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Bonus Prima Casa: se mancano le dichiarazioni, l’incentivo non spetta

Il Bonus Prima Casa concede la possibilità, a chi è in possesso dei requisiti richiesti, di acquistare un immobile da adibire a Prima Casa usufruendo di una significativa riduzione delle imposte legate all’atto d’acquisto

Bonus Prima Casa: se mancano le dichiarazioni, l’incentivo non spetta Bonus Prima Casa: se mancano le dichiarazioni, l’incentivo non spetta
Ultimo Aggiornamento:

Il Bonus Prima Casa è un incentivo regolamentato dal Testo Unico dell’Imposta di Registro (DPR n. 131 del 26 aprile 1986) alla Tariffa, 1 Parte 1, nota II-bis.

L’agevolazione concede la possibilità, a chi è in possesso dei requisiti richiesti, di acquistare un immobile da adibire a Prima Casa usufruendo di una significativa riduzione delle imposte legate all’atto d’acquisto. Per beneficiare dell’agevolazione, tuttavia, è necessario appunto il rispetto di numerosi criteri.

Con una recente ordinanza della Cassazione, viene chiarito, in realtà, che non basta che il soggetto sia in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa per ottenere la riduzione dalle imposte.

Tali requisiti difatti dovranno obbligatoriamente essere dichiarati nell’atto d’acquisto, altrimenti il Bonus Prima Casa non sarà concesso.

Approfondiamo di seguito.

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Bonus Prima Casa: impossibile senza le dichiarazioni

La disciplina che regolamenta il funzionamento del Bonus Prima Casa è piuttosto chiara riguardo a questo punto. Per poter accedere all’incentivo, non è sufficiente che il potenziale beneficiario sia idoneo in termini di requisiti, ma è necessario che egli dichiari di rispettarli tutti al momento dell’atto d’acquisto.

Anche questo, lo precisiamo, è richiesto tra i criteri che devono essere soddisfatti. Le dichiarazioni rilasciate dal contribuente e allegate al rogito definitivo, difatti, valgono come “richiesta” dell’incentivo.

Qualora tali dichiarazioni obbligatorie non fossero integrate al rogito o, come nel caso che vediamo di seguito, entro l’emissione del decreto di trasferimento, allora l’incentivo non sarà concesso, a prescindere dal fatto che il soggetto ne abbia diritto o meno.

Questo quanto chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 23292 del 26 luglio 2022.

In particolare, viene trattato qui il caso di un acquisto avvenuto in relazione ad un immobile ceduto mediante vendita forzata, la cui proprietà è stata quindi trasferita tramite decreto di trasferimento in seguito a pignoramento.

L’opzione è ammessa ai fini del beneficio del Bonus Prima Casa.

Il soggetto acquirente tuttavia, non aveva rilasciato le suddette dichiarazioni per poter usufruire dell’incentivo, né al momento dell’aggiudicazione dell’immobile, né in sede di registrazione dell’atto di trasferimento.

In assenza delle dichiarazioni obbligatorie dunque, al momento della firma del rogito definitivo, le imposte erano state applicate all’atto d’acquisto in misura ordinaria.

L’acquirente pertanto, ritenendo di aver diritto di beneficiare del Bonus Prima Casa, aveva provveduto a presentare un’istanza di rimborso dove richiedeva di riavere indietro la differenza tra l’importo dell’imposta versata in misura ordinaria e l’imposta ridotta che, secondo il suo parere, avrebbe dovuto versare in relazione all’incentivo.

L’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso il quale era stato registrato il rogito negava categoricamente la possibilità per il contribuente di poter ottenere un rimborso delle imposte versate.

Il soggetto ha presentato dunque ricorso presso la Commissione Tributaria che ha disposto, sia in primo che in secondo grado, l’accoglimento dell’istanza del cittadino.

Il parere positivo dei giudici veniva dato, principalmente, in virtù del fatto che comunque il soggetto, al momento dell’atto d’acquisto, era in possesso di tutti i requisiti richiesti per accedere al Bonus Prima Casa.

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Cassazione: rimborso negato per mancato rispetto dei requisiti

L’ufficio a quel punto ha presentato ricorso presso la Cassazione, puntando sul fatto che il cittadino non aveva mai rilasciato le dichiarazioni obbligatorie e, pertanto, non aveva mai formalmente richiesto l’accesso all’incentivo.

La Corte, ritenendo corretta la valutazione delle Entrate, ha ribadito che non basta possedere i requisiti richiesti per accedere all’agevolazione. È difatti obbligatorio dichiararne il possesso come stabilito dalla normativa.

Viene precisato, tra l’altro, che in questo caso non si ritiene applicabile quanto stabilito dall’art. 77 del Testo Unico dell’Imposta di Registro.

Qui appunto viene previsto, generalmente, che l’imposta versata dal contribuente, qualora non fosse dovuta, può essere richiesta a rimborso entro un termine di 3 anni dal momento dell’avvenuto versamento o, se posteriore, dalla data in cui è stato stabilito il diritto alla restituzione.

Questa concessione prevista dalla normativa, tuttavia, è subordinata comunque al rispetto dei requisiti e dei termini previsti per ogni agevolazione e, in tema di Bonus Prima Casa, risulta sempre obbligatorio il rilascio delle suddette dichiarazioni.

Per quanto riguarda i casi di vendita forzata, inoltre, è stato precisato più volte in passato che le dichiarazioni che consentono di accedere all’agevolazione devono essere rilasciate prima della registrazione del decreto di trasferimento dell’immobile.

Da ultimo, con la Risoluzione n. 240164 del 30 marzo 1984, l’Agenzia delle Entrate aveva espressamente specificato che la normativa legata al Bonus Prima Casa non consente: “che l’agevolazione possa essere richiesta in via di rimborso. È, infatti, espressamente previsto […] che le disposizioni agevolative si applicano a condizione che nell’atto di trasferimento il compratore dichiari, a pena di decadenza, di possedere i requisiti richiesti dalla legge.” Non è, pertanto “possibile alcuna deroga al dettato normativo […].

Sulla base di quanto detto, i giudici in definitiva hanno dato ragione all’ufficio dell’amministrazione finanziaria, ritenendo legittimo il diniego del rimborso richiesto dal cittadino.



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TAGS: bonus prima casa, prima casa

Autore: Redazione Online

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