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Condomini morosi: l’impresa ha diritto a sapere chi non paga

Una sentenza del Tribunale di Napoli stabilisce che l’amministratore condominiale è personalmente responsabile se non comunica i dati dei morosi, ostacolando il recupero crediti dell’impresa edile.

Condomini morosi: l’impresa ha diritto a sapere chi non paga Condomini morosi: l’impresa ha diritto a sapere chi non paga
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Cosa succede quando un’impresa edile completa dei lavori urgenti in un condominio e si ritrova con parte delle fatture non pagate? E cosa accade se l’amministratore, invece di collaborare, ostacola il recupero del credito rifiutandosi di comunicare i dati dei condomini morosi?

È proprio da una situazione simile che nasce una recente sentenza del Tribunale di Napoli. Un’impresa, incaricata di mettere in sicurezza un edificio a rischio, si è ritrovata a dover inseguire un credito da oltre 33.000 euro, affrontando ritardi, resistenze e silenzi da parte dell’amministratore.

Il giudice, però, ha preso una posizione chiara: l’obbligo di collaborare con il creditore ricade direttamente sull’amministratore, che può essere sanzionato personalmente per ogni giorno di ritardo. Una decisione che ribalta le prassi consolidate e apre nuovi scenari per imprese e professionisti del settore.

Ma quali sono le conseguenze concrete di questa pronuncia? E cosa devono sapere oggi imprese, condomini e amministratori per non trovarsi coinvolti in contenziosi simili?

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Lavori urgenti e conti in sospeso: una vicenda esemplare

Nel marzo del 2019, un condominio nel napoletano affida a un’impresa edile una serie di lavori urgenti di messa in sicurezza, necessari per eliminare gravi situazioni di pericolo segnalate dalle autorità comunali. L’intervento, regolato da un contratto d’appalto sottoscritto dalle parti, prevedeva un corrispettivo complessivo di 41.500 euro più IVA per l’esecuzione delle opere principali.

Durante i lavori – avviati tempestivamente nel rispetto delle urgenze indicate – emergono nuove necessità: una facciata inaccessibile senza ponteggio, una colonna pluviale deteriorata da sostituire, ulteriori interventi tecnici non previsti nel progetto iniziale. L’impresa, su indicazione del direttore dei lavori e con l’approvazione dell’amministratore dell’epoca, esegue anche queste opere extra, per un valore aggiuntivo di circa 7.700 euro.

A fine lavori, l’importo totale raggiunge i 53.350 euro. L’impresa emette le relative fatture e riceve alcuni pagamenti parziali, ma alla chiusura del cantiere resta un saldo di oltre 33.000 euro ancora da incassare.

Nonostante i solleciti, l’amministratore non fornisce le informazioni necessarie a individuare i condomini morosi, come previsto dal contratto d’appalto e dalla normativa civilistica. L’unica risposta è un elenco parziale e incompleto, che non consente all’impresa di avviare alcuna azione legale individuale.

A quel punto, l’unica strada percorribile resta quella del tribunale.

Leggi anche: Debiti in condominio: l’amministratore può rivelare i nomi dei morosi?

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Quando l’amministratore risponde in proprio

Uno dei punti centrali della vicenda riguarda un aspetto spesso poco chiaro, anche tra gli addetti ai lavori: chi deve fornire all’impresa l’elenco dei condomini morosi? Il condominio o l’amministratore? E chi ne risponde se ciò non avviene?

Nel caso in esame, il contratto d’appalto stipulato tra le parti conteneva una clausola chiara: in caso di morosità, l’amministratore si impegnava a fornire all’impresa un elenco completo dei condomini inadempienti, con generalità, codici fiscali, indirizzi e importi dovuti pro quota. Un obbligo previsto anche dall’art. 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.

Nonostante ciò, l’amministratore si è limitato a fornire un elenco parziale, privo di alcuni dati essenziali, rendendo impossibile l’attivazione di azioni legali mirate. Di fronte a questa condotta, il giudice ha fatto pieno riferimento a un principio ormai consolidato in giurisprudenza: l’obbligo di cooperazione con il creditore grava direttamente sulla persona dell’amministratore, non sul condominio.

Un punto rafforzato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1002 del 2025, che ha stabilito come la mancata o incompleta comunicazione dei dati dei morosi integri una responsabilità personale dell’amministratore, contraria ai principi di buona fede e correttezza. In pratica, chi gestisce il condominio non può ostacolare l’esercizio del credito da parte dell’impresa, e se lo fa, ne risponde personalmente.

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Lavori extra e urgenza: quando l’approvazione dell’assemblea non serve

Una delle principali contestazioni sollevate in giudizio dall’amministratore del condominio riguardava una parte del credito vantato dall’impresa, pari a circa 7.700 euro, relativa a opere eseguite in corso d’opera ma non formalmente approvate dall’assemblea condominiale. In particolare, si trattava del montaggio di un ponteggio per operare in sicurezza su una facciata e del ripristino di una colonna pluviale.

Secondo la difesa del condominio, quei lavori non erano stati né autorizzati né deliberati, e il direttore dei lavori non aveva ricevuto delega per commissionarli. Tuttavia, il giudice ha ricostruito i fatti in maniera diversa: dai documenti depositati in giudizio è emerso che l’amministratore dell’epoca era a conoscenza degli interventi, che li aveva approvati e ne aveva anche accettato formalmente l’offerta economica.

Non solo. Il Tribunale ha richiamato un principio consolidato del diritto condominiale: quando un’opera è necessaria per prevenire danni imminenti o pericoli alla stabilità dell’edificio, l’amministratore può e deve agire senza attendere l’autorizzazione dell’assemblea. È il caso tipico dei cosiddetti “lavori urgenti”, disciplinati dall’art. 1135 del Codice Civile, che consentono all’amministratore di intervenire immediatamente, per poi riferire in assemblea.

Il giudice ha dunque qualificato le opere extra come interventi urgenti e indifferibili, eseguiti nell’interesse della collettività condominiale, e perciò ha riconosciuto la totale legittimità del credito dell’impresa anche per questa parte.

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La decisione del tribunale: condanna personale per l’amministratore

Alla luce degli elementi emersi nel corso del processo, il Tribunale di Napoli ha emesso la sentenza n. 7299/2025. Prima di tutto, ha riconosciuto il diritto dell’impresa a ricevere l’intero importo del credito vantato, pari a 33.133,56 euro, comprensivo sia delle opere contrattuali che di quelle urgenti eseguite successivamente.

Ma la parte più significativa della decisione riguarda la responsabilità dell’amministratore. Il giudice ha stabilito che la mancata comunicazione completa dei nominativi dei condomini morosi non può essere attribuita al condominio in quanto ente, ma ricade direttamente sulla persona dell’amministratore pro tempore. Un principio forte, che conferma quanto già affermato dalla Cassazione: l’obbligo di fornire i dati dei morosi non è solo contrattuale, ma anche legale, e la sua violazione configura una responsabilità personale.

Per questo motivo, il Tribunale ha ordinato all’amministratore in carica al momento della sentenza di comunicare entro quindici giorni tutti i dati completi dei condomini morosi, specificando generalità, codice fiscale, residenza e quota di debito.

E non solo: per ogni giorno di ritardo oltre il termine previsto, l’amministratore dovrà versare una penale di 50 euro al giorno all’impresa creditrice, ai sensi dell’art. 614-bis del codice di procedura civile. Infine, è stato anche condannato al pagamento delle spese legali, per oltre 3.600 euro complessivi.



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Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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