La BCE mantiene i tassi fermi, ma i mutui italiani mostrano dinamiche diverse: variabili stabili, fissi in aumento, prospettive incerte per il 2026 e scelte da valutare con attenzione.

La Banca centrale europea ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse, confermando il tasso sui depositi al 2%, una scelta attesa dai mercati e motivata da un quadro economico giudicato complessivamente stabile e con un’inflazione sotto controllo. Tuttavia, mentre Francoforte mantiene una linea prudente, in Italia il mercato dei mutui continua a mostrare segnali contrastanti, con rialzi sui tassi applicati alle famiglie e differenze sempre più marcate tra mutui a tasso fisso e variabile. Cosa sta realmente accadendo? Perché, nonostante i tassi BCE fermi, i mutui non scendono per tutti? E soprattutto, cosa conviene fare oggi a chi deve accendere un finanziamento?
Sommario
Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio direttivo, la Banca centrale europea ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse dell’area euro. Il tasso sui depositi resta al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15% e il tasso sui prestiti marginali al 2,40%. Una scelta che arriva dopo un ciclo di politica monetaria espansiva che, nell’arco di un anno, ha portato a otto tagli consecutivi per un totale di due punti percentuali. Secondo Francoforte, l’attuale livello dei tassi è coerente con una fase economica priva di squilibri rilevanti e con un’inflazione sotto controllo.
Accanto alla decisione sui tassi, la BCE ha aggiornato anche le previsioni di crescita dell’economia dell’area euro. Le nuove stime indicano un aumento del Pil dell’1,4% nel 2025, in rialzo rispetto al precedente 1,2%, e dell’1,2% nel 2026, contro l’1% stimato in precedenza. Per il 2027 è attesa una crescita dell’1,4%. Secondo la Banca centrale, la crescita dovrebbe risultare più sostenuta rispetto alle proiezioni di settembre, trainata in particolare dalla domanda interna, segnale di una ripresa più solida dei consumi e degli investimenti.
Advertisement - PubblicitàLe proiezioni sull’inflazione confermano un quadro sostanzialmente rassicurante. Per la zona euro, l’inflazione complessiva è prevista in media al 2,1% nel 2025, all’1,9% nel 2026, all’1,8% nel 2027 e al 2% nel 2028. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare dovrebbe attestarsi al 2,4% nel 2025, al 2,2% nel 2026, all’1,9% nel 2027 e al 2% nel 2028.
La revisione al rialzo per il 2026 è legata soprattutto alla previsione di un rallentamento più graduale dell’inflazione nei servizi, che continua a rappresentare una voce sensibile per la dinamica dei prezzi.
Advertisement - PubblicitàNel comunicato finale, il Consiglio direttivo ha ribadito l’intenzione di assicurare che l’inflazione si stabilizzi sull’obiettivo del 2% nel medio termine. Le future decisioni di politica monetaria saranno adottate riunione per riunione, seguendo un approccio basato sui dati. La valutazione terrà conto delle prospettive di inflazione, dei rischi associati, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’efficacia della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un percorso prestabilito dei tassi di interesse.
Advertisement - PubblicitàNonostante la stabilità dei tassi BCE, il mercato dei mutui in Italia mostra una dinamica diversa. Secondo il Codacons, i tassi di interesse effettivamente praticati alle famiglie sono in aumento. I dati Bankitalia indicano che i tassi sui mutui sono passati dal 3,50% di gennaio al 3,73% di ottobre 2025. Un incremento dello 0,23% che si traduce in un maggiore esborso annuo di circa 222 euro per un mutuo da 150 mila euro a 30 anni.
Per un finanziamento da 120 mila euro della durata di 25 anni, l’aggravio è pari a circa 187 euro l’anno. Secondo l’associazione dei consumatori, la decisione della BCE di lasciare i tassi fermi potrebbe contribuire a rallentare eventuali riduzioni, con effetti diretti sulle tasche di milioni di famiglie.
Un quadro più articolato emerge dall’analisi di Facile.it. Secondo il portale di comparazione, il 2025 si chiuderà con un calo di circa 50 euro della rata mensile di un mutuo variabile standard, scesa da 666 euro di inizio anno a circa 617 euro. Diversa la situazione per i mutui a tasso fisso, che hanno registrato un lieve inasprimento delle condizioni. A incidere è stato l’aumento dell’indice IRS, parametro di riferimento per i finanziamenti a rata fissa: l’IRS a 25 anni è passato da una media del 2,4% di gennaio al 3,1% negli ultimi mesi, determinando un aumento medio della rata di circa 40 euro per i nuovi mutuatari.
Secondo gli esperti di Facile.it, l’andamento degli IRS riflette quello del mercato obbligazionario europeo, caratterizzato nel 2025 da un aumento dei rendimenti.
Tra le principali cause figura la forte attrattività del mercato azionario statunitense, sostenuto da risultati record, che ha spinto molti investitori a ridurre l’esposizione sui titoli di Stato europei. Questa dinamica ha contribuito alla crescita dei rendimenti e, di conseguenza, dei tassi applicati ai mutui a tasso fisso.
Advertisement - PubblicitàGuardando al 2026, i Futures sugli Euribor aggiornati al 10 dicembre 2025 non indicano variazioni significative per i tassi variabili. L’Euribor a tre mesi viaggia sotto il 2,1% e dovrebbe mantenersi su livelli simili nel corso del prossimo anno. Il mercato non prevede ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE e, salvo lievi oscillazioni al rialzo verso fine anno, le rate dei mutui variabili dovrebbero rimanere tendenzialmente stabili.
Più complesso il quadro per i tassi fissi: finché i rendimenti dei titoli europei continueranno a crescere, è difficile immaginare una riduzione degli IRS e dei tassi applicati ai mutui a rata fissa.
Scegliere oggi un mutuo a tasso variabile significa partire con una rata più contenuta, ma accettare un margine di rischio legato all’andamento futuro dei tassi. Per molti, il vantaggio economico iniziale potrebbe non essere sufficiente a compensare l’incertezza. I mutui a tasso fisso, pur più costosi, garantiscono invece stabilità e la certezza di una rata invariabile per tutta la durata del finanziamento. Non esiste una scelta universalmente corretta: la decisione dipende dalla situazione economica, dalla propensione al rischio e dagli obiettivi di ciascun mutuatario.
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