. Il fatto che l’intervento sia stato eseguito senza SCIA o permesso ha determinato quindi la sussistenza del reato di abuso edilizio, con relativa condanna dell’imputato e obbligo di sostenere le spese processuali.

La sentenza, quindi, non chiude la porta alla possibilità di installare pergotende, ma chiarisce con rigore quando ciò è possibile e quando invece si entra nel campo dell’abusivismo edilizio.



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TAGS: abuso edilizio, Cassazione edilizia, decreto salva-casa, edilizia libera, normativa edilizia, pergotenda, permesso di costruire, Regolamento comunale, scia, strutture esterne

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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