L’Agenzia delle Entrate chiarisce che i crediti da DTA ceduti non possono essere compensati dal cessionario, ma solo richiesti a rimborso, escludendo la compensazione con accise.
Nel panorama delle agevolazioni fiscali, una delle misure più tecniche ma allo stesso tempo significative riguarda la trasformazione delle attività per imposte anticipate (DTA) in crediti d’imposta, secondo quanto previsto dall’art. 44-bis del Decreto-Legge n. 34/2019 (Decreto Crescita), convertito con modificazioni dalla Legge n. 58/2019.
Un recente interpello pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 259/2025) ha affrontato un caso specifico che ha sollevato dubbi interpretativi sulla possibilità di compensare questi crediti con debiti per accise, senza l’applicazione dei limiti previsti da alcune normative precedenti.
L’istanza, presentata da una società indicata con il nome di fantasia [ALFA], verteva su un quesito pratico molto concreto: si possono utilizzare i crediti d’imposta derivanti da DTA trasformate in compensazione illimitata, anche per le accise?
Ma cosa sono le DTA e in quali casi possono essere trasformate in crediti d’imposta? E soprattutto, quali sono i vincoli e le condizioni per poter effettivamente utilizzare questi crediti? L’Agenzia delle Entrate ha fornito una risposta netta che merita un’attenta analisi.
Scopriamo insieme tutti i dettagli della vicenda, il contenuto del quesito e la posizione dell’Amministrazione Finanziaria.
Sommario
La società [ALFA], futura cessionaria dei crediti fiscali, ha sottoposto all’Agenzia delle Entrate un’interessante domanda in merito alla corretta applicazione dell’articolo 44-bis del Decreto Crescita. Tale norma disciplina la possibilità di trasformare in crediti d’imposta le attività per imposte anticipate (DTA) in caso di cessione onerosa di crediti pecuniari vantati verso debitori inadempienti.
Nello specifico, [ALFA] ha manifestato l’intenzione di acquistare, da un soggetto terzo, crediti derivanti da DTA tramite un’operazione di cartolarizzazione condizionata all’esito dell’interpello. La questione ruota intorno alla possibilità per il cessionario di utilizzare tali crediti in compensazione, senza limiti di importo, anche rispetto ai debiti per accise.
Ecco il quesito come formulato nell’istanza ufficiale:
«È possibile per l’odierna istante, futura cessionaria, utilizzare il credito d’imposta risultante dalla trasformazione delle DTA secondo uno dei tre regimi descritti e disciplinati al comma 57, ovvero se può essere utilizzato, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e se detto credito possa essere utilizzato in compensazione con le accise senza l’applicazione dei limiti disposti dall’art. 34 della legge 388/2000 e dall’articolo 1, comma 53, della legge 244/2007, previsti per l’utilizzo, rispettivamente, delle eccedenze d’imposta e dei crediti di natura agevolativa.»
In altre parole, l’istante intendeva accertarsi della possibilità di compensare liberamente questi crediti, aggirando i consueti limiti imposti dalla normativa su crediti agevolativi ed eccedenze d’imposta.
Advertisement - PubblicitàNella sua istanza, la società [ALFA] ha sostenuto di poter acquistare i crediti da DTA e di poterli utilizzare in compensazione orizzontale, senza limiti di importo, anche con riferimento al pagamento delle accise. Tale interpretazione si fonda su una lettura congiunta dell’articolo 44-bis del D.L. n. 34/2019 e dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, supportata anche dalla risoluzione n. 32/E del 15 maggio 2025.
Secondo l’istante, i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione delle DTA – relativi a perdite fiscali e eccedenze ACE – potevano essere compensati direttamente, senza incorrere nei limiti imposti dall’art. 34 della legge 388/2000 (sulle eccedenze d’imposta) e dall’art. 1, comma 53, della legge 244/2007 (sui crediti agevolativi).
A sostegno della propria tesi, [ALFA] faceva riferimento al codice tributo 6834 (Credito d’imposta derivante dalla trasformazione di attività per imposte anticipate), che secondo la sua lettura avrebbe potuto essere utilizzato in compensazione con il tributo “Accise” (codice 2804), senza soglie massime o limiti annuali.
La società riteneva, pertanto, di poter pienamente usufruire dei crediti d’imposta acquistati, rendendo economicamente vantaggiosa l’operazione di cessione e cartolarizzazione.
Advertisement - PubblicitàL’Agenzia delle Entrate, con la risposta n° 259/2025, ha fornito un’interpretazione rigorosa della normativa, non accogliendo la soluzione prospettata dall’istante.
Nel suo parere, l’Amministrazione ha innanzitutto ribadito il funzionamento dell’articolo 44-bis del Decreto Crescita, che consente alle società di trasformare in credito d’imposta le DTA relative a:
Tuttavia, ha specificato che le modalità di utilizzo di tali crediti sono rigorosamente limitate e devono avvenire:
Nel caso specifico, l’Agenzia ha sottolineato un punto chiave: il credito oggetto di cessione, se richiesto a rimborso, non può essere ulteriormente ceduto né compensato dal cessionario. Infatti, l’articolo 43-bis del DPR 602/1973 vieta espressamente ogni ulteriore utilizzo diverso dalla monetizzazione.
«Il cessionario potrà, pertanto, solo monetizzare l’importo del credito acquistato, mediante incasso delle somme oggetto di rimborso, senza possibilità di utilizzo in compensazione né di ulteriore cessione».
In conclusione, secondo l’Agenzia, il credito acquistato dal cessionario non può essere utilizzato in compensazione, nemmeno per il pagamento delle accise, in quanto la normativa non consente tale modalità d’uso nel caso di crediti ceduti e richiesti a rimborso.
Pertanto, la soluzione proposta da [ALFA] è stata rigettata.
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