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Superbonus: sconto in fattura con errori, ravvedimento, sanzioni

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Gli errori di compilazione possono costare molto cari ai soggetti che intendono usufruire del Superbonus mediante cessione del credito o sconto in fattura, soprattutto se tali errori vengono considerati “sostanziali” perché comportano la modifica di elementi essenziali che riguardano la detrazione.

Anche qualora il contribuente, accortosi degli errori commessi, dovesse successivamente provvedere a regolarizzare la propria posizione, questo potrebbe evitargli la decadenza dal Superbonus, ma sarà obbligato comunque a restituire la somma ricevuta indebitamente, con l’applicazione di interessi e sanzioni.

Approfondiamo di seguito.

Superbonus: sconto in fattura con errori, Comunicazioni annullate

Il tema in questione è stato trattato di recente nella risposta ad interpello n. 348 del 14 giugno 2023 dell’Agenzia delle Entrate, dove l’istante è una società che ha ottenuto il credito derivante dallo sconto in fattura per la realizzazione di lavori agevolabili con il Superbonus effettuati su un edificio condominiale.

La società scrivente è, pertanto, la ditta che ha eseguito gli interventi agevolabili, e che ha poi applicato alla fattura uno sconto pari al 100% delle spese dovute dal condominio, ricevendo in cambio un credito d’imposta pari al 110% delle spese.

In merito al credito ottenuto, l’istante dichiara di aver utilizzato in compensazione con l’F24 – in data 16 febbraio 2022 – la quota annuale di credito derivato dallo sconto in fattura.

Dopo aver trasmesso le Comunicazioni di cessione del credito legate al secondo e ultimo SAL (Stato di Avanzamento Lavori), nel mese di dicembre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha comunicato alla società di aver annullato gli effetti dell’opzione esercitata, come previsto dal Provvedimento Prot. 340450 del 1° dicembre 2022 per i casi in cui emergono profili di rischio.

Errori di compilazione in buona fede: si procede al ravvedimento

La sospensione dell’utilizzo del credito, che poi è diventata annullamento dell’opzione, è stata disposta dalle Entrate per via di un errore di compilazione riguardante il Codice Fiscale del condominio nelle fatture emesse dalla società.

Lo stesso errore si è poi ripetuto anche nelle Comunicazioni per la scelta delle opzioni alternative trasmesse dall’istante.

Per via di ciò, l’Agenzia ha disposto quanto segue:

Considerando l’assoluta buona fede che ha condotto a tale errata indicazione si è ritenuto opportuno procedere all’annullamento delle comunicazioni per l’esercizio dell’opzione […], relative al 1° SAL […]. Ciò naturalmente comporta il venir meno del credito e, conseguentemente, la necessità di riversare quanto compensato tramite ravvedimento operoso.

L’istituto giuridico di Ravvedimento Operoso è stato introdotto nel nostro ordinamento ai sensi della Legge n. 408/1990. In sostanza, consente ai soggetti debitori che procedono spontaneamente a regolarizzare la propria posizione contributiva la possibilità di pagare le sanzioni in misura ridotta.

In questo caso, il debitore deve impegnarsi al pagamento delle somme dovute, con gli interessi e le sanzioni ridotte, rispettando i termini che vengono stabiliti.

Se i termini per i pagamenti non dovessero essere rispettati, invece delle sanzioni ridotte, si applicheranno al debito delle sanzioni maggiorate, ulteriori a quelle ordinarie già dovute. Queste ultime comunque dovranno essere pagate interamente e non sarà più concesso fruire della riduzione.

Superbonus: invio nuova Comunicazione dopo l’annullamento

Dopo essersi accorta dell’errore, la società dichiara di aver provveduto ad emettere due note di variazione per stornare le due fatture errate relative al primo e al secondo SAL.

Successivamente spiega di aver emesso le due nuove fatture in favore del condominio con l’indicazione del Codice Fiscale corretto.

In quanto alle Comunicazioni per le opzioni di cessione del credito – la prima trasmessa a dicembre 2021 e la seconda a novembre 2022 – che riportavano anche queste il CF errato, si fa sapere che queste sono state accettate e poi annullate.

Nel frattempo, inoltre, tutti i lavori da realizzare sono stati conclusi. La società ha provveduto pertanto a presentare una nuova Comunicazione per la scelta dello sconto in fattura per i lavori agevolabili con il Superbonus, con l’indicazione corretta del CF, e riferita stavolta a tutti gli interventi complessivamente svolti, senza la divisione in SAL.

A questo proposito, vorrebbe sapere:

se il credito da riversare rientri nella definizione di ”credito non spettante” oppure in quella di ”credito inesistente” poiché da ciò dipende l’entità delle sanzioni da considerare […] ai fini del ravvedimento operoso”.

