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Indice di edificabilità: cos’è e come si calcola

Indice di edificabilità è stato introdotto nell’ordinamento italiano per la prima volta negli anni ’60. Tale dato è necessario per regolare, e mantenere nel limite concesso, quella che viene chiamata “densità edilizia”.

Indice di edificabilità: cos’è e come si calcola Indice di edificabilità: cos’è e come si calcola
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L’indice di edificabilità è un parametro urbanistico cruciale, introdotto nel nostro ordinamento a partire dagli anni Sessanta, con l’obiettivo di controllare lo sviluppo edilizio e tutelare il territorio. Si tratta di un valore numerico che serve a regolare la densità edilizia, ovvero la quantità di costruzioni che si possono realizzare su un determinato terreno, senza compromettere l’equilibrio ambientale e paesaggistico.

Ogni costruzione – che sia a uso abitativo, commerciale o industriale – incide sull’ambiente circostante, modificando il paesaggio, riducendo le superfici naturali e consumando risorse. Proprio per questo motivo, conoscere l’indice di edificabilità diventa essenziale per chiunque voglia costruire, acquistare un terreno o anche solo comprenderne il valore urbanistico.

Ma quali sono le tipologie di indice di edificabilità previste dalla legge? Come si calcola correttamente? E quali vincoli pongono Regioni e Comuni attraverso i loro strumenti urbanistici?

Scopriamo insieme tutto quello che c’è da sapere per non commettere errori e muoversi in sicurezza nel mondo dell’edilizia.

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Le due anime dell’indice di edificabilità: territoriale e fondiario

L’introduzione dell’indice di edificabilità rappresenta uno dei primi tentativi concreti di conciliare sviluppo urbano e tutela ambientale. A partire dagli anni ’60, con l’intensificarsi dell’urbanizzazione e l’emergere delle prime istanze legate alla sostenibilità, si è resa evidente la necessità di porre limiti alla costruzione indiscriminata sul territorio.

Nel nostro ordinamento urbanistico, l’indice di edificabilità si distingue in due principali tipologie:

  • Indice di edificabilità territoriale: si riferisce all’intera superficie di una zona omogenea (come un quartiere o un comparto urbano), ed è utilizzato per pianificare interventi a scala più ampia, come quartieri residenziali, infrastrutture pubbliche o zone industriali. Serve quindi a definire quanto volume totale è ammesso in un’intera area, a prescindere dalla suddivisione dei singoli lotti.
  • Indice di edificabilità fondiario: riguarda invece i singoli lotti edificabili e indica il volume massimo realizzabile in rapporto alla superficie del terreno. È questo l’indice con cui si confrontano quotidianamente progettisti, tecnici e cittadini che vogliono costruire o ristrutturare.

In altre parole, se l’indice territoriale serve a orientare la pianificazione complessiva del territorio, quello fondiario rappresenta la misura pratica e immediata per determinare cosa si può realizzare su un singolo terreno.

Questa distinzione è fondamentale perché definisce due livelli diversi di intervento edilizio: uno strategico e collettivo, l’altro operativo e individuale.

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Le categorie urbanistiche secondo il D.M. 1444/1968

La normativa di riferimento che disciplina la pianificazione urbanistica in Italia è il Decreto Ministeriale n. 1444 del 2 aprile 1968, un pilastro della regolamentazione edilizia ancora oggi vigente. Questo decreto classifica il territorio comunale in sei zone omogenee, ciascuna con specifiche caratteristiche urbanistiche e limiti di edificabilità ben definiti.

Ecco le sei categorie previste:

  • Zona AAgglomerati urbani di valore storico, artistico o ambientale: si tratta di centri storici o aree di particolare pregio architettonico e culturale. Qui l’edificabilità è fortemente limitata per preservarne l’identità, con un indice massimo di 5 m³/m².
  • Zona BAree parzialmente edificate: sono zone urbane in via di consolidamento, dove oltre il 12,5% della superficie fondiaria è già occupata da edifici e la densità territoriale supera i 1,5 m³/m². L’edificabilità è permessa, ma soggetta a limiti di densità e volumetria.
  • Zona CAree destinate a nuovi insediamenti: rientrano qui i terreni ancora non edificati ma inclusi nei piani urbanistici per l’espansione urbana. Anche in queste aree l’indice varia, generalmente tra 5 e 7 m³/m², in base alla densità insediativa prevista.
  • Zona DAree per impianti produttivi: zone dedicate allo sviluppo industriale, artigianale o logistico. L’edificabilità è possibile, ma regolata da indici e requisiti differenti, spesso più tecnici.
  • Zona EAree agricole: sono destinate prevalentemente ad attività rurali e agrarie. L’edificabilità è fortemente limitata, con un indice fondiario medio pari a 0,03 m³/m², consentendo solo fabbricati strumentali all’attività agricola.
  • Zona FAree per attrezzature pubbliche e di interesse generale: includono parchi, scuole, impianti sportivi, ospedali e altre strutture pubbliche. In queste aree l’edificazione è ammessa solo per le finalità specifiche previste dal piano urbanistico.

