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Abusi edilizi: può essere sanzionato l’ex proprietario? il chiarimento del TAR

Il TAR Lombardia ha annullato un’ordinanza di demolizione, ritenendo illegittimo sanzionare un ex proprietario non responsabile dell’abuso e privo del potere di intervenire sul bene.

Abusi edilizi: può essere sanzionato l’ex proprietario? il chiarimento del TAR Abusi edilizi: può essere sanzionato l’ex proprietario? il chiarimento del TAR
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Nel mondo dell’edilizia, non è raro che le autorità comunali intervengano con provvedimenti repressivi contro costruzioni abusive, spesso ingiungendo la demolizione delle opere non autorizzate. Ma cosa succede quando l’ordine di demolizione viene indirizzato a chi non ha materialmente eseguito gli abusi?

E se quella persona, al momento dell’ordinanza, non è neppure più proprietaria dell’area interessata?

Una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia ha fatto luce su questa questione, chiarendo in che modo deve essere individuato il vero destinatario di una misura sanzionatoria. Il caso analizzato ruota intorno a un’ordinanza comunale che imponeva la rimozione di alcune opere abusive, in un’area sottoposta a vincoli paesaggistici e destinata all’attività agricola. La parte che ha ricevuto l’ordinanza, tuttavia, sosteneva di non avere alcuna responsabilità, avendo ceduto la proprietà prima dell’adozione del provvedimento e non essendo coinvolta nella trasformazione urbanistica del terreno.

Si tratta di una decisione che può avere importanti conseguenze per chi compra o vende immobili, soprattutto quando sono in corso procedimenti edilizi o vi sono potenziali abusi.

Ma quali sono i confini della responsabilità del proprietario? Quando può davvero essere sanzionato anche se non ha commesso l’abuso? E quali errori può commettere l’amministrazione nel notificare l’ordinanza?

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Il contesto della vicenda: tra passaggi di proprietà e trasformazioni urbanistiche

Il caso trattato nella sentenza ha origine da una serie di accertamenti eseguiti su un terreno situato in un comune della Lombardia. L’area in questione, classificata dal piano urbanistico come destinata ad attività agricola e compresa all’interno di un Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS), è risultata oggetto di una significativa trasformazione edilizia non autorizzata.

Sopralluoghi e analisi satellitari condotti dal Comune avevano evidenziato la presenza di materiali da costruzione, box prefabbricati, un cancello carraio, pilastri metallici e persino una platea in cemento armato prefabbricato. Elementi che configuravano una modifica sostanziale e permanente dell’uso del suolo, in assenza dei titoli edilizi e paesaggistici necessari.

Sulla base di tali riscontri, il Comune ha emesso un’ordinanza di rimozione e ripristino dello stato dei luoghi, indirizzata a due soggetti: da un lato, l’allora proprietario formale del terreno, dall’altro, l’impresa attualmente titolare dell’area e ritenuta autrice materiale degli abusi.

La società colpita dall’ordinanza, che aveva ceduto formalmente la proprietà pochi giorni prima dell’emissione del provvedimento, ha impugnato l’atto davanti al TAR. Nella sua difesa, ha sostenuto di non essere responsabile delle opere eseguite, avendo perso ogni disponibilità dell’area già anni prima, in virtù di un contratto preliminare con effetti anticipati.

In aggiunta, era stato pattuito espressamente che nessuna opera potesse essere eseguita senza consenso scritto da parte della stessa.

Leggi anche: Decenni di silenzio non salvano l’abuso edilizio: veranda e pergolato costano la demolizione

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Le posizioni contrapposte: tra corresponsabilità e assenza di potere sul bene

La società che ha impugnato l’ordinanza ha articolato la propria difesa su un punto fondamentale: non poteva essere considerata responsabile dell’abuso in quanto, già al momento dell’avvio del procedimento amministrativo, non aveva più né la disponibilità né il potere di intervento sull’area. Ha ricordato che sin dal 2015 il terreno era stato oggetto di un contratto preliminare con effetti anticipati e che dal 2024 la proprietà era stata trasferita definitivamente a un altro soggetto, formalizzato con atto notarile anteriore all’ordinanza comunale.

Inoltre, ha evidenziato che gli accordi contrattuali con il nuovo proprietario vietavano espressamente qualsiasi intervento edilizio senza l’autorizzazione scritta della cedente, che non era mai stata concessa. In sostanza, secondo la ricorrente, non vi era alcuna prova né presunzione razionale che potesse giustificare la sua corresponsabilità.

Dall’altra parte, l’amministrazione comunale ha sostenuto una tesi opposta: in base a una consolidata giurisprudenza, il proprietario catastale del terreno è sempre legittimamente destinatario dell’ordinanza di demolizione, a meno che non riesca a fornire prove concrete della propria estraneità e dell’impossibilità materiale di intervenire per porre fine all’abuso.

Il Comune ha quindi sostenuto che, essendo la società ancora proprietaria durante la fase in cui si sono verificate le trasformazioni e al momento dell’accertamento degli abusi, dovesse essere considerata almeno corresponsabile.

Leggi anche: Abusi edilizi e canne fumarie: quando il nuovo proprietario non è responsabile, il chiarimento del Consiglio di Stato

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La decisione del TAR: il proprietario non è automaticamente responsabile

Il Tribunale Amministrativo Regionale con la sentenza n. 1706/2025 ha accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: non è sufficiente la mera qualità di ex proprietario per legittimare un’ordinanza di demolizione, soprattutto se l’amministrazione non motiva in modo adeguato il coinvolgimento soggettivo del destinatario.

Nel caso esaminato, il TAR ha riconosciuto che, pur essendo vero che la società ricorrente era proprietaria dell’area nel periodo in cui si sono verificati gli abusi, l’ordinanza contestata individuava come unico responsabile delle opere abusive un altro soggetto. Allo stesso tempo, non vi era alcuna indicazione di una responsabilità concorrente o di un potere effettivo della ricorrente di intervenire per eliminare l’abuso.

Il giudice ha ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, l’ordine di demolizione può essere rivolto anche al proprietario non autore dell’abuso, ma solo se quest’ultimo ha un potere effettivo di ripristino e se l’amministrazione motiva in modo coerente la scelta del destinatario. In mancanza di tale motivazione, il provvedimento risulta illogico e viziato. Inoltre, alla data dell’adozione dell’ordinanza, la società non era più proprietaria del terreno, circostanza che, secondo il TAR, escludeva del tutto la legittimità della misura repressiva nei suoi confronti.

In conclusione, il tribunale ha annullato l’ordinanza comunale, sottolineando che non si può imporre l’onere del ripristino a chi, al momento dell’intervento repressivo, non ha più alcun potere sulla res e non è ritenuto responsabile dell’illecito.



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TAGS: abuso edilizio, abuso paesaggistico, demolizione ordinanza, diritto amministrativo, edilizia urbanistica, responsabilità proprietario, ricorso TAR, rimozione opere abusive, sentenza edilizia, TAR Lombardia

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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