La società ritiene in particolare che il suo caso rientri nella condizione di “credito non spettante” (e non “inesistente”).

Chiede pertanto se sia corretto procedere con il riversamento tramite ravvedimento operoso della quota di credito che ha già utilizzato in compensazione nell’anno di imposta 2022, con l’applicazione della sanzione pari al 30% (ridotta pro rata temporis, in relazione a quella che sarà l’effettiva data di versamento) prevista in caso di “credito non spettante”.

Credito d’imposta “inesistente” o “non spettante”: le differenze

L’Agenzia delle Entrate ricorda che il concetto di “credito inesistente”, come stabilito dal D.lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997 all’art. 13, deve essere associato ad un credito “in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile […]”.

Si fa presente che per ritenere un credito inesistente devono essere soddisfatte entrambe le condizioni di:

  • Mancanza del presupposto costitutivo (ovvero il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente);
  • Impossibilità nel riscontrare l’inesistenza del credito mediante controlli automatizzati o formali.

Nel caso in cui mancasse uno solo dei due requisiti spiegati, il credito non potrà essere considerato come “inesistente”, e al massimo dovrà essere considerato “non spettante”.

Il “credito non spettante” si considera tale quando l’inesistenza dei presupposti costitutivi del credito può essere accertata in sede di controlli automatizzati o formali.

In sostanza, se il credito è stato beneficiato erroneamente – ma comunque deriva da lavori realmente esistiti – in ogni caso la sua esistenza (con anche l’usufrutto indebito) può essere verificata. In questo caso il credito è “non spettante”.

Il credito “inesistente” invece viene disposto in maniera fraudolenta in relazione ad interventi agevolabili mai eseguiti, pertanto i dati relativi allo stesso non risultano riscontrabili in sede di controllo.

Il caso trattato nell’istanza, come prospettato dalla società, riguarda quindi un credito “non spettante” e non un credito “inesistente”.

Credito “reale” e regolarizzazione: non si applica la decadenza

Con la Circolare n. 33/E del 6 ottobre 2022, per quanto riguarda gli errori riscontrabili nella compilazione delle Comunicazioni per l’esercizio delle opzioni alternative, si fa una divisione tra:

  • Errori formali (che non comportano la modifica di elementi essenziali della detrazione);
  • Errori sostanziali (che comportano la modifica di elementi essenziali della detrazione).

Proprio nel paragrafo 5.3 dedicato agli errori sostanziali, si specifica che: “ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione […] del codice fiscale del cedente)”.

In casi come questi, si rende: “necessaria la ”correzione” dell’operazione ab origine e il riversamento del credito ”indebitamente” utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione poi annullata.

Nel caso specifico presentato nell’istanza comunque, come spiegato, il solo errore riscontrato riguarda l’errata indicazione del Codice Fiscale, mentre tutti gli altri dati e documenti sottoscritti sono risultati idonei.

La società ha inoltre provveduto – mediante storno e sostituzione delle fatture originarie, nonché l’invio della nuova Comunicazione corretta ­ a rettificare l’errore commesso, “rigenerando” di fatto la validità del credito.

Ci sono inoltre tutti i presupposti costitutivi per poter ritenere che il credito derivi da lavori realmente eseguiti e possa pertanto definirsi un credito “reale”.

In virtù però dell’errore commesso, dell’annullamento delle precedenti Comunicazioni e della presentazione della nuova Comunicazione, il credito in questione risulta spettante solo a partire dal momento in cui viene accettata la nuova Comunicazione, riferita all’intero intervento non ripartito in SAL.

Il credito non risultava quindi spettante per la data in cui la società ha utilizzato la rata in compensazione con l’F24 nel febbraio 2022, in quanto l’invio della corretta Comunicazione è avvenuto in data successiva, e lo dovrà pertanto restituire.

Superbonus: sconto in fattura con errori, sanzioni e riduzioni

Si ritiene che al caso in questione possano essere applicate le sanzioni di cui all’art. 13, comma 4 dello stesso D.lgs. n. 471/1997 citato sopra, che prevede:

Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.

Viene fatto presente comunque che l’importo della sanzione può essere ridotto, come ritenuto dalla società, tramite il meccanismo del Ravvedimento operoso, il cui funzionamento è disciplinato dall’art. 13 del D.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997.

Si ricorda infine anche che, per via di quanto disposto dalla Legge di Bilancio 2023, commi da 174 a 178, fino al 30 settembre 2023 è possibile sanare il debito anche mediante il meccanismo del “ravvedimento speciale”.

 

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TAGS: cessione del credito, credito non spettante, credito reale, sconto in fattura, Superbonus

Autore: Redazione Online

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