Ogni zona ha dunque un proprio indice di edificabilità e vincoli specifici, definiti per orientare in modo equilibrato lo sviluppo urbano e garantire una corretta distribuzione delle funzioni sul territorio.

Leggi anche: Metri quadri minimi per abitabilità: la guida completa ai requisiti

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Come si calcola l’indice di edificabilità fondiaria

Il calcolo dell’indice di edificabilità fondiaria è fondamentale per sapere quale volume massimo si può costruire su un determinato terreno. La formula è piuttosto semplice, ma occorre fare attenzione a non confondere i valori e a interpretare correttamente i dati forniti dagli strumenti urbanistici comunali.

La formula di base è:

Volume edificabile (m³) = Superficie del lotto (m²) × Indice di edificabilità fondiaria (m³/m²)

Questo calcolo fornisce il volume massimo consentito per un fabbricato, espresso in metri cubi. Ma per tradurre questo dato in metri quadrati di superficie utile, è necessario considerare anche l’altezza dell’edificio che si intende costruire.

Esempio pratico

Immaginiamo di avere un terreno di 1.500 m², situato in una zona dove l’indice di edificabilità fondiaria è pari a 0,50 m³/m².

  1. Calcoliamo il volume massimo realizzabile:  1.500 × 0,50 = 750 m³
  2. Supponiamo ora di voler costruire un edificio con un’altezza media di 4 metri. Per sapere quanta superficie coperta (m²) possiamo realizzare:

    750 m³ ÷ 4 m = 187,5 m²

Questo significa che potremo realizzare un edificio con una superficie in pianta di 187,5 metri quadrati, sviluppato su un solo piano di 4 metri di altezza. Se invece prevediamo più piani, dovremo suddividere il volume in proporzione all’altezza complessiva.

Attenzione: questo calcolo è solo indicativo. Ogni Comune può stabilire, tramite il proprio Piano Regolatore Generale (PRG) o il Piano di Governo del Territorio (PGT), valori diversi a seconda della zona, della destinazione d’uso e di altri fattori urbanistici locali.

Leggi anche: Calcolo volumetria di un edificio: come calcolare i metri cubi

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Chiarimenti importanti: perché rivolgersi sempre al comune

Nonostante il calcolo dell’indice di edificabilità possa sembrare semplice e lineare, nella realtà pratica è spesso molto più complesso. Questo perché l’indice teorico, stabilito dal D.M. 1444/1968, viene poi adattato e personalizzato da ogni Comune e Regione attraverso strumenti urbanistici come:

  • il Piano Regolatore Generale (PRG),
  • il Piano di Governo del Territorio (PGT),
  • i piani attuativi (PUA, PEEP, ecc.),
  • le varianti urbanistiche e le norme tecniche di attuazione (NTA).

Questi strumenti possono ridurre, modificare o anche integrare l’indice base, introducendo parametri aggiuntivi come:

  • Altezza massima degli edifici consentita in una data area;
  • Distanze obbligatorie da strade, confini o altri edifici;
  • Superficie coperta massima ammessa (cosiddetto “indice di copertura”);
  • Vincoli paesaggistici, idrogeologici o storici che impediscono l’edificazione anche su terreni teoricamente edificabili;
  • Bonus volumetrici (es. per edilizia sociale, riqualificazione energetica, demolizione e ricostruzione, ecc.).

Per questo motivo, prima di acquistare un terreno o progettare un immobile, è sempre consigliabile rivolgersi agli uffici tecnici comunali per ottenere le certificazioni urbanistiche aggiornate, tra cui:

  • la scheda di zona con gli indici e i vincoli applicabili;
  • il certificato di destinazione urbanistica (CDU);
  • eventuali strumenti urbanistici in corso di approvazione.

Solo così si può avere un quadro completo e preciso di cosa sia davvero possibile costruire su un lotto, evitando errori, sanzioni o blocchi in fase di autorizzazione.



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TAGS: calcolo edificabilità, densità edilizia, DM 1444/1968, edilizia fondiaria, indice di edificabilità, indice edificabilità, indice fondiario, normativa edilizia, PRG comune, urbanistica italiana, volume edificabile, zone omogenee

Autore: Redazione Online

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